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Assisi, omicidio di Davide Piampiano, il "biondo" confessa: "Ho sparato io, credevo fosse un cinghiale"

PERUGIA - “Ho sparato io, è stata una tragica fatalità. Ma vorrei essere morto io, la mia vita è finita perché ho ucciso il ragazzo che consideravo il figlio che non ho mai avuto”. Sono le parole di Piero Fabbri, conosciuto come "il biondo", accusato di omicidio volontario sotto il profilo del dolo eventuale per la morte del 24enne Davide Piampiano, in sede di interrogatorio di garanzia. Stamattina, davanti al gip di Perugia, l’uomo finito nel carcere di Capanne con un’ordinanza di custodia cautelare, secondo quanto riferito dal suo legale, Luca Maori, ha confessato di avere sparato il colpo fatale, pensando colpire un cinghiale, ma ha respinto l’accusa di avere depistato le indagini.

In particolare, secondo l'accusa, avrebbe ritardato la richiesta dei soccorsi, mettendo in atto un depistaggio per far credere che il ragazzo si fosse colpito accidentalmente, come ha riferito l'uomo a un terzo cacciatore e poi ad altre persone, tra cui la moglie. Una menzogna sulla modalità dell'incidente sì, secondo la tesi difensiva, ma il 56enne è sempre rimasto accanto al ferito, e anche se fossero stati subito avvisati i soccorsi, l'epilogo sarebbe stato diverso.

Fabbri, in base a quanto riferito dal suo difensore, ha sostenuto di avere scaricato il fucile del giovani per questioni di sicurezza. Ha poi ammesso di non avere chiamato i soccorsi direttamente ma di averlo fatto attraverso alcuni amici e congiunti ai quali si sarebbe rivolto dopo avere trovato Piampiano ferito.

L'indagato, assistito dall'avvocato Luca Maori, ha chiesto la revoca dell'arresto in carcere o l'applicazione di una misura alternativa. Sull'istanza del legale si pronuncerà il giudice del capoluogo umbro. Gli atti successivi saranno invece di competenza della magistratura di Firenze alla quale il procedimento è stato trasmesso per competenza. La madre della vittima è infatti giudice onorario.

Per l'avvocato Maori, il suo assistito ha spiegato la versione data dopo la morte del giovane come "bugie", dette perché non aveva il "coraggio di ammettere quanto successo con la madre" della vittima. "Avrei preferito morire io, la mia vita è finita" ha detto ancora Fabbri al gip.