«Mi ha urlato puttana».
«E tu cosa gli hai detto prima?».
Quando una donna viene insultata e lo racconta spesso la prima domanda che le viene posta è quella che avete appena letto. È così che veniamo cresciute sin da piccole. È il patriarcato. Una situazione che ha portato l'Italia ad essere uno dei cinque Paesi in Europa, insieme a Germania, Francia, Regno Unito e Spagna in cui le donne vengono ammazzate più spesso. Nella vita quotidiana questo si traduce in relazioni violente, tossiche o manipolatorie, dentro le quali le donne devono intraprendere lunghi percorsi prima di riconoscere la violenza a cui sono sottoposte. E non sempre ci riescono. Da gennaio 2023 in Italia le vittime di femminicidio sono state 79. È fondamentale conoscere gli strumenti che esistono e sono a disposizione delle donne per uscire dalla spirale della violenza. Per salvarsi.
Uno dei più efficaci è il 1522, il numero di pubblica utilità della presidenza del consiglio dei ministri che nasce con l'obiettivo di raggiungere tutte le persone che sul nostro territorio subiscono violenza, o conoscono persone che subiscono violenza o hanno anche solo hanno necessità di avere delle informazioni. Il numero 1522 è attivo 24 ore su 24, tutti i giorni dell’anno ed è accessibile dall'intero territorio nazionale gratuitamente, sia da rete fissa che mobile. L'accoglienza è disponibile in italiano, inglese, francese, spagnolo, arabo, farsi, albanese, russo ucraino, portoghese, polacco.
«Il 1522 dopo avere fatto un'analisi dei bisogni attraverso una serie di domande, come per esempio “cosa ti succede”, “chi è l'autore della violenza”, “hai già chiesto aiuto”, “sei mai stata in ospedale”, “sei in carico a qualche servizio”, “hai già chiesto aiuto alle forze dell'ordine”, fornisce alla donna il riferimento più vicino per risolvere la sua situazione e quasi sempre è un centro antiviolenza». A parlare è Arianna Gentili, responsabile del 1522, esperta di violenza di genere. Insieme alle operatrici presenti all'interno del centralino, ogni giorno assiste donne vittime di violenza. «Accade anche che le donne ci chiamino mentre stanno subendo un'aggressione, quindi in emergenza. In quel caso possiamo fare da ponte con le forze dell'ordine, se loro ci autorizzano e mentre aspettiamo l'intervento degli agenti, restiamo al telefono con la vittima, cerchiamo di assisterla a distanza, non la lasciamo sola».
In alcuni periodi, il centralino del 1522 riceve fino a 80 chiamate al giorno. «Spieghiamo sempre che il centro antiviolenza garantisce la privacy totale e la donna che chiede aiuto non è obbligata a fare nulla», continua Arianna Gentili. «È uno strumento potentissimo messo a disposizione delle donne che subiscono violenza per iniziare a lavorare su quella parte di se stesse che ci fa sentire in qualche modo responsabili. Le donne non chiedono aiuto perché culturalmente ci hanno insegnato che se subiamo violenza abbiamo combinato qualcosa, stiamo mettendo in atto qualche comportamento che provoca questa reazione. Nei centri anti violenza l'obiettivo è leggere insieme da un punto di vista sociale e culturale la violenza, così da maturare la consapevolezza che non è un problema delle donne ma che è culturalmente un problema degli uomini che agiscono violenza per esercitare un potere che da secoli e millenni hanno esercitato».