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Città blindate in Cina, mentre continuano le proteste

La Cina difende ad oltranza la linea della 'tolleranza zero' al Covid e blinda le città con migliaia di agenti dopo le proteste anti-lockdown che si sono diffuse in tutto il Paese. In parallelo, annuncia un nuovo piano per accelerare i vaccini anti-Covid per aumentare la copertura tra gli anziani, a partire dalla parte di popolazione con più di 80 anni. Nel mezzo delle manifestazioni, nella conferenza stampa settimanale, la Commissione sanitaria nazionale cinese ha riferito il proposito di rafforzare la protezione anche tra le persone di 60-79 anni. Ai funzionari locali, in particolare, è richiesto di assumersi la responsabilità di convincere gli anziani a sottoporsi ai vaccini, in una gestione che sarà sostenuta dall'elaborazione dei big data.

Sulle manifestazioni il portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian, ha poi assicurato che la "lotta contro il Covid-19 avrà successo" grazie alla guida del Partito comunista e al sostegno del popolo cinese, accusando "forze con secondi fini" di collegare le 10 vittime per l'incendio divampato la scorsa settimana a Urumqi alle draconiane misure anti-virus che avrebbero rallentato i soccorsi.

A partire da Pechino e Shanghai, le manifestazioni si stanno trasformando nel test più duro per la leadership cinese e per lo stesso Xi dalla sua salita al potere nel 2012. L'esasperazione sociale si è mischiata con la radicata paura per il virus e a Shanghai i manifestanti nel fine settimana hanno chiesto apertamente per la prima volta un passo indietro del Pcc e dello stesso Xi, insieme a una maggiore libertà.

L'area di Urumqi Road della città, epicentro delle proteste, è stata transennata e presidiata dalle forze dell'ordine per evitare nuove turbolenze dopo quelle che nel weekend, secondo i calcoli della Cnn, sono state registrate in 16 città. I fogli bianchi, diventati il simbolo della rivolta, sono però apparsi ancora in iniziative individuali e diffuse nel Paese, fino a diventare una prova di condivisione del disagio sui social media, anche in mandarino. Un allentamento della 'tolleranza zero' era attesa dopo il Congresso del Partito comunista di metà ottobre che ha affidato al presidente Xi un inedito terzo mandato di fila alla segreteria generale.

La nuova scommessa di Goldman Sachs è che la Cina potrebbe smetterla con i lockdown prima di aprile 2023, con qualche possibilità di un'uscita "disordinata", ha sostenuto Hui Shan, capo economista cinese della banca d'affari Usa: una svolta nel secondo trimestre ha la più alta probabilità di verificarsi, pari a circa il 60%. Una previsione che non è affatto detto possa bastare a placare la frustrazione diffusa contro una politica che da modello di lotta al Covid è diventata per lo stesso Xi un innegabile motivo di imbarazzo mondiale.

Manifestazioni oscurate

Su internet però una valanga di tweet 'spam' che mostrano contenuti porno, annunci di escort e giochi d'azzardo stanno oscurando la protesta anti-Covid dei cinesi. L'ondata di questi contenuti 'bot', cioè fatta in automatico da alcuni profili si presume legati al governo, coincide con un'ondata di proteste senza precedenti che sta attraversato le principali città del Paese negli ultimi giorni. E' l'allarme lanciato dallo Stanford Internet Observatory, che ha condotto un'analisi: stima, ad esempio, che oltre il 95% dei tweet con il termine di ricerca 'Pechino' provenga da account spam che diffondono informazioni di questo tipo. Messaggi che superano di gran lunga qualsiasi tweet sulle proteste.

A causa della censura cinese molti cittadini stanno usando le Vpn per accedere ai servizi Internet e ai social media come Twitter e Telegram per organizzare le proteste, tanto che - come riferisce il sito TechCrunch - Twitter è balzata negli ultimi giorni tra le app più scaricate. Ma la quantità di spam rende più difficile trovare informazioni legittime e utili sulle proteste e ha anche un impatto sugli utenti al di fuori della Cina che stanno cercando di ottenere informazioni sul campo riguardo gli eventi.

L'ondata di spam su Twitter coincide con i molteplici licenziamenti avviati da Elon Musk dopo l'acquisto della società, licenziamenti che hanno avuto un forte impatto anche sul team sicurezza. Proprio in questi giorni un monitoraggio condotto dalla Commissione europea su piattaforme Internet e social, ha evidenziato che c'è un rallentamento dell'azione di contrasto ai contenuti d'odio, con Twitter che ha peggiorato le sue performance.

 I media ufficiali hanno ignorato le proteste, le maggiori dalle tragiche vicende di Piazza Tienanmen del 1989. Nulla sulla Cctv e sul Quotidiano del Popolo, la voce del Pcc, che ha dedicato piuttosto uno dei suoi articoli alle direttive della leadership per "attuare con rigore scientifico l'incremento dell'efficienza dei lavori di contenimento della pandemia", mentre il Paese continua a registrare casi in aumento, saliti domenica per la prima volta oltre quota 40 mila. 

I rapporti con Londra

Rimane tesa la situazione tra Pechino e Londra, dopo l'arresto, durante le proteste a Shanghai, di Edward Lawrence, un giornalista della Bbc. L'ambasciatore cinese nel Regno Unito è stato convocato dal Foreign Office, riferiscono fonti del governo di Rishi Sunak.  L'episodio, il cui video è finito sui social, ha provocato l'ira di Londra, causando anche altre reazioni internazionali, tra cui l'appello del presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier (che ha affermato di "capire" i manifestanti), quello dell'Onu alle autorità cinesi affinché sia rispettato il diritto di manifestare in modo pacifico e la "ferma" condanna della Federazione dei media europei (European Broadcasters Union) contro "le intollerabili intimidazioni e aggressioni ai danni di giornalisti in Cina".

 A Pechino, invece, il portavoce del ministero degli Esteri Zhao Lijian ha riferito che l'arresto di Lawrence era avvenuto "perché non si è identificato come giornalista", mentre in precedenza una nota della Bbc aveva addirittura riferito che, secondo la polizia, "era stato portato via per non fargli contrarre il Covid tra la folla".

La Cina accusa poi il premier britannico Rishi Sunak di "calunnie" e "pregiudizio ideologico" per aver affermato che la "golden era" dei rapporti con Pechino era finita, lasciando spazio a una "sfida sistemica ai nostri valori" da affrontare con un "robusto pragmatismo" di fronte alla repressione a Hong Kong e alle violazioni dei diritti umani nello Xinjiang. Le osservazioni della parte britannica "sono piene di pregiudizi ideologici e calunniano in modo maligno le politiche della Cina", ha replicato Pechino in una nota della sua ambasciata a Londra.

Per quanto riguarda le politiche su Hong Kong e Xinjiang, "sono affari interni della Cina e la Gran Bretagna non ha alcuna qualifica o diritto per fare commenti irresponsabili". Londra, inoltre, "confonde bianco e nero con secondi fini e dovrebbe riflettere sulla propria mentalità coloniale", quando invece farebbe bene a venire incontro alla Cina per "gestire le divergenze sulla base del rispetto reciproco", mettendo da parte i pregiudizi, rispettando i fatti e "smettendo di calunniare la Cina con le interferenze nei suoi affari interni". Perché si tratta di un approccio che "crea artificialmente ostacoli allo sviluppo delle relazioni".