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Darya Dugina, secondo l’intelligence Usa sarebbe stata uccisa dall’Ucraina

L’omicidio di Darya Dugina, 29 anni, figlia dell’«ideologo di Putin» dell’estrema destra ultra-nazionalista russa Alexander Dugin, sarebbe stato autorizzato da un «organo» (non meglio precisato) del governo ucraino. Lo sostiene l’intelligence Usa. 

La giornalista, classe 1992, abbastanza conosciuta in Russia, era una convinta sostenitrice dell’invasione russa in Ucraina e aveva anche ricevuto sanzioni dagli Stati Uniti e dal Regno Unito per aver diffuso online fake news sulla guerra (era l'editrice di un sito web di disinformazione, United World International). È morta il 20 agosto, uccisa dall’esplosione di una bomba che era stata posta sull’auto su cui viaggiava.

Gli Stati Uniti, secondo le fonti dell’intelligence, non erano a conoscenza di questo piano. Non è chiaro chi esattamente, secondo gli Usa, sarebbe il mandante dell’omicidio, né se l'intelligence statunitense creda che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky fosse a conoscenza del complotto o lo avesse autorizzato.

Ma, come riferisce il New York Times, l’opinione dell'intelligence americana sembrerebbe confermare il convincimento delle autorità russe, secondo cui l'attentato sarebbe stato «pre-pianificato». La Russia aveva accusato i cittadini ucraini di essere i promotori dell'attacco, ma l'Ucraina aveva fortemente negato ogni responsabilità.

I funzionari dell'intelligence statunitense ritengono che Dugina stesse guidando l'auto di suo padre, una Toyota Land Cruiser Prado (lo ha anche confermato un’amica della donna), la notte in cui è stata uccisa, e che, quindi, Alexander Dugin fosse il vero obiettivo dell'operazione.

Pochi giorni dopo la morte di Dugina, le autorità russe hanno accusato una donna ucraina, Natalya Pavlovna Vovk, di aver fatto esplodere a distanza gli esplosivi collocati sull’auto, e di essere poi fuggita attraverso la regione di Pskov, per arrivare in Estonia. Oleksii Danylov, segretario del Consiglio di sicurezza nazionale ucraino, aveva immediatamente negato ogni responsabilità. Il consigliere di Zelensky, Mykhailo Podolyak, aveva aggiunto che quell’accusa rifletteva il «mondo immaginario» in cui opera il governo russo.

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