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Case green: la direttiva europea sempre più divisiva. Il governo Meloni pensa a nuovi incentivi

La proposta di direttiva europea sulle case green con l’obbligo di riqualificare gli edifici, continua a dividere la politica e le istituzioni. La bozza che vorrebbe portare gli edifici in classe E entro il 2030 e poi in classe D nei tre anni successivi, ha sollevato critiche ed apprezzamenti su più fronti. Vista la portata del provvedimento c’era da aspettarselo, soprattutto perché i singoli Paesi negli anni scorsi hanno già preso misure di questo tipo. Provvedimenti nazionali con l’obiettivo di abbassare i consumi energetici e tutelare di più l’ambiente. Le posizioni in campo alla vigilia della discussione in Commissione all’Europarlamento sono abbastanza definite. Per questo viene da pensare che accompagneranno anche la votazione finale del Parlamento europeo prevista per marzo. Dopo ci saranno i negoziati tra Presidenza di turno del Consiglio, Commissione e Parlamento per il varo del testo finale. Vedremo cosa conterrà.

La direttiva contestata da Confedilizia ed Ance

Dubbi sulla direttiva sono stati espressi, intanto, dalla BCE preoccupata in particolare per i rischi sul credito da parte delle imprese che dovranno eseguire i lavori. In Italia Confedilizia ha espresso la propria contrarietà alle case green attraverso il Presidente Giorgio Spaziani Testa. Secondo Spaziani, per rendere meno dispendiosa un’abitazione, ci vorrebbero in media diecimila euro per unità abitativa. Una stima per difetto, evidentemente, data il ritmo dell’inflazione e i costi crescenti.

“La direttiva è dannosa per l’intero settore immobiliare italiano, anche per quei soggetti che pensano di poterne trarre qualche vantaggio. Si tratta di un provvedimento sbagliato in radice nel momento stesso in cui obbliga, anziché incentivare, la realizzazione di alcune tipologie di interventi”. Un giudizio senza appello, nonostante il relatore della direttiva, l’europarlamentare irlandese Ciarán Cuffe, in un’intervista al Sole 24 Ore, abbia cercato di raffreddare le polemiche. Ha spiegato che ciascun Paese sarà libero di adottare piani nazionali per l’efficientamento in relazione alla condizioni nazionali, alla disponibilità di materiali e di lavoratori.

La direttiva rientra nel progetto Ue Fit for 55, che ha lo scopo di ridurre del 55% le emissioni tossiche entro il 2030. Si sa che le abitazioni sono responsabili del 36% dell’emissione di gas nocivi e che incidono per il 40% sui consumi energetici degli Stati. Ma anche l’Associazione costruttori italiani- Ance- teme contraccolpi dall’approvazione della norma. “Su 12,2 milioni di edifici residenziali, 9 milioni non sono in grado di cogliere gli obiettivi che si pone la direttiva” dice la Presidente Federica Brancaccio. Di più ritiene troppo ravvicinati i tempi di esecuzione dei lavori. Oggi “in Italia dovrebbero essere ristrutturate più di due case su tre”.

Le case responsabili di alti livelli di inquinamento

Le valutazioni del mondo delle costruzioni sono distanti da quelle aziende energetiche e degli ambientalisti. La necessità di abbassare la quantità di fonti fossili è riconosciuta da tutti. Però, si possono mettere le mani sulle vecchie case. La Federazione Italiana per l’uso Razionale dell’Energia- FIRE- è a favore della direttiva. L’ opposizione di alcuni esponenti del governo nei confronti della proposta -si legge in una nota ufficiale- non ha molto senso, sebbene sia importante garantire alcuni elementi di flessibilità in ragione delle caratteristiche del patrimonio immobiliare nazionale. “L’efficienza energetica è un elemento di decarbonizzazione ma è anche importante per la sicurezza energetica, visto che riducendo la richiesta di energia si diminuisce la dipendenza dalle importazioni di fonti fossili- dice il Presidente del Coordinamento FREE, Livio de Santoli. “Ci deve essere un vero investimento da parte dello Stato, delle autorità locali e finanziarie, ma anche dei proprietari delle case per accompagnare una transizione che non è solo necessaria ma che deve diventare anche desiderabile e sostenibile per tutti” ha scritto Monica Frassoni Presidente dell’European Alliance to save Energy.

Perché il governo parla di nuovi incentivi

E il governo italiano chiamato in causa a più riprese? “Sarà il governo italiano e nessun altro a decidere tempi e modi per rendere sostenibile il patrimonio immobiliare del nostro Paese” ha detto il Ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin. Quello per gli Affari europei, Raffaele Fitto, intervenendo alla Camera ha lasciato una porta aperta a nuovi incentivi statali. Saranno i governi a poter “esentare dall’applicazione degli standard minimi determinate tipologie di immobili dall’obbligo di riqualificazione. L’onere finanziario per gli interventi richiesti dalla proposta potrà – e, secondo noi, dovrà– essere mitigato da un quadro di incentivi. Non è chiaro come ciò possa accadere in un quadro di finanza pubblica non affatto brillante. Altri governi lo hanno fatto. In Germania gli incentivi per le case green sono arrivati a circa 14 miliardi di euro tramite finanziamenti agevolati concessi dallo Stato federale. La Francia ha adottato la legge sulla transizione energetica con l’obiettivo di riqualificare 500 mila abitazioni. L’Italia può votare contro, ma se la direttiva passa deve trovare i giusti meccanismi per aiutare i proprietari di case. Forse è meglio cominciare a pensarci.