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Ada D’Adamo è morta: esordiente a 55 anni, il suo romanzo nella dozzina del Premio Strega

'Come d'aria', il suo romanzo d'esordio pubblicato a gennaio 2023 da Elliot

ada d'adamo morta premio strega
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Ada D’Adamo (Ansa)

E’ morta nella sua casa di Roma la scrittrice Ada d’Adamo. Nata a Ortona, in Abruzzo, nel 1967, aveva 55 anni e da tempo era malata.

Ada D’Adamo è morta

Era appena entrata nella dozzina del Premio Strega 2023, annunciato due giorni fa, con ‘Come d’aria’, il suo romanzo d’esordio pubblicato a gennaio 2023 da Elliot, ma non aveva potuto partecipare alla conferenza stampa.

Nel libro, scritto nell’arco di molti anni, che ha ricevuto straordinari e unanimi consensi, una madre racconta alla figlia disabile la scoperta della malattia. La sua scomparsa è stata comunicata dalla casa editrice Elliot.

Laureata in Discipline dello Spettacolo e diplomata all’Accademia Nazionale di danza, aveva scritto vari saggi sul teatro e sulla danza contemporanea. Grande esperta di libri per l’infanzia, collaborava come editor con Gallucci.

“Come d’aria”, il romanzo

L’autrice li chiama libri con dentro ”storie di malattia e di lutto, storie di sofferenza e di dolore” in cui sono le parole liberatorie e magari il ricatto dei sentimenti di chi quelle vicende le ha vissute, ma questo suo, che di quel gruppo fa inevitabilmente parte, si distingue subito per una sua luminosità, per un’apertura al mondo e la vita che continua, per la verità di un amore che, evitando così ogni egotismo, viene qui raccontato proprio al soggetto di questo sentimento, a Daria nata con grave disabilità, che non vede e non è minimamente autonoma.

Si parla molto di corpo, che è ovviamente al centro di tutto e di cui Ada D’Adamo, da danzatrice, ”per anni ha ricercato la grazia del gesto”, abituata a tenere sotto controllo anche ”la posizione di un mignolo” e si ritrova alle prese con ”un corpo completamente fuori controllo, con scatti epilettici, una schiena e una testa incapaci di stare dritte”.

E alla fine anche con i danni al proprio corpo, per un grave tumore al seno, di cui riappropriarsi dopo i guasti della chemioterapia, con fatica, impegno e dialogo.

Una lettera alla figlia disabile per spiegare la sua malattia

”Ti voglio bene, voglimi bene pure tu”, anche perché ”per avere un figlio disabile ci vuole, innanzitutto, il fisico”, è impegnativo e faticoso. Eppure non è il corpo la sostanza di questa narrazione sempre vigile e lucida, che narra cedimenti e paure, ma anche il coraggio e la volontà e la forza come elementi naturali dell’accettare la vita, di soffrirla e gioirne imparando ogni giorno qualcosa con amore, quello che si dà e quello che si riceve.

In questo caso c’è la fortuna di essere sempre in tre, riuniti con le inziali proprio nel suo nome, Ada, che contiene al centro Daria e poi Alfredo, il compagno e papà, perché la malattia può distruggere ma anche ”moltiplicare l’amore” e vincere quei momenti in cui la normalità degli altri, la loro vita che scorre come prima, che non è cambiata, scava dentro la tua intima solitudine, e tu ti chiedi come hai fatto a non crollare.

Ed è in questo contesto, grazie a questo, che il corpo si trasforma, sembra perdere peso come quando si è in acqua e l’autrice riconosce quella ”incorporazione” teorizzata dal coreografo Steve Paxton, ”il passaggio da corpo a corpo di informazioni, pratiche e tecniche, quindi la capacità del corpo di creare conoscenza”, sentendo i limiti del corpo di Daria, che ”prima conoscevo attraverso te, poi ho cominciato via via a incorporarli” in uno scambio quasi simbiotico.

“Sei Daria. Sei d’aria”

Per questo il libro inizia il suo percorso affermando: ”Sei Daria. Sei d’aria” e finisce annotando ”Sono Ada, Sarò d’aria”.

E l’aria, la leggerezza del mettersi a nudo con semplicità, con naturalezza, guidano il lettore e lo coinvolgono in questo tenero racconto affettuosissimo di accettazione dell’altro e della sua alterità che una madre fa alla figlia (pur essendo capace di dire che, adorando la sua figlia imperfetta, se non avessero sbagliato i risultati dell’amniocentesi, allora avrebbe abortito) intrecciando continuamente passato e presente.

E, spiegando tutto a lei, spiega a se stessa (e a noi) cosa è accaduto nell’arco dei primi sedici anni di vita di Daria, compreso l’ultimo in cui la mamma è stata piegata, ma non spezzata, dalla malattia.