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Donald Trump avvia la sua campagna elettorale negando ogni reato a lui imputato

Donald Trump apre la sua campagna elettorale in un comizio a Waco, in Texas, attaccando direttamente il suo inquisitore, alla vigilia della riunione del gran giurì che lunedì potrebbe decidere sulla sua incriminazione nel caso della pornostar Stormy Daniels. Ha detto: “Il procuratore di New York mi persegue per qualcosa che non esiste, non è né un crimine né un delitto, non c’é stato nessun affair con quella faccia da cavallo che non mi é mai piaciuta”. Paragona poi le inchieste che lo incalzano allo “spettacolo horror della Russia stalinista”. Trump attacca tutto e tutti, in un momento e in un luogo altamente simbolici.

In questi giorni infatti ricorre il 30esimo anniversario dell’assedio di Waco, la controversa operazione dell’Fbi per espugnare il ranch della setta religiosa dei davidiani, sospettata tra l’altro di avere un arsenale illegale. L’assedio, durato 50 giorni e conclusosi con un incendio nel quale morirono 86 persone, è visto da molti estremisti di destra come un esempio degli abusi da parte del governo e i media Usa ritengono che Trump abbia voluto così mobilitare la parte più radicale della sua base, suggerendo un accostamento con la sua situazione di “perseguitato” dalla giustizia. Nel mirino del suo comizio il “regime di Biden” che usa la magistratura come un’arma trasformando il paese in una “repubblica delle banane”, “l’Fbi corrotto”, il “deep state” che gli rema contro, le fake news, comunisti e marxisti, l’invasione degli immigrati al confine col Messico, le “elezioni rubate”. E poi gli attacchi personali contro Hillary Clinton, Hunter Biden e lo stesso Biden, accusati di aver preso soldi dalla Cina. Strali anche per Ron DeSantis, considerato il suo principale rivale potenziale nelle presidenziali, tacciato di ingratitudine dopo che lo aveva supplicato per un endorsement a governatore della Florida che lo lanciò “come un razzo”.