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Bufera sociale s'allarga, nuovi scioperi paralizzano la Gran Bretagna

Nuova giornata campale sulla trincea delle proteste sociali che scuotono il Regno Unito in nome di rivendicazioni a raffica sull'adeguamento dei salari al costo della vita dopo gli anni dell'austerity, dei tetti contrattuali sugli aumenti, in ultimo dei contraccolpi di pandemia e lockdown. A segnare l'escalation è stato lo sciopero coordinato e contemporaneo messo in atto oggi - in aperta sfida al governo Tory di Rishi Sunak, oltre che alle controparti aziendali - da un vasto spettro di categorie del settore pubblico: inclusa, per la prima volta in questa stagione di grande scontento, gli insegnanti dell'85% delle oltre 23.000 scuole non private d'Inghilterra, Galles e di 2 contee della Scozia. Un'agitazione che ha riguardato anche macchinisti dei treni, autisti di bus, personale di università, doganieri di porti o aeroporti.

E ha mobilitato tutti insieme circa mezzo milione di lavoratori, paralizzando in larga misura settori chiave per la vita di milioni di persone e famiglie come l'istruzione o il trasporto ferroviario, fra immagini di stazioni semideserte, d'istituti scolastici sbarrati, di uffici vuoti. In piazza non si son viste le folle oceaniche insorte negli ultimi giorni a Parigi e nel resto della Francia contro la stretta sulle pensioni; ma la partecipazione ai picchetti promossi sull'isola dalle varie sigle sindacali è stata compatta. Tanto da costringere ad esempio stamane quasi il 90% delle scuole coinvolte alla chiusura parziale o totale. E il panorama è parso quanto di più vicino possibile a uno sciopero generale (che la normativa britannica rende quasi impossibile in un quadro di legalità): un quadro senza precedenti "da almeno 12 anni" per numero di lavoratori e categorie interessate all'unisono, stando al Trades Union Congress (Tuc), cabina di regia del movimento tradunionista d'oltre Manica. Il premier Sunak, nel tradizionale Question Time del mercoledì alla Camera dei Comuni, ha insistito a negare di volere lo scontro totale, ma anche a invocare "ragionevolezza" contro richieste "insostenibili" per la tenuta dei conti, pena il rischio di alimentare la spirale di un'inflazione che ha appena iniziato a rallentare dal picco recente del 10% e d'appesantire le ombre della recessione.

Mentre non ha esitato a puntare il dito sui docenti (in sciopero l'ultima volta nel 2016) richiamando - all'unisono con la ministra dell'Educazione, Gillian Keegan - "il diritto di bambini e ragazzi di poter andare a scuola". I sindacati replicano tuttavia imputando all'esecutivo rigidità negoziali e ideologiche dinanzi al collasso del potere d'acquisto degli stipendi di tanti dipendenti pubblici vicini alla canna del gas. Intanto la battaglia non si ferma. La settimana prossima rientrerà in scena il mondo della sanità (oggi non coinvolto) - in pieno affanno fra liste d'attesa record, carenze d'organico aggravate dal post Brexit, paghe non sufficientemente aggiornate da tempo, affaticamenti dell'emergenza Covid - con la terza tranche da dicembre di scioperi di infermiere e infermieri del servizio sanitario nazionale (Nhs) fissata il 6 e 7 febbraio. Non senza sovrapposizione nella prima giornata con l'ennesimo stop degli addetti alle ambulanze (che si ripeteranno il 10, salvo svolte) e con la prima agitazione delle ostetriche. Mentre si attende la data dello stop preannunciato dai vigili del fuoco iscritti alla Fire Brigades Union (Fbu).

Nonché la ripresa - malgrado un'offerta rivista giusto oggi al rialzo sulle retribuzioni - della durissima vertenza dei ferrovieri dell'Rmt, il sindacato più bellicoso e organizzato nella fase attuale, apripista delle lotte di questi mesi fin dall'autunno dietro la leadership di Mick Lynch: ferreo, quanto imperturbabile tribuno divenuto simbolo (sui media e nelle piazze) di una sfida portata non solo al governo Tory o alle aziende, ma pure, in funzione di pungolo, a un Labour assente dalle barricate - quando non ostile - sotto la guida neomoderata di sir Keir Starmer. Sfida animata dall'intenzione dichiarata di usare il grimaldello dell'emergenza esistenziale sul carovita per cercare di consolidare una nuova working class allargata: in grado, chissà, di tornare a far da contrappeso "al sistema dell'establishment".