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Emanuela Orlandi, parte numero 5 del memoriale Accetti, idea del finto sequestro: si comincia con Mirella Gregori

Emanuela Orlandi, parte numero 5 del memoriale Accetti, idea del finto sequestro: si comincia con Mirella Gregori, un ragazzo doveva sedurla

Emanuela Orlandi, parte numero 5 del memoriale Accetti, idea del finto sequestro: si comincia con Mirella Gregori, un ragazzo doveva sedurla
Emanuela Orlandi, parte numero 5 del memoriale Accetti, idea del finto sequestro: si comincia con Mirella Gregori, un ragazzo doveva sedurla

Emanuela Orlandi, parte numero 5 del memoriale Accetti, idea del finto sequestro: si comincia con Mirella Gregori, un ragazzo doveva sedurla

Emanuela Orlandi, parte numero 5 del memoriale del 2014 di Marco Accetti, in arte Marco Fassoni Accetti. 

L’dea del finto sequestro

Il finto sequestro, fin dalla sua concezione, doveva restare una mera minaccia, che si manifestava attraverso palesi pedinamenti, che avrebbero dovuto creare un allarme.
L’idea iniziale del finto sequestro venne con la promessa ad Agca di liberarlo con il sequestro di un diplomatico vicino agli ambienti della Città del Vaticano. Prima di questo, nell’80, c’era solo l’intenzione di minacciare monsignor Marcinkus con la fittizia testimonianza di due donne adulte.
Il finto sequestro sarebbe diventato operativo solo in caso il signor Agca avesse manifestato l’intenzione di raccontare la sua partecipazione al finto attentato. Infatti non ci adoperiamo fino al maggio ’82, mese in cui lo stesso comincia a calunniare la Delegazione bulgara. Poi si aspettò l’83 per ispirarci alla promessa dei Servizi dell’81, che entro due anni sarebbe stato graziato se avesse collaborato.

1983
Nei primi mesi del ’83 ci si chiede di creare un’azione che faccia comprendere come non meglio identificati Servizi occidentali cerchino d’influire sulle indagini per l’attentato al Pontefice.
Sappiamo di ispezione giudiziale nella dimora di Antonov.
Verso Marzo dell’83 persone vicine alla Staatssicherheit sono a conoscenza del prossimo incontro, la cui data è da definirsi, tra il Pontefice e il detenuto Agca, che potrebbe essere strumentalizzato in chiave anticomunista. In verità, oltre che neutralizzare tale rischio si deve rendere tale incontro in valenza positiva, per cui cominciamo ad adoperarci ad organizzare quello che sarà il finto sequestro della Orlandi e l’uso di un ragazzino per fittizie accuse di pedofilia. Nei mesi dopo sceglieremo tale “Stefano”di dodici anni, di Corso Vittorio Emanuele II. Al tempo stesso sono necessarie alcune misure per contrastare l’uso politico che il Giudice Martella sta adoperando nei confronti delle sue stesse indagini.

Nel corso di questi mesi operammo una grande pressione per far revocare il titolo di Gentiluomo di Sua Santità all’avvocato Ortolani.
Operammo altra pressione su monsignor Tucci affinché lasciasse la sua carica di membro del Consiglio Direttivo della Università di Georgetown, in quanto la stessa era incompatibile con la presenza di alcune personalità.
Verso Marzo la Costituzione Apostolica “Ut Sit” diventò esecutiva. Vi contribuì massimamente il Nunzio Apostolico presso lo Stato Italiano monsignor Carboni (e in seguito, nelle pressioni operate per ottenere l’appello del Presidente della Repubblica Italiana Pertini, furono compiute delle rappresaglie per il suddetto comportamento del Monsignore).
Nel corso degli stessi mesi avemmo l’impressione che il Pontefice si apprestasse a sostituire monsignor Marcinkus alla guida dell’Istituto Opere di Religione con il dottor Stoppa della Sezione Ordinaria della Prefettura per gli Affari Pubblici della Chiesa.

Prima si pensa a Mirella Gregori, procurandole anche il ragazzo del quale doveva innamorarsi:

7 maggio
Gregori.
Ricordando che alla fine di dicembre 1981 i Servizi d’Informazione italiani fecero presente al detenuto Agca che, in cambio di una collaborazione con la Magistratura, con il perdono del Pontefice già avuto, avrebbe ottenuto la grazia presidenziale entro i due anni. Per cui serviva una ragazza “vaticana” ed una ragazza italiana. Quindi cercammo una ragazza italiana, che non conoscesse la Orlandi né frequentasse lo stesso ambiente, per evitare che si pensasse che tra le ragazze si potesse essere verificata una collusione. Ma per dare un senso di unità tra le due persone la cercammo con le stesse caratteristiche fisiche e la stessa età. Questa adolescente doveva inoltre abitare nei pressi della casa del sovrastante Bonarelli, e che al tempo stesso potesse servire della linea d’autobus che all’epoca conduceva dalla Nomentana alla piazza della Stazione di San Pietro. Tra molte ragazze individuate scegliemmo la Gregori per l’aspetto finanziario del padre e la temperatura caratteriale della stessa. Una persona vicina all’imprenditore De Pedis si occupò autonomamente di soddisfare i bisogni economici del signor Gregori.

Noi non avremmo voluto che le due storie, Orlandi e Gregori, potessero assomigliarsi, per cui l’una “scappa” per una storia d’amore (Gregori) e l’altra deve aiutare il padre ricattato (Orlandi).

La Gregori il giorno dopo la litigata con il ragazzo scappava, sia per vendicarsi dello stesso, sia per un incipiente amore verso un altro ragazzo conosciuto l’estate prima all’estero, e che, chiamato al telefono dalla Mirella il 6 maggio, viene in Italia a prenderla. Lei vuole stare un po’ di tempo come in vacanza e poi tornare. Tutto ciò lo scrive in una lettera, che consegna ad un’amica da fare avere ai suoi genitori, ma l’amica per timore e pudore non la consegna ( In verità all’inizio l’amica realmente avrebbe dovuto consegnare la lettera di Mirella ai genitori, per avvalorare la scappatella, così come faranno Pierluigi e Mario in seguito con la Orlandi. Ma noi considerammo che le due storie non dovessero troppo assomigliarsi e preferimmo per la Gregori una semplice scomparsa, senza alcun indizio di possibile “scappatella”. Sempre nella realtà noi avevamo già presentato un bel ragazzo alla Mirella tempo prima. Costei si era innamorata al punto che voleva lasciare il precedente ragazzo, ma noi glielo impedimmo perché ci serviva la litigata da verificarsi al bar come pretesto per il tutto. Questo ragazzo straniero, la incontra “casualmente” in via Nomentana, dicendole di averla vista nel paese di vacanza dell’estate prima, e le chiede di non raccontare a nessuno della sua presenza in quanto lui non è con i documenti in regola.

Nella pensione “Porta Pia” dove soggiorna è in conoscenza con il proprietario che lo ospita tralasciando il problema dei documenti. Nella nostra finzione sarà questo ragazzo a citofonarle. Lei fa credere alla madre che si tratta di un innocuo compagno di scuola, (in verità chi citofona è l’amica, da noi ripresa filmicamente anche con sonoro, come accadrà, solo fotograficamente, con la compagna di scuola del Convitto della Orlandi alla fermata del bus alle 19). Questi filmati e fotografie servivano per avvalorare la presenza di testimoni e al tempo stesso per far sentire le ragazze come coinvolte, compromesse, vincolandole al silenzio. Ambedue le ragazze, amica Gregori e compagna Orlandi, non devono essere presenti agli appuntamenti principali per non vedere il volto dell’imprenditore, questo per sua sicurezza, e anche per la sicurezza delle ragazze, in quanto in seguito non temeranno del fatto di essere state testimoni di un evento in cui era presente un personaggio della malavita (quando un giorno avrebbero forse appreso dell’identità dello stesso).

La Gregori prima d’andare all’appuntamento si reca presso l’amica dove si cambia d’abito, in quanto gli stessi che indossava erano conosciuti dalla madre, che li avrebbe descritti agli inquirenti. (In realtà la cambiata nuova era già stata portata dalla Gregori all’amica il giorno prima e dalla stessa occultati). I vestiti furono concordati tra noi e la Gregori tempo prima, dovevano essere identificabili e contrassegnati da etichette. Se la Gregori fosse tornata dopo ch’era divenuto pubblico il finto “sequestro” avrebbe raccontato che qualcuno conosceva la storia della sua “scappatella” ed aveva inventato il finto sequestro. Lei era all’estero e non ne aveva mai saputo niente.
Noi volevamo dare l’impressione che qualcuno (sovrastante Bonarelli) conoscente della Gregori e della sua amica potesse aver architettato il “finto sequestro”.
Per esercitare la nostra pressione su alcune persone vicine all’ex-gendarmeria, noi dovevamo minacciare costoro di rivelare pubblicamente il fatto di questo finto sequestro, e per farlo avevamo due possibilità:

1) – L’amica viene intercettata dagli inquirenti mentre parla con la Gregori e le esterna il dubbio che sia stato un loro conoscente comune ad inventare il finto sequestro ma senza farne il nome.
2) – Nostra lettera anonima che recita: qualcuno (Bonarelli) ha saputo dall’amica della Gregori che la stessa aveva avuto una litigata al bar con il ragazzo. L’indomani questo qualcuno, seduto al bar sul marciapiede, s’incuriosisce vedendo la Gregori entrare nel posto dell’amica con un abito ed uscirne indossando altri vestiti. Quando l’indomani, il 7 maggio saprà, sempre dall’amica, che la Gregori è scomparsa si insospettisce e, non visto, entra nel luogo dell’amica e cercando trova e porta via i vestiti della Gregori che erano stati nascosti. In seguito costui avrebbe inventato il finto sequestro facendo fare la telefonata nella quale si elencano con precisione i vestiti. (In verità i vestiti non furono mai occultati, ma lo stesso pomeriggio del 7 maggio, dopo che la Gregori andò all’appuntamento indossando la nuova cambiata, l’amica consegnò alla ragazza tedesca una busta con all’interno i vecchi abiti).

Noi quindi mettevamo sotto pressione alcune persone dell’ex-gendarmeria per far credere che questi avessero un rapporto di connivenza con il dottor Gugel. La pressione era di poter rivelare il nome della persona dell’ex-gendarmeria (Bonarelli), uno scandalo che noi ci riservavamo di creare, (ma non lo avremmo mai messo in atto, era solo una spada di Damocle sospesa). Una concatenazione che passava dal sovrastante Bonarelli, arrivava a Gugel, addetto di Anticamera Papale, che aveva buoni rapporti con l’ex-gendarmeria, ed attraverso questi poteva influire su monsignor Heimo, sempre dell’Anticamera Papale, appartenente alla Consulta Pastorale Peregrinatio ad Petri Sedem e responsabile delle udienze papali degli ecclesiastici polacchi. Volevamo essere a conoscenza dell’identità degli ecclesiastici venuti dalla Polonia per le udienze e volevamo, al tempo stesso, inserire alcuni nostri ecclesiastici polacchi nelle stesse udienze. Tra l’altro monsignor Heimo si occupava dei passaggi finanziari presso il territorio della Germania Federale dei finanziamenti alla cellula radicale del sindacato Solidarnosc.

La Gregori, quando tornerà dalla “scappatella”, non dovrà rivelare il nome del vero ragazzo che le avevamo fatto incontrare precedentemente.
Noi facciamo sapere all’ecclesiastico vicino monsignor Marcinkus: la Gregori, dopo essere tornata alla propria abitazione e raccontata la versione della scappatella sopra esposta, potrebbe dire d’aver mentito, e cioè: che un ragazzo della Avon l’aveva fermata proponendole di lavorare per la stessa ditta, e la conduce, per mostrarle del materiale nella solita villetta, dove monsignor Marcinkus, essendo a conoscenza di una pressione a carattere economico adoperata da uomini dell’imprenditore De Pedis nei confronti del di lei padre per debiti precedentemente contratti, le fa la proposta di partecipare ad un finto sequestro (in verità noi facciamo capire all’ecclesiastico vicino a monsignor Marcinkus che è stato il Monsignore a mandare gli uomini dell’imprenditore che già lo aiutarono nell’omicidio dell’avvocato Pecorelli, in quanto lo stesso aveva pubblicato nella nota lista di presunti massonici il nome di monsignor Marcinkus).

Alcuni dei motivi, per cui gli uomini dell’imprenditore entrano nel bar il giorno della inaugurazione, sono:
1) – La loro truce apparizione conferma alla Mirella che il padre è realmente in pericolo per i debiti contratti.
2) – Per produrre testimonianza presso gli astanti, che confermerebbe, nel caso la ragazza in futuro dovesse raccontare su monsignor Marcinkus, come gli stessi figuri apparsi siano proprio uomini vicini all’imprenditore, il quale agirebbe in appoggio a monsignor Marcinkus.
3) – Come trait de union con il futuro evento della Orlandi, in quanto sono gli stessi uomini che l’hanno “pedinata”.
La Gregori potrebbe, istigata da noi, che dopo aver visto “casualmente” una foto di monsignor Marcinkus su di un giornale, e avendone compreso l’identità, volerlo denunciare. Mentre la Orlandi, sapendo di questa denuncia della Gregori, conseguentemente riconosce trattarsi dello stesso Monsignore da lei conosciuto, e delibera a sua volta di “raccontare”.
Nella nostra accusa verso monsignor Marcinkus di aver architettato il finto sequestro della Gregori, ecco come lo stesso si sarebbe dovuto svolgere : l’uomo “Avon” si spaccia al citofono per Alessandro, l’ex-compagno di scuola della Gregori, e all’appuntamento a Porta Pia le dice di essere un amico di Alessandro e che la deve condurre da lui. Una volta in macchina la obbligano a salire su di un camper che in seguito sosterà presso un luogo riconducibile al dottor Macioce.

Approccio reale da noi operato nei confronti di Mirella Gregori.
Un fittizio sacerdote della parrocchia di San Giuseppe, insieme alla ragazza tedesca fintasi ragazza dell’Azione Cattolica che aiuta il sacerdote, fermano la Gregori mentre costei è in compagnia del suo – nostro “ragazzo” e dicendole dei debiti contratti dal padre e della conseguente pressione operata da certi malavitosi. Il “sacerdote” le fa presente di volervi porre un rimedio e le racconta la storia per converso: per fermare il ricatto di questi usurai vicini all’imprenditore nei confronti del padre bisogna aiutare un prelato vicino monsignor Marcinkus, che deve anche lui adoperarsi contro di loro in quanto gli stessi usurai pretendono la restituzione di denaro anche dalla sua persona.
Per far “sparire” la ragazza fu scelto il giorno dopo l’inaugurazione, in modo di far suggestionare –comprendere che, dopo aver prestato i fondi al padre, ora si passava ad “incassare” il favore che lui avrebbe dovuto ricambiare, e cioè il consentire che si “usasse” la figlia per l’operazione del finto sequestro. Suggestionare il padre, la stessa figlia e i nostri reali interlocutori.

I vestiti.
Furono presi, come detto, dalla ragazza tedesca, che aveva occultato i propri capelli biondi dentro una parrucca castana, e le furono consegnati in una busta dall’amica della Gregori.
Era nelle nostre ipotesi poterli nascondere nella sede o abitazione di un qualcuno presso il quale operavamo pressioni, e minacciare lo stesso di far rintracciare gli abiti dagli inquirenti dopo una nostra segnalazione anonima. Ogni singolo capo poteva essere nascosto presso dimore diverse. Per questo i vestiti furono scelti dalla Gregori, dietro nostra indicazione, con etichetta facilmente identificabile. La ragazza ci diede in anticipo la lista degli stessi abiti. Per questo motivo, in seguito, rendemmo pubblica la lista dei vestiti.

Note: “Uomo Avon”: abbiamo creato un “personaggio” inesistente ma con riferimenti verso una persona reale, ma estranea ai fatti. Facendo credere che questo personaggio fosse stato gestito da monsignor Marcinkus e da alcuni elementi del Servizio D’Informazione della Sicurezza Militare, dallo stesso monsignore conosciuti nell’autunno del 1981.

La ballata dei “codici”, una vera sarabanda:

Quindi la Gregori si indirizzò da sola verso il piazzale di Porta Pia. Io e la ragazza tedesca la seguimmo in macchina fino al piazzale, dove parcheggiammo. L’ora precisa doveva essere le 15:30, la data di Fatima sotto anagramma – sciarada, e cioè 13-5, e in seguito, la Orlandi, con l’appuntamento alle ore 7 della sera avrebbe completato la data con il 7 del 1917. Quindi 13-5-1917.
Giunta nella piazza, la Mirella si posizionerà al segno concordato giorni prima. Arriva la BMW verde con l’imprenditore ed eseguivamo le fotografie, senza alcuna simulazione per eventuali testimoni. L’imprenditore si allontanava e veniva sostituito per le riprese da un idealista. Furono eseguite altre fotografie, dopo di che la Mirella si allontanò per raggiungere decine di metri più in là il ragazzo svizzero, con il quale si accompagnò presso l’abitazione di via di Santa Teresa, dove la coppia era ospite di un altro ragazzo locatario dell’appartamento. Alla ragazza attribuimmo un nome che avrebbe dovuto ricordare come codice il nome della moglie del signor Antonov, Rossitza.

(Pongo una riflessione: La madre di Mirella riferisce che la figlia le disse di aver ricevuto una citofonata da parte di un ex-compagno di scuola di sedici anni, tale Alessandro. Ora, non si può pensare che un sequestratore possa conoscere l’esatta voce di costui, nè tantomeno saperla riprodurre, e semmai lo avesse sperimentato, sperare che la ragazza cada nell’inganno, riconoscendo nella sua la voce quella del compagno. Tenendo inoltre conto della difficoltà che sperimenterebbe un adulto nel riprodurre la voce di un adolescente di sedici anni. E perché mai un sequestratore avrebbe dovuto adottare una tecnica tanto contorta ed aleatoria, nel qual caso la ragazza non avesse riconosciuto la voce si sarebbe potuta insospettire ed allarmare, ed il primo tentativo del sequestratore vanificato ed in parte bruciato. Ma anche se la ragazza, imprevedibilmente, avesse riconosciuto la voce del compagno, avrebbe anche potuto declinare l’invito perché già impegnata o chiedergli di salire in casa. Ma se comunque si fosse recata nel piazzale di Porta Pia, luogo dell’appuntamento, non avrebbe trovato alcun Alessandro, ma degli adulti che comunque avrebbero dovuto giustificare l’assenza di Alessandro e infine sequestrarla. Per cui tanto conveniva non produrre alcuna citofonata ed attendere il momento in cui la ragazza si sarebbe recata in strada. Tra l’altro, per chi ne ha conoscenza, sia il luogo di Corso Rinascimento dinanzi al Senato che il piazzale di Porta Pia, sono luoghi aperti e frequentati, non certo idonei ad operare un qualunque sia sequestro. In conclusione si arguisce che Mirella Gregori, a torto o a ragione, avesse una intesa con le persone con cui si accompagnò quel 7 maggio 1983).