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Emergenza siccità, l’ultima pioggia non basta

L’agonia del Po, i laghi già sotto il livello di guardia e dietro l’angolo l’emergenza siccità. A guardare lo stato in cui versano i nostri bacini idrici si potrebbe pensare di essere nel pieno dell’estate e, invece, è entrata da pochi giorni la primavera. Se non fossimo davanti a sconvolgimenti epocali del clima, questo dovrebbe essere il periodo di piena dei nostri corsi d’acqua mentre ci troviamo davanti a uno scenario devastante e degno di un film post apocalittico.

La pianura Padana in piena emergenza siccità. Per l’Anbi il sistema idrico nazionale è al collasso e incapace di autogenerarsi

A regalarci questa impietosa fotografia è l’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Tutela e la Gestione del Territorio e delle Acque Irrigue (Anbi) che nel suo report settimanale segnala come la situazione sia davvero drammatica in tutta Italia e in particolare nella Pianura Padana dove “la disponibilità d’acqua negli alvei dei fiumi”, soprattutto dell’Emilia Romagna, è “molto inferiore alla media del periodo”.

Uno scenario catastrofico in cui è inarrestabile la riduzione delle portate dei fiumi Savio, Secchia, Enza e Trebbia. L’unica eccezione è quella del Reno che è l’unico corso d’acqua che ha invertito la rotta, segnalando un modesto aumento della propria portata d’acqua.

Fra i grandi laghi “prosegue la crisi del Garda, costretto ad essere sacrificato “per mantenere la sopravvivenza dell’ecosistema a valle (nonostante le portate di deflusso ridotte al minimo, c’è un saldo negativo di oltre 5 metri cubi al secondo) e che continua a registrare livelli dimezzati rispetto alla media” si legge nel report secondo cui “il resto dei grandi invasi settentrionali guadagna una manciata di centimetri d’acqua: il Maggiore è al 45,4% di riempimento, il Lario al 23,5% (unico ad essere tornato vicino alla media del periodo), il Sebino al 21,4%”.

L’agonia del fiume Po, la portata è già vicina alla soglia minima

Critica la situazione anche in Lombardia dove, “dopo mesi di inarrestabili segni negativi, c’è un timida inversione di tendenza, che non muta però la situazione complessiva”. “Più a nord prosegue inesorabile, da oltre un anno, l’agonia del fiume Po, che riduce le portate lungo tutta l’asta e, al rilevamento di Pontelagoscuro, è già vicino alla soglia minima (450 metri cubi al secondo) in grado di contrastare la risalita del cuneo salino”.

Insomma siamo in piena emergenza malgrado le perturbazioni, registrate lungo tutta la Penisola, hanno portato un po’ di pioggia e grandine soprattutto nelle regioni centrali, nel nord-est e in buona parte del sud, nonché una spolverata di neve sulle Alpi. Il problema è che tali fenomeni atmosferici sono stati inferiori rispetto al passato e sono risultati insufficienti per la rigenerazione del sistema idrogeologico.

Punto, questo, che deve essere chiaro alla politica che probabilmente in queste perturbazioni ha visto – o forse sperato – nella provvidenza divina capace di risolvere il problema o quantomeno di ritardarlo. Peccato che ciò non sia avvenuto e così risulta imperdonabile il fatto che il Governo di Giorgia Meloni, a parte proclami e promesse, ancora non ha preso di petto la situazione.

Fontana (M5S): “Si sta solo perdendo tempo con gli annunci”

Qualcosa che ha chiarito oltre ogni ragionevole dubbio la deputata M5S, Ilaria Fontana, a La Notizia: “Si sta solo perdendo tempo con gli annunci. La maggioranza non riesce neanche a trovare la quadra visto che un giorno dice di voler istituire un Commissario, poi il giorno dopo che forse neanche serve e il giorno dopo che ne servono addirittura più di uno”.

Secondo la Cinque Stelle “la realtà è che il tempo scarseggia e la natura è implacabile quindi è inevitabile che questa estate avremo un’emergenza idrica che andrà a peggiorare. Proprio con questa consapevolezza il Governo farebbe bene a darsi da fare subito, mettendo in atto opere di mitigazione del rischio ma non lo sta facendo e infatti ancora aspettiamo il decreto siccità annunciato settimane fa”.

Insomma la politica dovrebbe fare di più perché, come si legge nel report di Anbi, non si può sperare che la situazione si risolva da sola. Come racconta Francesco Vincenzi, presidente di Anbi, è ormai più che evidente “l’impossibilità di autonomo riequilibrio del sistema idrico. Gli esperti parlano della necessità di 50 giorni consecutivi di pioggia, evenienza certo da non augurarsi per un territorio idrogeologicamente fragile come quello italiano”.

Insomma siamo arrivati al paradosso che non piove quanto dovrebbe e per certi versi dobbiamo quasi esserne contenti perché a causa dell’incuria dei nostri territori si rischierebbero guai addirittura peggiori. Per questo, continua Vincenzi, “è evidente la necessità di realizzare infrastrutture capaci di trattenere le acque di pioggia, quando arrivano, creando riserve e rimpinguando contestualmente le falde”.

L’Anbi auspica che il decreto Acqua, più volte annunciato, preveda le risorse necessarie ad avviare gli interventi

Un progetto che potrebbe andare nella direzione giusta è “il Piano Laghetti, proposto insieme a Coldiretti, che risponde a questa esigenza, ma anche ad altri primari interessi come quelli della produzione di energia rinnovabile, della tutela dell’ambiente, del benessere delle comunità locali” spiega Massimo Gargano, direttore generale di Anbi, che si auspica “che il decreto Acqua, più volte annunciato, preveda le risorse necessarie ad avviare interventi”.

Un impegno, quello di Anbi, che è stato riconosciuto dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha ricevuto al Quirinale venti rappresentanti di Anbi per la conclusione delle celebrazioni per il centenario del Congresso di San Donà di Piave da cui prese avvio la moderna bonifica. Appuntamento, questo, in cui Gargano ha spiegato che “i problemi di oggi sono molto diversi da quelli affrontati un secolo fa a San Donà del Piave, ma hanno la stessa urgenza e richiedono, come allora, una grande disponibilità al confronto, al dialogo e alla cooperazione”.