Italy
This article was added by the user . TheWorldNews is not responsible for the content of the platform.

Alluvione Marche, l'ex capo dei soccorsi della Protezione civile: "Cosa non ha funzionato"

Due settimane dopo l'alluvione nelle Marche, Piero Moscardini, classe 1946, vorrebbe avere vent'anni di meno e andare a vedere cosa stanno facendo nei paesi a monte di Senigallia. “Oggi – spiega a Today.it – il sindaco è l'autorità di protezione civile sul territorio. Ma se i comuni non hanno strumenti, soldi, tecnici per intervenire, cosa possono fare i sindaci?”.

Chiedono aiuto alle regioni.

“La gestione dell'emergenza è peggiorata proprio quando la competenza esclusiva è passata alle regioni. E anche da quando, con la loro riforma, è venuto a mancare il supporto delle province. Nessuno si occupa più, al di fuori dei centri abitati, della manutenzione del verde lungo le strade, della pulizia degli scarichi dell'acqua piovana, della bonifica degli alvei dei torrenti da alberi, tronchi e arbusti”.

Piero Moscardini, a destra, con il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso-4

La protezione civile l'hanno praticamente costruita lui e una squadra di pompieri della sua generazione, quando nel mese di giugno 1982 vennero trasferiti in un palazzo dell'Opera nazionale combattenti in via Ulpiano a Roma. Fu quello il primo ufficio del fondatore del dipartimento, il ministro per il Coordinamento della protezione civile, Giuseppe Zamberletti. Da allora, come responsabile dei centri operativi di coordinamento, Piero Moscardini ha guidato gli interventi dopo ogni terremoto, alluvione o incidente rilevante, come la tragica esplosione del carro cisterna pieno di Gpl a Viareggio nel 2009. La prima volta che ha spalato fango era novembre 1966, quando da giovane vigile del fuoco in servizio di leva venne inviato a Firenze, sommersa dalle acque dell'Arno. E, ancora oggi che è in pensione, è una voce molto ascoltata da colleghi e capi dipartimento.

Cosa non ha funzionato lungo il Misa?

“Quel benedetto fiume continua a uccidere. Vanno fatte le vasche di espansione. Ma non bastano. Va ripristinata la manutenzione agricola lungo le sponde e dentro l'alveo. Gli alberi dal letto dei fiumi vanno tolti. Perché poi, quando arriva una piena eccezionale, cadono e scendono come arieti con la forza della corrente. Questo però non va fatto quando comincia a piovere. Bisogna pensarci tra un'alluvione e l'altra”.

E chi ci deve pensare?

“Le autorità di bacino, gli organismi misti che operano lungo i fiumi, potrebbero avere i finanziamenti e le capacità per mettere in piedi un sistema di verifica reale della situazione. I piani di assetto idrogeologico vanno completamente rivisti: si basano infatti su flussi normali, non su piene ormai sempre più frequenti, provocate da intensità di pioggia che non si sono mai viste prima. Nelle Marche la prevenzione non ha funzionato, perché nessuno da anni ha mai valutato quello che sarebbe potuto accadere a monte di Senigallia. Anche lì, il corso del Misa era pieno di tonnellate di legname che hanno ostruito il normale deflusso e quindi fango e acqua sono risaliti oltre gli argini. Ma tutto questo può avvenire lungo qualsiasi fiume italiano. Gli alberi con la siccità che abbiamo avuto sono secchi, cadono e fanno da diga quando si incastrano sotto i ponti”.

Anche se ogni comune ha il suo piano di protezione civile, nelle Marche in poche ore sono morte 11 persone, come raccontato da AnconaToday, tra le quali il piccolo Mattia Luconi, 8 anni. Non è una contraddizione?

“Infatti è la burocrazia che uccide il territorio. A cosa servono quei piani e tutti i soldi spesi per prepararli, se sono generici, o i cittadini che dovrebbero applicarli non li conoscono e non si organizzano esercitazioni comunali per farli conoscere? Pensi che a Catania un anno fa perfino la prefettura è finita sott'acqua, cioè il luogo che dovrebbe essere sempre raggiungibile perché deve gestire l'emergenza. Anche a Catania sarebbe stato opportuno occuparsi a luglio di quello che sarebbe poi accaduto a ottobre. Ma è così ovunque. Per non parlare del rischio sismico. Servirebbero ore”.

Piero Moscardini, a sinistra, con l'attore Gigi Proietti dopo il terremoto a L'Aquila-2

Vanno forse formati più disaster-manager?

“No, non solo, dobbiamo crescere più prevention-manager. Dobbiamo insegnare al geologo che deve dialogare con l'ingegnere, l'urbanista, l'architetto. Da quando sono nonno a tempo pieno, collaboro con il centro studi Edimas che si occupa di tutto questo. Entriamo nelle scuole e nelle università. Sabato 8 ottobre alla Lumsa a Roma daremo a tre vigili del fuoco una borsa di studio intitolata a Elveno Pastorelli, il primo capo dipartimento della Protezione civile”.

Un altro tema sono le previsioni meteo. Perché nelle Marche hanno fallito?

“I meteorologi hanno dato correttamente l'allarme. Ma se la piena del Misa la misuro, come ho letto, con l'unico sensore utile a Bettolelle, cioè a valle alle porte di Senigallia, mi accorgo del disastro soltanto quando i paesi a monte sono già sott'acqua. Eppure un'alluvione non colpisce istantaneamente come un terremoto. Richiede qualche ora di pioggia. Se però nessuno è stato preparato su cosa fare in quelle ore, i cittadini coinvolti si accorgeranno dell'alluvione quando ormai è troppo tardi. Anni fa avevamo notato che le allerte meteo inviate il venerdì pomeriggio, per le chiusure pomeridiane e la scarsità di personale, nei piccoli comuni venivano lette soltanto il sabato. Quando magari la popolazione aveva già subito le conseguenze del maltempo. Con Zamberletti abbiamo risolto il problema”.

Come?

“Il ministro si era inventato una piccola indennità di servizio per i carabinieri delle stazioni locali. L'allerta meteo la mandavamo al comando generale che la diramava alle stazioni. Funzionava perché, a differenza dei pompieri, i carabinieri sono dappertutto e il maresciallo sapeva sicuramente dove trovare il sindaco a qualsiasi ora del giorno e della notte. Oggi questo non succede più perché è il sindaco l'autorità locale di protezione civile".

E i sindaci non hanno mezzi. Quindi possiamo solo aspettare che arrivi la prossima alluvione?

"Secondo me, andrebbe ripristinato il modello di Zamberletti. Questa grande macchina deve essere gestita dalla politica, perché ai vertici serve un sottosegretario con poteri speciali. Un capo tecnico, anche se bravo, non basta. L'istituzione dell'agenzia Italia sicura, ad esempio, sembrava un passo avanti nella pianificazione degli interventi sul territorio. Ma poi è stata chiusa dal governo successivo. Non è possibile affidare la sicurezza dei cittadini a più enti. Esattamente come avviene oggi, tra comuni, regioni e altre autorità. Dove ciascuno fa il suo piano. E nessuno sa quale sia il piano”.