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Elezioni regionali Lazio: crescita economica più lenta che nel Nord Italia

La tornata per eleggere il nuovo Consiglio regionale del Lazio è alle porte: domenica 12 e lunedì 13 febbraio oltre 5 milioni di elettori saranno chiamati a votare. Molto dipenderà dalle condizioni economiche in cui è stata lasciata la Regione dalla precedente amministrazione e sulle capacità di quella entrante di rilanciare il Lazio e di portarlo a pieno titolo tra le regioni più competitive d’Europa. Anche se nella valutazione dovrebbero pesare gli eventi imprevisti degli ultimi anni, la crisi pandemica prima e il caro energia dopo. Ma qual è la situazione nel Lazio?

Nel primo semestre del 2022 l’attività economica del Lazio è cresciuta del 5,8% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (5,7 in Italia), superando di circa un punto percentuale il livello precedente la pandemia. È  quanto emerge dall’ultimo aggiornamento congiunturale pubblicato da Banca d’Italia lo scorso novembre. Un buon risultato rispetto la performance del 2021, quando la Regione ha recuperato un 6,3%, contro il +6,6% dell’intero Paese. Inoltre, la crescita è stata frenata dai rincari energetici che, insieme all’incertezza collegata alla guerra in Ucraina, condiziona anche le prospettive di crescita.

I settori che stanno trainando maggiormente la ripresa della nostra Regione sono, senza dubbio, il settore delle costruzioni, immobiliare, turismo e servizi. Dunque, il mattone che da sempre è considerato un investimento sicuro, si conferma uno dei pilastri. Anche l’industria manifatturiera ha riscontrato dati positivi, nonostante le crescenti difficoltà sul piano energetico.

I dati, dunque, offrono l’immagine di una Regione – la seconda regione in Italia per Pil dopo la Lombardia – che ha recuperato il gap generato dalla pandemia, ma che cresce a un ritmo più lento rispetto al Nord e soprattutto alla Lombardia che invece si espande sempre di più e porta in dote alla prossima giunta un dossier ricco di crescita. Ma a frenare il Lazio ci sono diversi nodi ancora irrisolti: in primis rifiuti e sanità. E la corsa delle elezioni del prossimo weekend si giocherà proprio su queste carte.

I settori e le imprese

Nel 2022 la ripresa è stata favorita dal buon andamento dei flussi turistici, del settore edile e delle esportazioni. Le aziende dell’industria e dei servizi, intervistate dalla Banca d’Italia, hanno registrato un significativo recupero del fatturato a prezzi correnti, ma le aspettative per i prossimi sei mesi sono di un rallentamento. Gli investimenti hanno ristagnato, sebbene siano stati più vivaci per le aziende industriali di grandi dimensioni e per i settori della chimica, gomma e plastica.

Tuttavia, la crescita è stata frenata dai rincari energetici. Per quasi un quarto delle imprese del Lazio, meno di un quinto nella media nazionale, i costi dell’energia hanno inciso in misura elevata sul totale della spesa sostenuta per l’acquisto di beni e servizi (per oltre il 20%).

Secondo Unindustria, il Lazio ha una forte vocazione imprenditoriale e industriale. Occorre dunque recuperare le posizioni perse negli anni e dare un nuovo slancio all’occupazione, puntando sulla crescita del sistema economico e imprenditoriale .

Costruzioni in forte ripresa, Turismo lontano dai livelli pre-Covid

Nella prima parte del 2022 il settore delle costruzioni ha continuato a crescere, trainato dalle agevolazioni fiscali connesse con le ristrutturazioni (in primis il Superbonus) e anche dal buon andamento del mercato immobiliare. Le compravendite di immobili residenziali sono aumentate complessivamente del 9% rispetto allo stesso periodo del 2021 – poco meno della media nazionale – quelle di immobili non residenziali del 16,5% (9,2 in Italia). In base alle informazioni dell’Osservatorio del mercato immobiliare, i prezzi delle abitazioni sono cresciuti del 5,6% (4,9 nella media italiana); mentre nel segmento non residenziale le quotazioni sono ulteriormente calate.

Il miglioramento congiunturale è stato più̀ intenso nel settore dei servizi. La crescita è stata più̀ elevata per le aziende che svolgono attività̀ commerciali, alberghiere e di ristorazione, trainata dalla forte ripresa dei flussi turistici. Le aziende si attendono un aumento di simile intensità nei prossimi sei mesi. Questo perché i costi energetici incidono di meno per le imprese dei servizi rispetto a quelle industriali.

Sulla base dei dati dell’indagine della Banca d’Italia sul turismo internazionale, nel primo semestre del 2022 la spesa dei viaggiatori stranieri in regione è notevolmente aumentata rispetto allo stesso periodo del 2021, portandosi dal 10,1 al 15,4% del totale nazionale. Nonostante il recupero, le presenze turistiche complessive sono ancora inferiori a quelle pre-Covid.

Gli scambi con l’estero

Nel primo semestre del 2022 le esportazioni sono aumentate del 15,9% (11,5% nel 2021). L’incremento però è stato inferiore a quello medio italiano e del Centro.

Il maggiore contributo alla crescita (poco più di due terzi) è derivato dai settori della chimica e della farmaceutica, che costituiscono la metà delle esportazioni regionali. Tra gli altri principali settori, il coke e prodotti raffinati e quello dei computer e apparecchi elettronici hanno contribuito ciascuno per circa il 4%. Sono cresciute anche le esportazioni della gomma, delle materie plastiche, dei minerali, degli apparecchi elettrici e degli alimentari, bevande e tabacco. I mezzi di trasporto, che incidono per circa il 10% sulle esportazioni totali, hanno fatto segnare invece un leggero calo, accompagnato da quello più̀ intenso dei prodotti in metallo.

Con riferimento ai mercati di sbocco, l’Ue, che assorbe circa i due terzi dell’export regionale, ha contribuito per quasi il 90% alla crescita complessiva. L’incremento registrato nell’area dell’euro è stato trainato dalle vendite verso la Spagna. Tra i paesi extra Ue, alle maggiori vendite in Asia e nel Regno Unito, è corrisposto un calo negli Stati Uniti.

Il mercato del lavoro e le famiglie

Nel primo semestre 2022 l’occupazione è cresciuta del 4,2% rispetto allo stesso periodo del 2021, più che in Italia (3,6%). Il tasso di occupazione si è portato così al 61,8% (59,8 nella media nazionale) e nonostante il rallentamento registrato nel secondo trimestre, l’occupazione ha quasi recuperato il livello pre-pandemico.

All’aumento occupazionale hanno contribuito soprattutto i servizi (4,9%), grazie alla ripresa dei flussi turistici, in particolare nel comparto del commercio, alloggio e ristorazione per un totale di +18,9%. Ma a trainare l’aumento è stato il settore delle costruzioni (21,6%). Si è intensificato il ricorso al tempo indeterminato, sospinto dalle trasformazioni dei contratti a carattere temporaneo, e si sono ridotte le integrazioni salariali. I disoccupati e il tasso di disoccupazione sono diminuiti, rispettivamente del 23,4% e del 2,5%. Il tasso di disoccupazione si è ridotto così al 7,8% (8,4 nella media nazionale).

Il mercato del credito

Dopo il marcato calo dello scorso anno, nella prima parte del 2022 i finanziamenti alle imprese sono tornati a crescere (0,9%), grazie all’andamento dei prestiti alle grandi imprese. L’aumento si è concentrato nei settori estrattivo ed energetico, mentre si è registrato un calo in quello manifatturiero.

Nonostante l’aumento dei tassi della Bce, nel primo semestre del 2022 le nuove erogazioni di mutui per l’acquisto di abitazioni sono state pari a 3,7 miliardi di euro, in crescita di circa l’11% rispetto allo stesso periodo del 2021, accompagnandosi al buon andamento delle compravendite immobiliari. Però il tasso fisso è cresciuto, superando il tasso variabile dopo un biennio di sostanziale parità. Tuttavia, la quota di mutui a tasso fisso sulla totalità̀ delle nuove operazioni resta comunque predominante e pari a circa l’80% dei nuovi contratti (90% nell’ultimo trimestre del 2021).

Nel primo semestre del 2022 la qualità del credito erogato alla clientela non ha mostrato segnali di peggioramento e il tasso di deterioramento è rimasto su livelli inferiori a quelli del periodo pre-Covid.

La sanità

Il sistema sanitario rimane al centro della campagna elettorale. Carenza di personale, precari ancora nel limbo che si traducono in lunghe liste d’attesa e in un ritardo di una diagnosi che va ad aggravare sia il paziente che le casse pubbliche. È il motivo per cui recuperare velocemente le prestazioni sanitarie perse durante il Covid è una necessità per il Servizio sanitario nazionale e una assoluta priorità per il Lazio, in cui la sanità rappresenta la principale destinazione della spesa primaria corrente della Regione.

I costi del servizio sanitario nel Lazio hanno registrato un aumento significativo nel 2020 (5,6% la variazione dei costi totali) che, in base a dati ancora provvisori, è proseguito, più̀ moderatamente, nel 2021. In tale anno, la spesa a favore dei residenti è stata pari a 2.155 euro pro capite, lievemente inferiore al dato medio nazionale e delle RSO (rispettivamente, 2.233 e 2.214 euro). Nel biennio la dinamica dei ricavi è risultata contenuta e non sufficiente a coprire i maggiori oneri derivanti dell’emergenza sanitaria. A tal fine, a livello nazionale sono state stanziate risorse aggiuntive (sia risorse Covid-19 sia quelle previste dal Fondo sanitario nazionale), che hanno consentito di compensare le ricadute sui bilanci dal lato sia dei costi sia dei ricavi.

Ulteriori risorse sono state assegnate al Lazio nell’ambito del PNRR, al fine di favorire il rafforzamento strutturale dell’offerta sanitaria in regione entro il 2026. Tali risorse potrebbero rilanciare la spesa per investimenti della Regione e degli enti sanitari rispetto ai valori osservati nel triennio precedente la crisi sanitaria, quando tale spesa risultava in media pari a 26 euro pro capite, contro i 52 a livello nazionale. Nel caso in cui tali fondi venissero pienamente utilizzati nei tempi previsti, essi consentirebbero di raddoppiare la spesa complessiva per investimenti rispetto ai valori registrati nella media del periodo 2017-19. E sulla capacità di concretizzare l’occasione storica per la sanità si giocherà la prossima amministrazione regionale Lazio.

La gestione dei rifiuti

In tema di economia circolare, il Lazio è terz’ultimo in Italia (sopra solo a Calabria e Sicilia) quanto a riciclo e raccolta differenziata secondo l’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e l’Anci (Associazione nazionale comuni italiani). Ma a trascinare la Regione al di sotto della media nazionale (61,3%) è Roma. La Capitale registra un livello della raccolta differenziata tra i più bassi d’Italia (46%) e produce giornalmente circa 2.600 tonnellate di rifiuti indifferenziati al giorno.

Numerosi sono stati gli incidenti registratisi negli impianti, ultimo in ordine di tempo l’incendio verificatosi nel sito di Malagrotta. A causa dell’inadeguatezza degli impianti esistenti, circa il 30% dei rifiuti romani viene conferito in discarica, mentre una buona parte viene spedita in altre regioni d’Italia o all’estero. Per chi acquista l’immondizia dalla Capitale è un vantaggio in quanto buona parte dei rifiuti viene incenerito, per ottenere energia elettrica. E paghiamo all’incirca 170 milioni l’anno. Per i romani ciò si traduce un aumento delle spese di gestione, motivo per cui a Roma si registra una tassa sui rifiuti (TARI) più alta rispetto alla media nazionale.

A fronte di un quadro allarmante, l’amministrazione capitolina ha annunciato la volontà di costruire un termovalorizzatore, la cui realizzazione ricadrebbe nelle competenze attribuite alla Regione. Nonostante la decisione sia stata accolta da molti come un cambio di passo importante, ha ricevuto la contrarietà di partiti e comitati dei cittadini, conviti che la soluzione migliore sia quella di potenziare il sistema della raccolta differenziata. Nell’ultimo anno qualcosa è cambiato, ma i problemi cronici dei rifiuti nella regione – e soprattutto nella Capitale – sono ancora lontani dalla risoluzione, e non si può più tergiversare. La gestione dei rifiuti, insieme alla sanità, rimane uno dei temi più caldi che sposterà l’ago della bilancia politica cittadina alle prossime elezioni regionali.

Altri temi cruciali secondo Unindustria

La Confindustria romana, lo scorso venerdì, ha illustrato le priorità delle imprese e del territorio per la prossima giunta regionale, soffermandosi sui punti di forza e di debolezza di Roma e del Lazio. La sanità e i rifiuti sono temi importanti e di maggiore interesse pubblico, ma tendono a lasciarne in disparte altri altrettanto cruciali. Come il settore farmaceutico, quello di difesa e aerospazio, e ancora il digitale, cinema, energia e automotive. Così come la formazione e l’istruzione. Tutti punti su cui vale la pena di concentrarsi per ridare la carica ad una Regione che vanta il secondo Pil dello stato ma che cresce con un tasso inferiore rispetto ad altre del Nord Italia. E che invece ha tutte le carte in regola per essere un esempio e un punto di riferimento per il Paese.