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Com'è finita la crisi del gas e quanto ci costerà ancora

La crisi del gas che si temeva non c'è stata: l'inverno è passato, i timori di restare al freddo e al buio anche, pur con un conto salato che potremmo dover ancora finire di pagare. Il governo Meloni ha dunque completato senza problemi il processo iniziato dal governo Draghi per renderci indipendenti dal gas russo. Ma se sul gas del presente è stato fatto un passo in avanti, sugli obiettivi climatici e sul futuro l'Italia potrebbe averne fatti diversi indietro.

Russia non più, ma che fatica

La Russia non è più il Paese da cui l'Italia importa più gas. Storicamente, l'Italia ha importato più gas russo rispetto a quello proveniente da altri Paesi. Ma dopo l'inizio della guerra in Ucraina e dei ricatti di Gazprom sulle forniture che hanno provocato fluttuazioni di prezzo da record sui mercati, nel 2022 il governo Draghi e l'Unione Europea hanno iniziato un faticoso percorso di indipendenza dalle importazioni russe, raggiungendo in breve tempo risultati significativi.

Il 2022 è stato infatti per l'Italia un anno storico, con le importazioni di gas dalla Russia ai minimi dal 1990. Il confronto con gli anni precedenti è impressionante, i volumi di gas russo sono crollati. Nel 2021 la Russia pesava infatti per il 40 per cento delle importazioni totali di gas in Italia: nel 2022 questa quantità è diminuita di oltre il 60 per cento e nel 2023 il peso del gas russo è crollato all'8 per cento.

L'inverno faceva paura senza le forniture russe. Sapevamo che non sarebbe stato facile rimpiazzare in così poco tempo il 40 per cento delle importazioni. Tuttavia, l'inverno è passato liscio, grazie a delle temperature straordinariamente miti che hanno mantenuto i consumi insolitamente bassi per la stagione invernale.

Stoccaggi di gas in Italia, quanto sono pieni a marzo 2023: l'inverno è superato senza le forniture dalla Russia

Per questo motivo l'Italia sta chiudendo con un quantitativo record gas negli stoccaggi, pieni per il 57 per cento circa. Basti pensare che nello stesso periodo dell'anno scorso la percentuale di riempimento degli stoccaggi post-inverno era del 31 per cento. Il gas risparmiato servirà ad agevolare il processo di riempimento in vista del prossimo inverno. 

Il gas non è mancato ma i prezzi sono stati da record, spingendo l'inflazione al livello più alto da trent'anni a questa parte e costringendo il governo a intervenire per attutire il colpo dei costi straordinari dell'energia su consumatori e imprese: a marzo 2023 la spesa in sostegni energetici ha superato i 92 miliardi di euro.

Le idee del governo Meloni e il Piano Mattei

Per superare l'inverno sono stati decisivi gli accordi stretti tra Eni, per conto del governo Draghi, e altri paesi partner come Libia, Congo, Egitto, Qatar, ma soprattutto Algeria che ha preso il posto della Russia: è da qui che ora l'Italia importa più gas. In più c'è il Gnl - il gas naturale liquefatto - l'altra "gamba" su cui si reggono le nuove importazioni italiane. Ai tre rigassificatori in funzione si aggiungeranno presto il criticato impianto di Piombino e poi quello di Ravenna.

Il governo Meloni sta portando avanti le politiche iniziate dal governo Draghi, estremizzandole, quasi. Dopo aver stretto nuovi accordi, specie con i Paesi del Mediterraneo come Algeria e Libia, il governo ha annunciato un "Piano Mattei" per affermarsi come "hub energetico del Mediterraneo". Non bastava rendersi indipendenti dalla Russia: nei progetti di Meloni ed Eni, il gas che in futuro arriverà in Europa dovrà passare dall'Italia. A quale prezzo?

E la transizione ecologica che fa?

Non ci sono grossi dettagli su Piano Mattei, ma in molti si sono chiesti se valesse la pena investire e puntare sul gas nel mezzo della transizione ecologica promossa dall'Unione Europea con il Green deal, per diventare hub delle energie rinnovabili.

E oltre al gas, l'Italia vuole continuare a investire i progetti esteri legati a carbone, petrolio e gas. Il governo Meloni ha infatti prolungato attraverso Sace - in pratica l'azienda assicuratrice dello Stato - il finanziamento di progetti esteri legati all’estrazione e al trasporto di combustibili fossili almeno fino al 2028. 

Di fatto, l'Italia si sta rimangiando gli accordi sul clima presi durante la Cop26 di Glasgow del novembre 2021, quando insieme ad altri trentatré Paesi e cinque istituzioni finanziarie pubbliche aveva concordato di terminare gli investimenti pubblici internazionali nei combustibili fossili entro la fine del 2023.

Sace, controllato dal ministero dell'Economia, è tra i primi sei finanziatori a livello globale e il primo a livello europeo per il sostegno pubblico alle fonti fossili. Continuerà a farlo per i progetti di centrali elettriche a metano fino al 2023, mentre per l'esplorazione e l'estrazione di gas fino al 2026. Anche per questo motivo, gli esperti di politiche climatiche criticano gli atteggiamenti ambigui dell'Italia sul clima.

Il presente della sicurezza energetica sembra al sicuro, sul futuro ci sono dei dubbi, anche perché il clima dimostra con violenza maggiore che bisogna agire al più presto e la siccità ce lo sta ricordando. L'inverno è passato senza problemi e la battaglia sul gas russo è stata vinta, ma il governo Meloni rischia di perdere la battaglia del clima. 

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