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Caso Rupnik, la seconda indagine che può fare chiarezza sugli abusi del gesuita-pittore

Sono due le indagini che ruotano attorno alla figura di padre Marko Rupnik, gesuita sloveno e artista mosaicista noto in tutto il mondo, sottoposto ad alcune “misure cautelari” dopo che nei suoi confronti sono emerse accuse di abuso – cadute però in prescrizione – che avrebbe compiuto negli anni Novanta nei confronti di alcune suore di una comunità di Lubiana.

Il caso ha innescato un vivace dibattito anche all'interno della stesso ordine religioso di provenienza di papa Francesco. "Noi gesuiti siamo identificati, con merito e senza merito, con le frontiere della fede, della giustizia, della carità, del dialogo, dell'attenzione ai poveri, della ricerca: eppure oggi con il caso Rupnik ci aggrappiamo alla prescrizione e speriamo che tutto possa fermarsi qui", ha scritto su Twitter padre Gianfranco Matarazzo, ex provinciale italiano, che parla del caso Rupnik come di uno "tsunami".

Da parte sua, l'attuale provinciale sloveno, padre Miran Zvanuta - che non è il superiore di padre Rupnik essendosi questi trasferito dalla Slovenia da venti anni - afferma invece che le notizie emerse in questi giorni sono "come sempre, abbastanza gonfiate e con molta falsità".

La prima indagine

Dopo che le accuse contro Rupnik sono emerse su Internet nei giorni scorsi, i gesuiti hanno spiegato che il dicastero vaticano per la Dottrina della fede, responsabile tra l’altro per i processi canonici in materia di abusi sessuali, ha ricevuto una denuncia nel 2021 nei confronti di padre Rupnik “riguardante il suo modo di esercitare il ministero". Ma "non era coinvolto alcun minorenne”, precisa la nota firmata dal delegato delle Case interprovinciali romane della Compagnia di Gesù, l'attuale superiore di padre Rupnik.

L'ispettore, un esterno all'ordine

Il dicastero, guidato da un altro gesuita, il cardinale spagnolo Luis Ladaria, “ha chiesto alla Compagnia di Gesù di istituire l'indagine previa relativa a questo caso”. I gesuiti hanno “immediatamente nominato per l'indagine un istruttore esterno (un religioso da altro istituto)”, dunque non  un gesuita. “Varie persone sono state invitate a dare testimonianza. Dopo aver studiato il risultato di questa indagine”, prosegue la nota, “il dicastero per la Dottrina della fede ha constatato che i fatti in questione erano da considerarsi prescritti e ha quindi chiuso il caso, all'inizio di ottobre di quest'anno 2022. Durante il percorso dell'indagine previa, varie misure cautelari sono state prese nei confronti del padre Rupnik”, spiega però il comunicato: “Proibizione dell'esercizio del sacramento della confessione, della direzione spirituale e dell'accompagnamento di esercizi spirituali. Inoltre, era fatto divieto a padre Rupnik di esercitare attività pubbliche senza il permesso del suo Superiore locale".

La nota dei gesuiti precisa: “Queste misure a tutt’oggi in vigore, come misure amministrative, anche dopo la risposta del dicastero per la Dottrina della fede. La Compagnia di Gesù prende in seria considerazione ogni denuncia nei riguardi di uno dei suoi membri”, conclude la nota. “La missione della Compagnia di Gesù è anche una missione di riconciliazione. E vogliamo accogliere tutte e tutti in modo aperto”.

Accuse ritenute sufficientemente provate

Gli abusi non vengono mai citati espressamente, ma dalla nota traspare che, nel quadro dell’accompagnamento spirituale (che non casualmente gli è ora vietato), padre Rupnik è accusato di abusi nei confronti di una o più persone maggiorenni (“Non era coinvolto alcun minorenne”), che sarebbero avvenuti in un epoca abbastanza distante nel tempo da far cadere le accuse in prescrizione, ma evidentemente sono stati ritenuti sufficientemente provati da indurre la Compagnia di Gesù a confermare le misure cautelari anche dopo la conclusione dell’indagine. Indagine decisa dal Vaticano e svolta dai gesuiti, tramite un religioso non gesuita, che non rappresenta però il punto finale della storia.

La visita in Slovenia

Gli abusi in questione – si tratterebbe di abusi di coscienza e in alcuni casi sessuali – sarebbero infatti avvenuti negli anni Novanta nella Comunità Loyola di Lubiana, capitale della Slovenia. Comunità femminile, di spiritualità ignaziana, fondata – lo ha ricostruito la rivista Left – da una suora legata a padre Rupnik, Ivanka Hosta, dove il gesuita, almeno all’inizio, sarebbe stato di casa. Comunità dove oggi vi sarebbero molte recriminazioni e dissapori.

Tanto che il Vaticano, a quanto si apprende, ha inviato tempo fa un altro gesuita, Daniele Libanori, vescovo ausiliare di Roma, uomo noto per la sua fermezza, a svolgere una seconda indagine. Per far luce sul presente e, verosimilmente, sul passato, stabilire la verità facendo giustizia, riconciliare gli animi. Missione particolarmente ardua perché la comunità sarebbe divisa, al suo interno, tra religiose che continuano a venerare la figura della fondatrice e religiose che la contestano. E, ancora, tra chi crede alle accuse nei confronti di padre Rupnik, e chi non ci crede. Il vescovo Libanori ha concluso la sua visita e ha consegnato le sue conclusioni, strettamente riservate, agli uffici vaticani competenti. Che dovranno ora prendere le opportune decisioni e fare chiarezza sull’intera vicenda.