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Che cos'è la «productivity paranoia» che sta peggiorando il burnout dei lavoratori dipendenti

Non c’è dubbio che negli ultimi anni la cultura del lavoro sia cambiata drasticamente. Complici anche due anni di pandemia, la diffusione dello smart working e del lavoro ibrido ha cambiato non solo il modo in cui ci rapportiamo con capi e colleghi, ma anche il mondo in cui svolgiamo il nostro mestiere. 

Riceviamo (e rispondiamo) alle mail a qualsiasi ora del giorno e della notte, passiamo la giornata davanti al computer tra una videocall e l’altra perché siamo ancora fortemente ancorati al mito della produttività - anche a discapito del benessere personale. 

A riprova il fatto che il 50% dei dipendenti e il 53% dei manager dichiarano di soffrire di burnout per via del lavoro, secondo una nuova ricerca di Microsoft, che ha intervistato 20.000 persone in 11 diversi Paesi tra luglio e agosto.

Eppure, l’emergere di queste nuove condizioni di lavoro ha causato in molti manager una necessità di controllo ancor più capillare sui propri dipendenti. La stessa ricerca ha infatti evidenziato come uno sbalorditivo 85% dei dirigenti intervistati ha affermato che il passaggio al lavoro ibrido ha reso loro difficile essere sicuri che i propri dipendenti siano produttivi.

Lo smart working, in tutte le sue forme e sfaccettature, ha ridotto le interazioni tra individui, rendendo sempre più rara la presenza in ufficio in tempo reale. Questa distanza, a sua volta, ha causato l’impossibilità dei capi di monitorare casualmente la produttività del personale. E così è nata la productivity paranoia.

Che cos’è e che conseguenze ha la productivity paranoia 

La productivity paranoia (che si può tradurre con paranoia della produttività) è la paura di capi e dirigenti che i propri dipendenti siano meno produttivi quando lavorano da casa di quanto lo sarebbero in un ufficio a tempo pieno. A loro volta poi, i lavoratori stessi diventano paranoici per il continuo monitoraggio del loro operato da parte dei piani alti.

Nel suo report, Microsoft definisce la productivity paranoia come il paradosso dei capi che temono una perdita di produttività da parte dei dipendenti; anche se le ore lavorate effettivamente sono in costante crescita. Secondo le ricerche, infatti, la giornata lavorativa media è aumentata di 46 minuti al giorno ossia del 13% dall'inizio della pandemia. 

Sfortunatamente, questa disconnessione tra direttori e dipendenti si traduce in uno scomodo monitoraggio virtuale dei lavoratori.

«La metà di tutti i leader aziendali intervistati ritiene che quando i dipendenti lavorano 'non in vista', non lavorano così duramente come se si trovassero in ufficio - spiega il CEO di Microsoft Satya Nadella - Per questo, il 48% dei leader aziendali ha installato software di monitoraggio sui computer dei propri dipendenti per controllare il loro lavoro».

Questo software di monitoraggio, noto anche come bossware, tiene traccia di quanto tempo si passa effettivamente al lavoro, quali siti web si visitano, ecc. Insomma, tutti i dati dei lavoratori (dalle sequenze di tasti alla comunicazione con i colleghi) sono accessibili ai manager.

Ma il problema è che i timori riguardanti la perdita di produttività non solo danneggiano la cultura aziendale, il benessere dei dipendenti e l'equilibrio tra lavoro e vita privata, ma possono effettivamente portare a una minore produttività e all’aumento dei casi di burnout.