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Ecco perché Giorgia Meloni non ritira la querela a Roberto Saviano

Intervistata dal Corriere della Sera, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha dichiarato che non farà sconti a Roberto Saviano nel processo per diffamazione la cui prossima udienza sarà il 12 dicembre. Lo scrittore era stato rinviato a processo il 5 novembre 2021, dopo la denuncia di Giorgia Meloni, che si era vista definire «bastarda» dalla scrittore durante una puntata di Piazzapulita su La7, nel dicembre del 2020. Roberto Saviano aveva detto: «Vi sarà tornato alla mente tutto il ciarpame detto sulle ong: “taxi del mare”, “crociere”… viene solo da dire bastardi. A Meloni, a Salvini, bastardi, come avete potuto? Come è stato possibile, tutto questo dolore descriverlo così? È legittimo avere un’opinione politica ma non sull’emergenza». 

Al direttore Luciano Fontana che gli chiedeva se intendesse ritirare la querela contro Saviano, come aveva ventilato il suo avvocato alla prima udienza del processo, il 15 novembre, la leader di Fratelli d'Italia e premier ha negato, spiegando: «No, non penso di farlo. Io ho presentato la querela quando ero capo dell’opposizione. L’ho fatto non perché Saviano mi aveva criticato sull’immigrazione ma perché, nel tentativo vergognoso di attribuirmi la responsabilità della morte in mare di un bambino, mi definiva in tv in prima serata una “bastarda”. E quando gli è stato chiesto se quella parola non fosse distante dal diritto di critica ha ribadito il concetto». Nel dicembre 2020, infatti, Meloni era una deputata, leader di Fratelli d'Italia, all'opposizione del governo Conte Bis, che scricchiolava, insieme alla Lega di Matteo Salvini. 

Roberto Saviano, intervistato da Domani - quotidiano ugualmente querelato dalla Meloni per diffamazione per un articolo di Emiliano Fittipaldi «che non aveva dato un giudizio su Meloni, ma solo riportato un dato di fatto tratto da un verbale» come ha scritto Nello Trocchia - ha sostenuto che la querela andrebbe ritirata, perché va difesa la libertà di opinione. «Il pericolo sta nella sproporzione tra il querelante e il querelato, e nella natura stessa del reato per il quale verremo giudicati, che è un reato di opinione», ha detto. «Questa maggioranza politica intende condurci verso quella che Eduardo Galeano battezzò “democratura”: una democrazia che millanta un’appartenenza ai valori democratici, ma che agisce di fatto in maniera illiberale, scagliandosi contro le sue figure più esposte a suon di querele e attacchi personali. Solo alla persona senza voce si lascia una comoda libertà di critica, ma a chi dispone di un megafono, di un palco, di spazio, in una “democratura” viene resa la vita difficile».

Giorgia Meloni, in dialogo con Fontana, ha però aggiunto che ritirare la querela significherebbe, essendo stata all'epoca lei una deputata e non la premier, «ritenere che la magistratura avrà un comportamento diverso in base al mio ruolo, ovvero che i cittadini non sono tutti uguali davanti alla legge». Per poi concludere: «Io credo che tutto verrà trattato con imparzialità, vista la separazione dei poteri. Ma penso anche che una certa sinistra non debba considerarsi al di sopra della legge».

Ricordiamo che il reato di diffamazione aggravata - in questo caso dal fatto che la diffamazione sarebbe avvenuta in un talk show televisivo - è punita con la reclusione da sei mesi a tre anni o la multa non inferiore a 516 euro. Tuttavia, nella pratica, la pena viene raramente applicata e spesso è sospesa.\