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Covid, mascherine, varianti, cosa resta

A intervalli più o meno regolari (all'incirca di una decina d'anni) echeggia la frase: "Niente sarà più come prima". In questo millennio l'abbiamo sentita dopo gli attacchi terroristici del 2001, la crisi economica del 2008 e la pandemia (2019-continua). La profezia si auto-smentisce. In realtà, trascorso un periodo di durata variabile, la maggior parte delle cose tornano al loro posto. Qualcosa (non "niente") non resta come prima. Benché il covid non sia debellato, produca varianti, reinsorgenze a macchia di leopardo e ombre cinesi, si cerca di archiviarlo. Per farlo, si abbassa il simbolo dell'intera vicenda: la mascherina da domani non più obbligatoria sui mezzi di trasporto. E' come un rompete le righe che annuncia il rilassamento per chi lo voglia (quasi tutti).  

Che cosa resterà dunque di questi quasi tre anni vissuti pericolosamente? Qualcosa, un poco appena. 

I contatti.

a) individuali. Da tempo, dopo una breve esitazione, la ricerca di una conferma nello sguardo, come se si dovesse decidere di uscire contemporaneamente da una stanza o asseverare una menzogna, si è ripreso a stringersi la mano. Ad abbracciarsi. Tra parenti, amici, conoscenti, perfino sconosciuti. Anche alla fine di una cena a casa di un gentile ospite che ha avvicinato gradi di separazione. Senza più quel riserbo che scioglieva l'imbarazzo, si torna a baciare sule guance la moglie di un ignoto numero uno, a valutare il vigore o la mollezza del gesto del marito.  Annullato il distanziamento sociale, che era in fondo una regola di cortesia: faceva tenere per sé umori e bollori. C'era una grande enfasi sul giorno in cui avremmo potuto riabbracciarci, perfino l'allora presidente del consiglio lo indicò come un traguardo. La maniera indiscriminata e naturale con cui abbiamo ripreso a farlo sembra indicare non fosse un valore assoluto, ma relativo. Come spesso non conta la cosa in sé, vale di più se è vietata. 

b) di massa. Cenoni e buffet. Code e strusci. Resse e messe (tornerà a riempirsi pure l'acquasantiera). La vita pubblica si riaffolla, rivive riti necessari o superflui. Incaricando per la presidenza del consiglio Mario Draghi, il capo dello Stato Sergio Mattarella disse che elezioni anticipate erano sconsigliate anche dalla necessità di fronteggiare l'emergenza sanitaria. Le abbiamo appena avute. File ai seggi, schede passate di mano in mano senza più nessuna avvertenza o remora, calche mediatiche nelle sedi partitiche. Cautele l'è morta. Sono ormai minoranza gli alberghi che ancora servono la prima colazione fai da te. E' tornato l'all you can eat or touch. Davvero se ne sentiva la mancanza? 

Gli orpelli

"Mai più senza" è un'altra di quelle frasi che lasciano il tempo che hanno trovato. Con la mascherina, passano da primattori a comparse molti oggetti. Il primo è l'altro protagonista: il disinfettante. In quanti mezzi di trasporto o luoghi pubblici il dispenser già si rivela vuoto? Premi e non ti sarà dato. Nulla simboleggia una fine come un flacone senza contenuto. Se ne andrà anche il green pass, che ha diviso il Paese tra due fronti. Quando svanisce l'obbligo, scompare anche il rispetto di una norma. Prenderemo aerei e treni finalmente tutti insieme, virus incluso. Smonteranno le orribili tende da campo fuori dalle farmacie per il test rapido. Resteranno i non meno inguardabili tavolini su marciapiedi e parcheggi, un diritto acquisito, incartato nel fruscio della parola dehors. Non si faranno più film e libri ambientati durante il lockdown. I primi, comici o drammatici, erano comunque claustrofobici. I loro riferimenti andranno perduti nel tempo. I secondi erano filosofia istantanea, coglievano l'attimo e nulla più. Fuggito quello, liberi tutti. L'elevazione dei virologi, l'abbasso i virologi, sia finalmente pace ai virologi e ai dottori di buona volontà. 

Il lavoro

Come ha detto qualcuno, la pacchia è finita. Anche se non parlava dello smart working. Già terminato quello emergenziale, resta per lavoratori fragili o con figli sotto i 14 anni. Si trascura che da decenni intere categorie di non subordinati lo praticano senza averlo mai battezzato. Finché non hanno nome, le cose sono ombre. Quando si lavorava per forza da casa molti rimpiangevano l'ufficio e ora, tornati in ufficio, rimpiangono casa. Di nuovo risuona una frase fatidica, un tremendo rintocco che Zoom aveva silenziato: "Facciamo una riunione!". E' quasi un bisogno fisico, un'ansia da riassestamento. Si dovrebbe pensare, come insegnò Yogi Berra da allenatore di baseball: "Non è finita finché è finita". Lui intendeva "non arrendetevi", ma forse anche "non anticipate i tempi". Né gesti né conclusioni affrettate. Ma in questo momento ci piace più rovesciare la frase di John Lennon "Alla fine andrà bene. E se non va bene è la fine", decretando: "Bene, è finita".