TRENTO. Gli artigiani sono sempre più in difficoltà e il numero degli imprese è crollata di quasi 300 mila unità negli ultimi 10 anni stretti tra il caro affitti e l'insufficiente ricambio generazionale, così come dalla storica concorrenza della grande distribuzione e ora anche dall'e-commerce. A soffrire in particolare corniciai e fotografi, orafi e restauratori, mentre sono in ascesa altri settori, come estetisti e tatuatori. A dirlo è l’Ufficio studi della Cgia sui dati dell'Inps.
Sono diversi i fattori della contrazione del volume d'affari e gli artigiani diminuiscono in modo spaventoso: il numero dei titolari dei soci e dei collaboratori artigiani iscritti all’Inps è crollato di 281.925 unità in Italia. Un calo generalizzato e il Trentino Alto Adige registra un -7,5% in 10 anni: da 34.650 attività nel 2012 si è scesi a 32.056 imprese, 2.594 il saldo negativo.
"I dati - spiega Marco Segatta, presidente dell'Associazione artigiani del Trentino - riguardano gli iscritti all'albo artigiani della Camera di commercio e il calo è iniziato tra il 2010 e il 2012, un crollo dovuto in particolare alla crisi dell'edilizia ma un po' tutti i settori hanno sofferto in via generale. Negli ultimi anni c'è un po' un inversione di trend, numeri non esorbitanti ma speriamo di poter confermare la crescita. A ogni modo c'è il problema e siamo consapevoli, si deve lavorare soprattutto sui giovani perché c'è il nodo del ricambio generazionale e nelle scuole per avvicinare i ragazzi al mondo artigiano che può dare soddisfazioni lavorative e economiche".
Fotografie, però, molto diverse tra Trentino e Alto Adige. La provincia di Bolzano ha retto meglio con un -1,7% mentre più in difficoltà Trento che si attesta a -12,4%. Un dato che si traduce rispettivamente in -270 attività (da 15.900 a 16.630) a -2.324 esercizi (da 18.750 a 16.426).
"Le politiche e il territorio sono simili, la differenza è di tipo culturale - aggiunge Segatta - l'Alto Adige è molto più legato al mondo tedesco e per questo sono riusciti a reggere meglio rispetto al Trentino. Dopo l'epidemia Covid, però, c'è stata un'inversione di tendenza, ci sono più opportunità e lavoriamo per riuscire a seminare per il futuro. Inoltre c'è stata una ripartenza dell'edilizia e vediamo le prossime decisioni e il peso del 110%".

Il crollo ha riguardato, in particolar modo, Teramo (-2.989; -24,7%), Vercelli (-1.734; -24,9%) e Lucca (-4.945; -25,4%). A livello nazionale, in controtendenza solo Napoli (+58; +0,2%).. Le province più colpite dalla riduzione del numero degli artigiani sono state Rovigo (-2.187 pari a una variazione del -22,2%), Massa e Carrara (-1.840; -23%).
Una crisi che colpisce, soprattutto, l'artigianato tradizionale, quello che "con la sua presenza - spiega l'associazione di categoria a livello nazionale - storia e cultura ha contrassegnato, fino a qualche decennio fa, tantissime vie delle nostre città e dei paesi di provincia".

L'associazione artigiani nazionale evidenzia l'importanza delle attività artigiane anche per la vivibilità di città e paesi; centri che diventano più insicuri perché non presidiati.
"Basta osservare con attenzione i quartieri di periferia e i centri storici per accorgersi che sono tantissime le insegne che sono state rimosse e altrettante sono le vetrine non più allestite, perennemente sporche e con le saracinesche abbassate", dice l'associazione nazionale. "Sono un segnale inequivocabile del peggioramento della qualità della vita di molte realtà urbane. Le città, infatti, non sono costituite solo da piazze, monumenti, palazzi e nastri d’asfalto, ma, anche, da luoghi di scambio dove le persone si incontrano anche per fare solo due chiacchere".

Queste micro attività conservano l’identità di una comunità e sono uno straordinario presidio in grado di rafforzare la coesione sociale di un territorio. Insomma, con meno botteghe e negozi di vicinato, prosegue l'associazione nazionale, diminuiscono i luoghi di socializzazione a dimensione d’uomo e tutto si ingrigisce, rendendo meno vivibili e più insicure le zone urbane che subiscono queste chiusure, penalizzando soprattutto gli anziani, una platea sempre più numerosa della popolazione italiana che conta più di 10 milioni di over 70: non disponendo spesso dell’auto e senza botteghe sotto casa, per molti di loro fare la spesa è diventato un grosso problema.
Tanti i mestieri a rischio estinzione e le cause che hanno provocato questa situazione sono molteplici: sono cambiati i comportamenti d’acquisto dei consumatori; le nuove tecnologie hanno, inoltre, spinto fuori mercato tante attività manuali e la cultura dell’usa e getta ha avuto il sopravvento su tutte le altre, penalizzando, in particolar modo, coloro che del riuso e della riparazione di oggetti e attrezzature ne avevano fatto una professione.

In difficoltà autoriparatori (verniciatori, battilamiera, meccanici e così via); calzolai; corniciai; fabbri; falegnami; fotografi; impagliatori; lattonieri; lavasecco; materassai; orafi; orologiai; pellettieri; restauratori; ricamatrici; riparatori di elettrodomestici; sarti; stuccatori; tappezzieri; tipografi; vetrai.
Alcuni settori artigiani vivono una fase di espansione importante, quelli delle aree appartenenti al benessere e all’informatica. Nel primo, per esempio, si continua a registrare un forte aumento degli acconciatori, degli estetisti, dei massaggiatori e dei tatuatori. Nel secondo, invece, sono in decisa espansione i sistemisti, gli addetti al web marketing, i video maker e gli esperti in social media. Purtroppo, però, l’aumento di queste attività è insufficiente a compensare il numero delle chiusure presenti nell’artigianato storico, con il risultato che la platea degli artigiani è in costante diminuzione.
"Non è da escludere che per evitare la desertificazione delle botteghe in atto soprattutto nei centri storici, fra qualche decennio lo Stato dovrà sostenere con finanziamenti diretti coloro che vorranno aprire una attività artigianale o commerciale. Altrimenti sarà molto difficile che qualcuno avvii una piccola realtà spontaneamente. Prima di arrivare a questo punto di non ritorno, l’artigianato andrebbe tutelato, così come previsto dall’Articolo 45 della
Costituzione".
Qualche iniziativa interessante è stata sperimentata durante il Covid, continua l'associazione nazionale. "Molti comuni, per esempio, si sono fatti carico dei costi per la consegna a domicilio dei prodotti acquistati nei piccoli negozi. Più in generale, comunque, andrebbero azzerate per queste attività di prossimità le tasse locali (Imu, Canone patrimoniale unico, Tari, Irpef) e attivati a livello comunale dei tavoli di concertazione, tra le associazioni di rappresentanza dei proprietari e degli artigiani, con l’obiettivo di trovare degli accordi che garantiscano ai locatori che aderiscono all’iniziativa la possibilità di beneficiare di una serie di agevolazioni economiche che in parte dovrebbero essere 'riversate' sul locatario, abbattendogli il canone d’affitto. Per fare tutto questo, ovviamente, lo Stato centrale dovrebbe ogni anno trasferire ai Comuni le risorse necessarie per coprire le spese in capo a questi ultimi".