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Brado di (e con) Kim Rossi Stuart: un amore paterno ritrovato attraverso la passione

Cinema

In uscita il 20 ottobre, il terzo film con l’attore e regista romano davanti e dietro la telecamera esplora il senso del legame padre-figlio, con il mondo dell’equitazione a fare da sfondo

Giovedì 20 ottobre 2022 Kim Rossi Stuart torna in sala con Brado, sua opera terza nel ruolo di regista e attore dopo Anche libero va bene (2005) e Tommaso (2016). Al suo fianco, come nei suoi precedenti film, Barbara Bobulova, oltre al talentuoso Saul Nanni, Viola Sofia Betti, Federica Pocaterra, Alma Noce e Paola Lavini.

Brado, la trama del film

Dopo aver tagliato quasi del tutto i contatti con il padre Renato, Tommaso ora vive in città, dove fa il rope access technician, operaio specializzato in edilizia acrobatica che si occupa di costruzioni ad alta quota. Nonostante non ne voglia più sapere del ranch di famiglia, quando scopre che suo papà si è fratturato un braccio decide di andare ad aiutarlo per un breve periodo. Qui nota nel maneggio un nuovo cavallo, Trevor, un promettente asso del salto che tuttavia sembra non voler rispondere a nessuno, tantomeno a Renato, che si è infortunato proprio cercando di cavalcarlo. Mandando avanti il ranch e provando a domare Trevor, padre e figlio si trovano dopo tanto tempo fianco a fianco, e non tardano a riemergere così tutti i conflitti, i rancori, i non-detti e le ferite accumulatesi durante la difficilissima infanzia di Tommy. Proprio come l’imbizzarrito Trevor inizia a fidarsi, però, con il passare dei giorni anche i due protagonisti riescono a mettere da parte la rabbia e riavvicinarsi come mai prima d’ora in occasione della prima competizione di cross-country del loro cavallo. 

Il trailer

Western esistenzialista?

Kim Rossi Stuart torna dietro e davanti la macchina da presa sei anni dopo Tommaso e dirige Brado, da una sua sceneggiatura scritta con Massimo Gaudioso (Benvenuti al sud, Gomorra, Il racconto dei racconti) e tratta dal racconto “La lotta” proprio di Rossi Stuart, compreso nel suo volume d’esordio come scrittore Le guarigioni, pubblicato nel 2019.

Il suo ritorno alla regia – condito dall’interpretazione del padre co-protagonista – tratta temi familiari molto delicati come il senso del legame, l’incomunicabilità, il dolore o l’amore perduto, ed è senza dubbio coraggioso nel farlo in un contesto “anomalo” come quello dell’equitazione e della campagna. Kim Rossi Stuart parla infatti di un “western esistenzialista”, che utilizza il cavallo come genesi e veicolo di un racconto psicologico, sentimentale e a tratti anche filosofico. Il tutto avviene in un impianto che ha sì il sapore di un genere, il western, ma che viene continuamente (e intelligentemente) “tradito” dal drammatico. Questa disattesa del livello strutturale funziona molto bene, con il decadente ranch e il suo squattrinato proprietario a fare da perfetto sfondo e da protagonista di un rapporto padre-figlio arricchito di tante sfumature (come detto, dal fardello di una difficile infanzia a una tenerezza quasi incomunicabile, fino a riflessioni su vita e morte) e raccontato anche e soprattutto tramite Trevor, il cavallo. “Brado” è infatti l’equino, ma è anche la condizione di Renato e Tommaso: spettinato, schietto e duro il primo, cresciuto sotto la sua educazione “selvaggia” il secondo. Ma brado è anche il loro rapporto, quasi sconosciuto, che viene riscoperto in un breve periodo dopo tanti anni di silenzi, proprio quando poteva sembrare troppo tardi.

Nonostante questi interessanti giochi di genere, la pellicola forse non raggiunge il traguardo del “western metropolitano”, fallendo nel restituire la giusta credibilità a un ranch e a un proprietario a tratti improbabili e con parecchie incertezze dei personaggi (come per esempio gli accenti, che fanno dei “salti” geografici non indifferenti) che non aiutano a consolidare quel mondo country che Brado vuole dipingere. Uno sfondo così importante e inedito meritava indubbiamente un ruolo di primo piano, ma finisce quasi col perdersi totalmente nel racconto sportivo e nell’equitazione (che è difficile “smuova” particolarmente, ma anzi può addirittura allontanare tanti) o nel trattare – e in maniera, forse immotivatamente, troppo lunga – il senso del legame tra padre e figlio. 

Brado conferma insomma una volta di più la determinazione della regia di Kim Rossi Stuart che, al di là di buchi e falle sopracitate, non dimentica di ribadire una certa forza.

VOTO: 6,5

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