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Come sono andate le partite della 20esima giornata di Serie A

Una giornata lunghissima, la 20esima della Serie A. Una giornata, tra le altre cose, ricca di sorprese, per lo più negative e per le grandi, soprattutto per Milan e Juventus sconfitte in casa rispettivamente da Sassuolo e Monza, non certamente le prime della classe. Ecco, a proposito della regina del campionato, il Napoli, è riuscita a battere la migliore Roma della stagione, ora sesta in classifica, ma vicinissima ai “cugini” della Lazio, ai rossoneri e all’Atalanta, appaiate dietro l’Inter di Simone Inzaghi, che invece è riuscita a rimontare l’iniziale svantaggio contro il fanalino di coda Cremonese.

Osimhen Simeone
Victor Osimhen e Giovanni Simeone, i due autori dei gol contro la Roma – Nanopress.it

Nelle zone basse della classifica, poi, l’ultima partita del primo turno del girone di ritorno ha visto l’Hellas Verona pareggiare contro l’Udinese, staccando in parte Sampdoria, sconfitta dagli uomini di Gian Piero Gasperini nel posticipo di sabato e i grigiorossi. L’altra nota positiva, però, per i gialloblù di mister Marco Zaffaroni è che, adesso, la salvezza è lontana solo tre punti, per cui lo Spezia è avvisato, e non solo lui.

Serie A, la 20esima giornata amara per Milan e Juventus. Sorridono Napoli e Inter

La volata del Napoli per conquistare il terzo scudetto della sua storia è proseguita anche nella 20esima giornata di Serie A, la prima del ritorno. Contro una Roma mai così bella in stagione, gli uomini di Luciano Spalletti hanno ipotecato, qualora ce ne fosse ancora bisogno, il primo posto in solitaria a 13 punti dall’Inter di Simone Inzaghi, l’unica altra big, assieme anche all’Atalanta ad aver vinto in un turno che, sulla carta, doveva essere semplice un po’ per tutte tranne che per le romane. Il campo ci ha restituito altro, e quindi cerchiamo di capirlo insieme.

BOLOGNA-SPEZIA 2-0 – Il primo turno del girone di ritorno del nostro massimo campionato è iniziato molto presto, consentendo anche uno “spezzatino” niente male – di fatto non si è sovrapposta neanche una partita, bello per chi compra i diritti tv, e per chi non se ne vuole perdere una di partita, un po’ meno per chi gioca al fantacalcio. Al Renato Dall’Ara, il Bologna di Thiago Motta ha ospitato, infatti, lo Spezia di Luca Gotti già venerdì alle 18:30. La speranza, per entrambe, e come sempre d’altronde, era quella di fare punti: i felsinei per continuare il cammino interrotto con la pausa per i Mondiali, i bianconeri perché devono iniziare a guardarsi alle spalle da chi è messo peggio, ma vuole risalire la china.

È andata meglio ai padroni di casa, in effetti, passati in vantaggio nella prima frazione della gara, al 37esimo, grazie al gol del difensore austriaco, Stefan Posch, al terzo centro con la maglia dei rossoblù in stagione, su assist di Riccardo Orsolini, ovvero l’uomo che spegne di fatto ogni velleità dei liguri di rimontare o ribaltare una partita che, in realtà, non c’è mai stata. È proprio l’attaccante di Ascoli Piceno, che si è concesso un bellissimo regalo di compleanno, a mettere a segno la rete del definitivo 2-0 al 77esimo su assist di Nicolas Dominguez. 

Una rete pesante per il Bologna, al terzo risultato utile di fila dopo il buio del primo periodo dell’anno, che l’ha proiettata al nono posto in classifica, a sole due lunghezze dalla qualificazione in Conference League, ma ancora di più per gli ospiti che, invece, dovranno tornare a vincere se vogliono sperare di rimanere ancora in Serie A anche il prossimo anno. Insomma, non sono più ammessi passi falsi, specie contro avversari che possono essere alla portata.

LECCE-SALERNITANA 1-2 – I giallorossi di Marco Baroni, davanti al pubblico del Via del mare, potrebbero battere chiunque, anche il Real Madrid di Carlo Ancelotti se volessero (o forse no, ma non ne avremo la prova), i granata di Davide Nicola, esonerato e ripescato nell’arco di due giorni dopo una sconfitta così pesante che rialzarsi sarebbe stato difficile per chiunque, invece, fuori casa hanno vinto solo con la Lazio, e non vengono dal momento migliore che una squadra possa desiderare. Eppure, a dimostrare che la palla è rotonda e che, sì, tutto è possibile, i pronostici si sono sovvertiti cambiando tutto, e in appena 23 minuti, venerdì alle 20:45.

Ce ne mette effettivamente cinque Boulaye Dia a inventarsi un gol dal limite dell’area che il malcapitato Wladimiro Falcone non pensa neanche di poter parare, ce ne vogliono, poi, altri 15 perché il senegalese in prestito dal Villarreal si trasformi anche nell’assistman della serata fornendo a Tonny Vilhena il passaggio del momentaneo 0-2 per la Salernitana. Abituati alle rimonte, i leccesi, infatti, accorciano subito le distanze con la rete del solito Gabriel Strefezza, che ha già timbrato sei volte il cartellino in stagione, grazie all’assist di Giuseppe Pezzella, che continuano a pungere per cercare il pareggio fino alla fine del primo tempo, ma difensori e Guillermo Ochoa non lo permettono.

Nella seconda frazione, invece, sono gli ospiti a provare di dilagare per mettere in sicurezza tre punti che sarebbero oro e che scaccerebbero una crisi fin troppo evidente. Sia Krzysztof Piatek, sia Antonio Candreva, sia l’autore della rete del pareggio, però, si trovano davanti un ex Cosenza davvero in forma smagliante e non riescono nel tentativo di fare davvero male, e di nuovo, alla squadra di Baroni.

Tanto basta, però, perché i campani tornino a una vittoria che mancava esattamente dalla partita dello stadio Olimpico contro i biancocelesti di mister Maurizio Sarri – era il 30 ottobre – e tanto basta anche per vedere sorridere la classifica e superare il Lecce che, comunque, si conferma una squadra temibile e assolutamente con le carte in regola per provare fino all’ultimo a rimanere in Serie A. C’è chi è messo molto peggio, dopo tutto, anche se non ci si deve, in ogni caso, cullare sugli allori.

EMPOLI-TORINO 2-2 – Il sabato di Serie A ha avuto il via, poi, dallo stadio Carlo Castellani di Empoli, in cui il Torino di Ivan Juric, prima di tornare per la terza volta in Toscana, e per la seconda volta a Firenze, ha affrontato i padroni di casa di Paolo Zanetti, galvanizzati più che mai per aver battuto a San Siro l’Inter.

Anche la gara delle 15 sembra avere lo stesso copione di quella di Milano, perché sono sempre gli uomini dell’ex Venezia a passare in vantaggio per primi grazie al primo gol in stagione del difensore, ex Napoli, Sebastiano Luperto, arrivato al 37esimo grazie all’assist di Razvan Marin, che poi si mette in proprio, al 69esimo, sfruttando il passaggio decisivo di Francesco ‘Ciccio’ Caputo e portando l’Empoli sul 2-0.

I granata, però, non stanno a guardare, e reagiscono tardi, ma bene prima con il giovane Samuele Ricci, l’ex della partita, che chiude alla perfezione una triangolazione in area con Per Schuurs, poi con Antonio Sanabria, in lizza per diventare il vice Ciro Immobile nella Lazio, ma ancora (e probabilmente fino alla fine del campionato) tra le fila del Torino. L’attaccante riceve un passaggio di Aleksey Miranchuk al limite e batte Guglielmo Vicario. Dai piedi del russo ex Atalanta nasce anche un tiro, sempre da fuori area, che potrebbe anche regalare tre punti pesanti, specie in ottica Europa, al tecnico dei granata, ma la fortuna non aiuta, e il pallone si stampa sul palo sinistro.

Il legno che trema sono le sliding doors di una partita combattuta fino all’ultimo, tra due squadre decisamente in forma, che ora sognano in grande, anche grazie a una Juventus che, invece, potrebbe finire negli inferi, e forse anche senza un’ulteriore (e pesante) penalizzazione. Ma soprattutto grazie a due allenatori che hanno saputo trasmettere ai propri calciatori le loro idee, e la loro mentalità. Alla prossima giornata, poi, i toscani incontreranno la Roma di José Mourinho, mentre il Torino affronterà in casa l’Udinese, un’altra partita chiave per sognare il ritorno in Europa, anche dalle porte della Conference League.

CREMONESE-INTER 1-2 – L’Inter si lecca le ferite dopo la brutta sconfitta contro l’Empoli e mentre il calciomercato è incandescente e sembra portare Milan Skriniar lontano da Milano, con annessi e connessi. Prima, però, è arrivata una bella affermazione in Supercoppa italiana contro i cugini e un altro trofeo in bacheca che male non fa, soprattutto se la stagione dovesse andare peggio del previsto. In più c’è da tenere conto anche di un altro derby contro il Milan che stavolta potrebbe significare fuga nella corsa alla Champions League e un animo un po’ più tranquillo in vista della massima competizione europea e il Porto che un po’ di insidie potrebbe portarle. Tutte queste motivazioni conducono i nerazzurri al match contro la Cremonese. Una partita che sulla carta sembrerebbe più semplice di molte altre per la Beneamata ma che in realtà potrebbe celare delle preoccupazioni impreviste. Dall’arrivo di Davide Ballardini, infatti, molte cose sono cambiate e anche i risultati: la neopromossa è ancora viva e guai a darla per spacciata. 

L’Inter se ne accorge molto presto, ma non immediatamente. Infatti, i nerazzurri iniziano la gara con il piglio giusto: collezionano calci d’angolo che non riescono a capitalizzare come avrebbe potuto, soprattutto fanno capire subito chi comanda, dominando il gioco e e allargando il campo da una parte all’altra rendendo decisamente difficoltoso il lavoro difensivo degli avversari. Un pressing che, però, non porta i suoi frutti per Simone Inzaghi. Allora, ne approfitta la Cremonese. David Okereke si trova poco fuori dall’area e all’improvviso scaglia una conclusione imparabile per André Onana. Gol bellissimo e pesantissimo in cui Hakan Calhanoglu ha qualche colpa, vista la leggera marcatura sull’ex Cosenza.

Lautaro
Lautaro Martinez che festeggia il gol del raddoppio e della vittoria contro la Cremonese – Nanopress.it

L’Inter potrebbe cadere nel baratro, ma non cambia il suo modo di vivere la partita e torna ad attaccare. Servono dieci minuti ai nerazzurri per tornare in partita, quando il solito Lautaro Martinez, sempre più in versione Toro scatenato dopo il Mondiale vinto con l’Argentina, firma il gol del pareggio. Siamo al 21esimo e la Beneamata ha un’intera partita davanti per fare suoi i tre punti. Il problema è che l’altalena mentale su cui spesso siedono gli uomini di Inzaghi non finisce di traballare. Il dominio del gioco resta ai milanesi, in maniera quasi indiscutibile, ma spesso la Cremonese si affaccia nella metà campo avversaria e crea anche dei pericoli rilevanti che Onana, un po’ alla sua maniera, respinge. 

Il secondo tempo riprende sulla stessa scia che aveva chiuso il primo. E al 65esimo la pressione neanche tanto forsennata dell’Inter dà i suoi frutti. È ancora Lautaro Martinez, stavolta servito da Edin Dzeko, a firmare il raddoppio e la sua doppietta personale, iscrivendosi al registro dei migliori bomber di gennaio 2023 in Europa. Seguono una serie di sostituzioni da una parte e dall’altra e Inzaghi sceglie anche Joaquin Correa e Romelu Lukaku per tenere su il pallone e il risultato ben fissato sul 2 nerazzurro. Anche contro la Cremonese, però, deludono risultando impalpabili e facilmente gestibili per gli avversari. 

I padroni di casa, in ogni caso, non hanno nessuna intenzione di darsi per vinti. Si riversano nella metà campo avversaria e semplicemente fanno il loro gioco, tentando di superare la retroguardia nerazzurra con dei dribbling fuori area o con dei cross insidiosi che, però, gli uomini di Inzaghi gestiscono senza grossi patemi. Stavolta l’Inter la rimonta non la subisce, la fa e porta a casa tre punti pesantissimi nella corsa all’Europa che conta, soprattutto alla luce dei risultati che usciranno dalla giornata di Serie A. 

La sensazione complessiva è che la squadra di Inzaghi debba ancora crescere sotto il profilo della personalità e della gestione della partita, ma anche che alcuni uomini debbano essere del tutto recuperati, soprattutto dal punto di vista fisico. Allo stesso tempo, la fine del calciomercato potrebbe rappresentare una manna dal cielo per i meneghini: il caso Skriniar va chiuso al più presto e farlo nella maniera corretta per non rovinare un amore che è stato intenso, ma che ora è finito. Per il bene di tutti.

ATALANTA-SAMPDORIA 2-0 – La schiacciasassi Atalanta, dopo il pareggio fuori casa contro i bianconeri, appena penalizzati, ha bisogno di punti per iscriversi ufficialmente e ancora più concretamente alla lotta per la Champions League, e quindi al Gewiss Stadium arriva una Sampdoria che, invece, non solo non può ambire all’Olimpo del calcio, ma ce la sta mettendo tutta pur di non tornare in Serie B, impresa difficile considerato che, in tutto il girone d’andata, si sono riusciti a mettere a segno solo otto gol – peggio di loro, nell’era delle venti squadre, solo l’Ascoli, come ci ha ricordato Giuseppe Pastore.

8 gol in 19 giornate: la #Sampdoria di Giampaolo e Stankovic è la PRIMA squadra nella storia della Serie A a 20 squadre a segnare meno di 10 gol nel girone d’andata. In assoluto non succedeva dal solito Ancona 2003-2004 (7 gol in 17 partite).

— Giuseppe Pastore (@gippu1) January 22, 2023

E la situazione, critica, non cambia neanche in casa degli uomini di Gian Piero Gasperini, non arrembanti come in altre situazioni, o in altre partite ma sicuramente efficaci. Tra la fine del primo tempo e l’inizio del secondo, infatti, archiviano la pratica blucerchiata con un gol di Joakim Maehle, al secondo gol di fila, arrivato grazie all’assist di Hans Hateboer, poi quello del solito Ademola Lookman, che ora insidia il primo posto nella classifica dei capocannonieri di Victor Osimhen, suo compagno di nazionale con la Nigeria, con una rete dalla distanza che regala altri tre punti fondamentali al tecnico piemontese.

Lookman
Ademola Lookman, arrivato al 12esimo gol stagionale con la maglia dell’Atalanta – Nanopress.it

Perché dopo un periodo piuttosto complicato, iniziato l’anno scorso, ma da cui ci si era ripresi a inizio campionato, salvo poi ricaderci prima della pausa per i Mondiali in Qatar, l’Atalanta si era rialzata a testa altissima, e ora vuole tornare nell’Europa che conta davvero, dicevamo, quella in cui non aveva sfigurato neanche nella stagione stoppata dalla pandemia da Covid.

Quanto agli uomini di Dejan Stankovic, servirà molto di più per tentare una scalata che, al momento, non sembra minimamente alla portata. Ma non è detta ancora l’ultima parola, dopo tutto l’anno scorso la Salernitana non era messa meglio, eppure ci ha creduto fino all’ultimo ed è riuscita a salvarsi.

MILAN-SASSUOLO 2-5 – “Milan, Milan: sempre con te!”. È questo il motivetto dell’inno rossonero che da sempre è impresso nella mente dei tifosi più accaniti. Un ritornello che stavolta gli ultras rossoneri decidono di imprimere nei loro cori, nel loro sostegno incondizionato e anche nei fischi. Nella vittoria e nella sconfitta. E questa è la premessa di quello che succede all’ora di pranzo a San Siro, in un clima di crisi, di insoddisfazione e di disfatta non annunciata. Gli ultimi risultati impongono ai campioni d’Italia una reazione d’orgoglio, un ritorno a quando tutto girava alla perfezione e anche la conferma che il sistema tattico e le sue applicazioni, adottati da Stefano Pioli ormai da due anni, funzionano ancora e senza troppi dubbi. 

Purtroppo il mese orribile del Milan, invece, non finisce, anzi probabilmente tocca il fondo. Dalla ripresa del campionato abbiamo visto il volto peggiore di una squadra comunque competitiva, tra le migliori del campionato. È arrivata l’eliminazione dalla Coppa Italia, una prova decisamente opaca contro il Lecce, poi anche una sonora sconfitta in Supercoppa italiana contro chi fa più male. Infine, ma non per importanza, un durissimo 4-0 all’Olimpico contro la Lazio. L’attacco non gira più e quel Rafael Leao osannato e devastante non fa più tanta paura, ma è la difesa a destare maggiore preoccupazione, visto che la sua percentuale di parate è tra le peggiori della Serie A e di miracoli non c’è neanche l’ombra contro avversari che arrivano da tutte le parti. Manca Mike Maignan, manca sempre di più. 

Tornando a noi, insomma, Pioli pretende una reazione, anche a costo di scelte pesanti e per questo estromette dalla partita proprio Leao per affidarsi alla voglia di riscatto di Ante Rebic. Stesso discorso sulla trequarti dove viene data un’altra chance a Charles De Ketelaere. Scelte che sorprendono, soprattutto la prima, ma il tecnico ex Inter e Lazio scarica direttamente la colpa sulle condizioni fisiche dell’ex Lille e Sporting, annunciando che sarà comunque sfruttato a gara in corso. 

Pronti, via il Milan parte subito forte. Sfrutta le imprecisioni della difesa del Sassuolo e attaccando soprattutto sulle fasce laterali cercando di innescare Olivier Giroud in area di rigore. E lo squillo del francese, anche lui colpevole assente delle ultime settimane, arriva dopo pochi minuti, ma il Var (o meglio il fuorigioco semiautomatico) annulla per questione di centimetri. Il Sassuolo tira un sospiro di sollievo e si riversa in attacco dove i neroverdi possono finalmente beneficiare di un Domenico Berardi in gran forma. È proprio il calabrese a innescare l’azione, seminare il panico nella retroguardia avversaria e servire un assist al bacio a Gregoire Defrel per lo 0-1. Tre minuti dopo e l’incubo continua per i tifosi di casa. Ancora Berardi ispira, stavolta arriva un treno chiamato Davide Frattesi e non lascia scampo a Tatarusanu per lo 0-2. Un doppio pugno nel muso di Pioli e del suo Milan, incapace in questo momento di reagire quanto servirebbe. 

Infatti, i padroni di casa ci prova a rientrare in partita e al 24esimo ci riescono pure con una zampata di Giroud, ma la notte fonda non tarda ad arrivare. Calcio d’angolo dalla destra e Berardi anticipa tutti di testa, denunciando una grave attenzione della linea avversario: 1-3 e cala il gelo a San Siro, di certo non per le temperature. Il clima diventa surreale a fine primo tempo: i tifosi fischiano dopo aver sostenuto la squadra per tutto il primo tempo, ma ci sono ancora 45 minuti per ribaltare le cose. 

Pioli ammetterà a fine partita che a questo punto nello spogliatoio erano tutti convinti della rimonta, ma non va esattamente così. Passano solo due minuti, è il 47esimo, quando Davide Calabria stende un avversario e fa fallo da rigore. Berardi lascia il pallone a Lauriente che non sbaglia: poker degli emiliani e punizione durissima, anche oggi, per il Milan. I rossoneri comunque non si arrendono e cercano di scuotersi con una serie di cambi. Viene anche annullato un gol a Rebic per fuorigioco, ma in generale non c’è mai la sensazione che i campioni d’Italia possano centrare la rimonta.

Tonali Calabria
Sandro Tonali e Davide Calabria al termine della partita persa dal Milan, in casa, contro il Sassuolo – Nanopress.it

Infatti, quando ci si sta avviando verso la fine del match, Berardi innesca Matheus Henrique e il neo-entrato non sbaglia realizzando la rete dell’1-5. C’è tempo anche per un moto d’orgoglio comunque significativo: Divock Origi si gira e scarica una bellissima conclusione all’incrocio dei pali che fissa il punteggio sul 2-5. Si tratta di una delle pochissime gioie per un Milan che continua a fare una fatica maledetta a difendersi e a fare male, che pare anche lontano dalla condizione migliore. E ora alle porte c’è il derby contro l’Inter, una prova che stavolta non può essere fallita.

JUVENTUS-MONZA 0-2 – L’inchiesta Prisma, le plusvalenze, il terremoto giudiziario hanno le prime pagine ormai da giorni e sicuramente sarà così anche nei prossimi mesi. La parte sportiva è stata affossata da un meno quindici in classifica difficile da accettare per le teste e le ambizioni dei calciatori che comunque non possono fermarsi e devono confrontarsi con le dinamiche del campo. Non sarà scudetto, non sarà probabilmente neanche Champions League, ma la Conference è lì, e comunque un obiettivo bisogna averlo da qui a fine stagione per dare un senso all’annata e non permettere alla giurisprudenza e alla paura di sanzioni ancora più pesanti di avere la meglio.

La prima prova è stata quella contro l’Atalanta in cui l’orgoglio della squadra è emerso fissando il risultato su un 3-3 pirotecnico. Contro il Monza, all’Allianz Stadium, però, i tifosi pretendono la vittoria per alimentare le speranze di qualcosa di bello in un campionato che rischia di essere tra i più amari di sempre per la Vecchia Signora. Di contro, però, ci sono i brianzoli e soprattutto c’è Raffaele Palladino che, oltre a essere ex di giornata, è anche un allenatore innovativo e capace, di quelli che fanno giocare bene le sue squadre e con le idee ben chiare. Sembra quasi una sentenza o uno scherzo dell’ironia di fronte a un Massimiliano Allegri che ha anche ottenuto otto vittorie consecutive nel cuore del campionato, ma più per una difesa impermeabile che brillando per il bel gioco. Una critica che ormai è endemica nella sua Juventus e che difficilmente riuscirà a staccarsi dalla fronte, in nome di un pragmatismo che probabilmente in alcuni casi è più efficace, ma anche unanimamente meno apprezzato. Probabilmente anche immorale nel calcio moderno.

Si sfidano, dunque, due filosofie di calcio, due modi diversi di vedere il gioco più bello del mondo, in quello che è, secondo la classifica dopo la penalizzazione, uno scontro diretto. La Juventus inizia subito a ritmi piuttosto sostenuti, tentando di imporre il suo gioco al cospetto degli avversari. Il Monza, però, si chiude bene e sa come far male ai bianconeri che in fase difensiva sembrano piuttosto zoppicanti. Le avvisaglie di quello che succederà poco dopo arrivano già al decimo minuti quando Gianluca Caprari segna un gran gol, ma gli viene sottratto a causa di un fuorigioco.

Poco male, perché al 18esimo Patrick Ciurria si mette in proprio e punisce, portando in vantaggio gli ospiti e gelando l’Allianz Stadium. Il fantasista si sta confermando autore di un grandissimo mese di gennaio, visto che aveva segnato anche contro l’Inter. La furia dei brianzoli comunque non accenna a placarsi e, nonostante la Juventus cerchi di mantenere il pallino del gioco, le risposte degli ospiti sono puntuali e fanno soffrire i bianconeri. Al 39esimo, proprio quando fa più male, arriva anche il raddoppio: Carlos Augusto, scatenato per tutta la partita sulla fascia sinistra, serve a Dany Mota un pallone che l’attaccante non può sbagliare.

Cala il gelo allo Stadium e la rabbia sui social, tutta nel segno dell’ennesima disfatta che si profila già prima della fine dei 45 minuti iniziali. Allegri, però, non si arrende e cerca di rimettere in piedi la partita anche attraverso i cambi. E stavolta ce n’è di gente che può sovvertire un destino della partita che sembra già scritto. Infatti, man mano il tecnico livornese sceglie Arkadiusz Milik e Dusan Vlahovic, ovviamente sbilancia anche un po’ la squadra. Ma c’è poco da salvare e allora la Juventus si getta in attacco cercando di schiacciare con una pressione costante gli avversari.

In realtà, la proiezione costante nella metà campo avversaria dà i suoi frutti e infatti sono tante le occasioni che la Vecchia Signora riesce a creare, vedendosi annullare anche un gol che sembrava fatto per un fuorigioco di Gleison Bremer: se il brasiliano non avesse toccato il pallone, il pallone probabilmente sarebbe entrato comunque. Ci prova anche Angel Di Maria, ma sale in cattedra un Di Gregorio in giornata di grazia e che si rende protagonista di almeno un altro paio di parate di livello. L’estremo difensore cresciuto nel settore giovanile dell’Inter conferma quindi le sue straordinarie capacità che l’hanno portato a essere un idolo dei tifosi già nella stagione della promozione. Gli stessi che hanno spinto fortemente per la sua conferma da titolare anche nella massima serie.

Di Maria
Il disappunto di Angel Di Maria al termine della partita della Juventus contro il Monza – Nanopress.it

Anche i giovani inseriti da Allegri stavolta non danno i loro frutti con Samuel Iling-Junior che, in quest’occasione, non ruba particolarmente l’occhio. Zero a due e vittoria storica per il Monza in casa della Juventus. Resta, invece, l’amaro in bocca per la Vecchia Signora che si vede sorpassata proprio dai brianzoli e vede allontanarsi ulteriormente l’obiettivo europeo. Sempre Allegri dopo la partita parlerà di obiettivo salvezza: ci sembra francamente troppo per un gruppo valido e che qualche soddisfazione potrebbe ancora togliersela. Magari recuperando la giusta centralità del campo rispetto alle aule dei processi.

LAZIO-FIORENTINA 1-1 – Negli occhi dei tifosi dello stadio Olimpico, quelli biancocelesti ovvio, ci sono ancora le immagini nitide di come la Lazio di Sarri abbia schiantato, e senza appello, il Milan campione d’Italia. L’atmosfera, anche se quella contro la Fiorentina non è da considerare una partita di cartello, per lo meno non più, è però la stessa della serata magica contro i rossoneri, il risultato no.

Perché non basta il primo gol in Serie A di Nicolò Casale, bravissimo nel smarcarsi dagli avversari e a battere Pietro Terracciano dallo sviluppo di un calcio d’angolo all’ottavo minuto del primo tempo. Non basta perché i Viola sono avvelenati – anche dal fatto che, all’andata finì 0-4, e senza appello per i capitolini – e giocano all’altezza, se non meglio, della Lazio. È bravo Ivan Provedel, in diverse occasioni, e su Luka Jovic e Nicolas Gonzales, a tenere il punteggio sull’1-0. Non può nulla, però, il portiere biancoceleste quando lo spagnolo scaglia una perla dalla distanza pareggiando, adesso, e per davvero i conti.

Siamo al 49esimo ed è tutto da rifare per la squadra di Sarri, ma è quella di Vincenzo Italiano che ci prova di più, che forse ha più fame, ed è anche molto più sfortunata. All’ultimo minuto, infatti, a salvare il terzo posto della Lazio ci pensa la traversa colpita da Nikola Milenkovic dopo lo sviluppo di un altro corner.

E quindi arriva un punto a testa, che non serve a nessuna delle due, soprattutto non serve alla Fiorentina, ancora piuttosto lontana dalla zona Europa, e non serve ai capitolini che non riescono a raggiungere l’Inter e soprattutto non approfittano dell’ennesimo passo falso degli uomini di Pioli. O forse serve a entrambe, perché fa morale (non aver perso), soprattutto  perché mercoledì e giovedì si torna in campo per i quarti di finale di Coppa Italia, una lotta all’ultimo sangue contro le torinesi che potrebbe riservare sorprese da una parte e dell’altra, oltre che un trofeo che, in realtà, per entrambe potrebbe arrivare anche proseguendo il cammino in Conference: gli avversari sono alla portata e se si gioca come allo Olimpico si può fare.

NAPOLI-ROMA 2-1 – La partita, però, quella con la p maiuscola arriva, come era un tempo, la domenica sera. Da una parte c’è il Napoli di Spalletti, sempre più lanciato verso uno scudetto che manca dal 1990, da quando c’era Diego Armando Maradona, a cui invece ora è dedicato lo stadio in cui va in scena il match, dall’altra c’è la Roma di Mourinho che, dal canto suo, pur non brillando dal punto di vista del gioco, si è ripresa alla grande in questo 2023 e ha anche iniziato il cammino verso il basso dei rossoneri di Milano. A dividerli ci sono tanti punti, 13, ma dato che entrambe lottano per un obiettivo contano davvero poco.

Talmente poco che i giallorossi danno fin da subito del filo da torcere ai partenopei, e si vede anche una gara piuttosto equilibrata. Anche dopo il vantaggio del solito Osimhen, arrivato al 17esimo su assist dell’altro solito Khvicha Kvaratskhelia, gli ospiti reagiscono e provano in tutti i modi a pareggiare i conti, riuscendo, al 75esimo, grazie al subentrato Stephan El Shaarawy, che si butta su un cross di Nikola Zalewski, e rimette un po’ in discussione anche il campionato.

Ma Spalletti, sicuramente più lungo dello Special One in panchina, un minuto dopo pesca la carta giusta: quella di Giovanni Simeone. È il Cholito, un po’ in ombra da quando il nigeriano è tornato in grande forma dall’infortunio, a ipotecare per davvero il titolo del Napoli. Sull’assist di Piotr Zielinski dal limite dell’area, l’argentino insacca sotto il sette e nulla può Rui Patricio, come nulla pare potranno neanche le inseguitrici di una squadra che, alla fine, riesce sempre a vincere, e convincere.

Napoli Roma
Giovanni Di Lorenzo, Giacomo Raspadori e Giovanni Simeone che festeggiano il gol della vittoria del Napoli contro la Roma – Nanopress.it

Quanto alla Roma, a differenza di quanto credono alcuni tifosi giallorossi, la colpa non è da affidare a Nicolò Zaniolo, ormai un separato in casa, anzi a La Spezia, è solo che gli azzurri dell’ex di turno quest’anno ne hanno di più. Ma se si continuasse a lavorare e giocare come al fu San Paolo non è detto che le soddisfazioni non arrivino comunque, anzi.

UDINESE-HELLAS VERONA 1-1 – A concludere la prima giornata del girone di ritorno ci hanno pensato Udinese e Hellas Verona, la prima ai piedi della zona Europa, e con la concreta possibilità di riuscire a entrare in Conference League il prossimo anno, la seconda in piena lotta per non retrocedere.

L’inizio della partita, però, sembra che i ruoli si invertano. Da un tiro di Darko Lazovic, infatti, al quarto minuto, nasce il primo gol dei gialloblù che, però, in realtà è un regalo di Rodrigo Becao, che si trova nella traiettoria del pallone e di testa batte il suo compagno di squadra Marco Silvestri. Ma gli uomini di Andrea Sottil, pur essendo andati sotto in questa maniera tragicomica, non si perdono d’animo e continuano a macinare occasioni per pareggiare i conti. La situazione perfetta nasce da un cross di Kingsley Ehizibue, che Beto tocca il giusto per fare da sponda a Lazar Samardžić, che deve solo insaccare la palla in rete.

Siamo al 22esimo, e la gara sembra già molto calda con l’Udinese continua ad attaccare, e con il centrocampista tedesco che potrebbe trasformarsi nell’eroe della serata, fornendo un assist a Jaka Bijol che, però, il difensore non riesce a sfruttare per ribaltare completamente il match della Dacia Arena.

Nel secondo tempo, partono più forti gli undici di Marco Zaffaroni, ma Nehuén Pérez salva dopo che il portiere friulano esce. Ma Silvestri torna protagonista poco dopo, quando ci tenta Cyril Ngonge, appena entrato in campo, a batterlo. Non succede nient’altro, se non il fatto che l’Hellas, passetto dopo passetto, si potrebbe avvicinare a un traguardo che, prima della sosta, e nonostante un gioco comunque accettabile, sembrava utopia. I bianconeri, invece, non riescono a tenere a distanza il Torino, ma strappano ugualmente un punto importante per continuare a sognare il ritorno in Europa, che manca ormai da nove stagioni, da quando ci si fermò ai playoff di Europa League.

Qualcosa si muove in zona salvezza, mentre per la Champions sarà una lotta fino all’ultimo

NAPOLI 53

INTER 40

LAZIO, ATALANTA, MILAN 38

ROMA 37

UDINESE 29

TORINO 27

BOLOGNA, EMPOLI 26

MONZA 25

FIORENTINA 24

JUVENTUS 23*

SALERNITANA 21

LECCE, SASSUOLO 20

SPEZIA 18

HELLAS VERONA 13

SAMPDORIA 9

CREMONESE 8

*15 PUNTI DI PENALIZZAZIONE