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Abusi sessuali sulla figlia della compagna da quando era una bambina: il patrigno condannato a 13 anni e 4 mesi

Abusi sulla figlia della compagna da "quando aveva appena sei, sette anni, approfittando della circostanza che la bambina non capiva quanto accadeva e l'uomo fosse incurante delle sensazioni di fastidio e disgusto e delle esigenze della minore che ricompensava con piccoli regali". Violenze andate avanti "con regolarità almeno una volta alla settimana, approfittando dell'assenza della madre della minore, per un periodo molto lungo, almeno fino al 2019 quando la vittima aveva tredici anni, tenendola in uno stato di costante frustazione e soggezione psicologica". Una galleria degli orrori che ha portato all'arresto, lo scorso febbraio, del patrigno della ragazzina, un peruviano oggi 51enne, ieri condannato a tredici anni e quattro mesi in abbreviato (quindi con lo sconto di un terzo della pena) e a un risarcimento alla parte civile di 100mila euro.

Nell'indagine del Nucleo tutela donne e minori della Polizia locale, l'uomo era accusato anche di pornografia minorile: nel corso delle perquisizioni, poco prima dell'ordinanza di arresto emessa dal gip Sara Cipolla su richiesta dall'aggiunto Letizia Mannella e dal pm Elisa Calanducci, gli agenti della polizia municipale hanno sequestrato decine di foto e video. "Almeno 67 di una videocamera occultata nel bagno di casa usato dalla minore", "almeno quattro video del proprio tablet o cellulare che lo riprendevano" con la vittima.

L'indagine è scattata con la segnalazione della psicologa delle scuola superiore frequentata dalla ragazzina, ormai sedicenne. In lacrime confida le violenze dall'età di sei anni, racconta di aver scoperto "di recente, durante le vacanze natalizie, che il patrigno aveva nascosto in bagno una microcamera in mezzo a una pianta con la quale filmava e guardava quello che lei faceva". La vittima spiega di non aver mai detto nulla a nessuno "perché il patrigno le diceva che se le persone avessero saputo, si sarebbero arrabbiate e non avrebbero più voluto parlare con me". Poi, in quinta elementare, "dopo aver partecipato a un corso a scuola, ho capito che quello che mi faceva non era corretto". È così che "ho trovato il coraggio di dire al mio patrigno che non volevo più proseguire in quella condotta, che volevo un papà che mi volesse bene". Parole a cui sono seguite altre violenze, ricatti psicologici e minacce. Come quella di rivelare tutto alla madre.