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Chi è Alessia Piperno, la travel blogger romana arrestata in Iran

Alessia Piperno è molto ben consapevole della difficile situazione in Iran. Solo una settimana fa, citando «Bella ciao», aveva riflettuto: «Per noi viaggiatori, turisti, vacanzieri in terre straniere, è facile giudicare, dire la nostra, restare finché è tutto bello, per poi salire su aereo e andarcene. Eppure per quanto questa possa essere la decisione più saggia da prendere, io non ci riesco. Non riesco ad andarmene da qui, ora più che mai. E non lo faccio per sfidare la sorte, ma perché anche io ora, sono parte di tutto questo». Dopo due mesi e mezzo in Iran, quella terra «mi è entrata dritta, dentro e profonda nel cuore». E ancora: «Qui invece, la gente è stufa di essere un burattino, ecco perché migliaia di persone stanno scendendo nelle piazze a protestare. Stanno manifestando per la loro libertà». 

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Quanto a Mahsa Amini, la ragazza ventiduenne uccisa dalla polizia iraniana, perché non indossava correttamente l’hijab, Alessia aveva scritto: «La verità è che quella ragazza sarei potuta essere io, o la mia amica Hanieh, o una di quelle donne che ho incontrato durante questo viaggio. Hijab in Iran non è sinonimo di religione, bensì è sinonimo di governo. Ogni donna deve privarsi della sua femminilità, nascondere quei bei lineamenti del volto e le forme del proprio corpo, per non rischiare di finire in prigione, o peggio ancora, di essere frustata per 70 volte. Sono cresciuta credendo che queste cose accadevano in una terra lontana dalla mia, e che non mi avrebbero mai toccata. Ma ora che sono qui da più di due mesi, mi sento parte di tutto ciò, mi sento parte di queste ragazze che lottano per i loro diritti, che manifestano per la loro libertà, ma che alla fine sono costrette a nascondersi in un punto cieco».