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Francesco: "C’è bisogno di buona politica". Gli auguri per la festa dei papà e poi l'Ucraina

Il Papa evoca all’Angelus i crimini di guerra. Ucraina immigrati, lavoro preoccupazioni costanti del pontefice.

Papa Francesco (Ansa)

Papa Francesco (Ansa)

“Fratelli e sorelle, non dimentichiamo di pregare per il martoriato popolo ucraino, che continua a soffrire per i crimini della guerra”. Con questo pensiero conclusivo dell’Angelus odierno papa Francesco ha indirettamente evocato la decisione del Tribunale internazionale dell’Aja che ha emesso un mandato di arresto per Putin. Sempre vigile e presente il papa di fronte alle emergenza che mettono in crisi la cattiva politica attuale con cui si spiega anche il ricorso alle armi come scorciatoia per risolvere le divergenze e gli interessi nazionali. Guerra, emigrati, lavoro sono diventati così temi quotidiani di Francesco che rischia di ripetersi nelle sue denunce. Inascoltato. Ma lui insiste suggerendo possibili spiragli di pace e percorsi per uscire dal labirinto in cui il problema immigrati ha precipitato in particolare l’Europa. Prima di questo Angelus Francesco aveva già insistito su lavoro, pace, accoglienza in occasione dell’udienza con i protagonisti del Progetto Policoro voluto dai vescovi italiani a sostenere del lavoro giovanile nel Meridione, e poi nell’incontro nell’Aula Paolo VI con 6 mila migranti giunti regolarmente in Italia tramite i corridoi umanitari.

I corridoi umanitari

I corridoi umanitari sono stati avviati nel 2016 in risposta alla situazione sempre più drammatica nella rotta Mediterranea. “Oggi – ricorda Francesco - dobbiamo dire che quell’iniziativa è tragicamente attuale, anzi, più che mai necessaria; lo attesta purtroppo anche il recente naufragio di Cutro. Quel naufragio non doveva avvenire, e bisogna fare tutto il possibile perché non si ripeta”. In particolare, vorrei ricordare quanti sono passati attraverso i campi di detenzione in Libia; più volte ho avuto modo di ascoltare la loro esperienza di dolore, umiliazioni e violenze. I corridoi umanitari sono una via praticabile per evitare le tragedie e i pericoli legati al traffico di essere umani. Tuttavia, occorrono ancora molti sforzi per estendere questo modello e per aprire più percorsi legali per la migrazione. Dove manca la volontà politica, i modelli efficaci come il vostro offrono nuove strade percorribili. Del resto, una migrazione sicura, ordinata, regolare e sostenibile è nell’interesse di tutti i Paesi. Se non si aiuta a riconoscere questo, il rischio è che la paura spenga il futuro e giustifichi le barriere su cui si infrangono vite umane”.

I ringraziamenti

Il papa ha ringraziato le centinaia di persone e comunità che si sono impegnati nell’azione dei corridoi umanitari: “Vi ringrazio di cuore: voi rappresentate un volto bello dell’Europa, che si apre al futuro e paga di persona… Non siete intermediari ma mediatori, e mostrate che, se si lavora seriamente a porre le basi, è possibile accogliere e integrare efficacemente. Questa storia di accoglienza – ha puntualizzato il papa - è un impegno concreto per la pace. Sono presenti tra voi parecchi profughi ucraini; a loro voglio dire che il Papa non rinuncia a cercare la pace, a sperare nella pace e a pregare per essa. Lo faccio per il vostro Paese martoriato e per gli altri che sono colpiti dalla guerra; qui infatti ci sono tante persone che sono fuggite da altre guerre. E questo servizio ai poveri, ai profughi e ai rifugiati è anche un’esperienza forte di unità tra i cristiani. In effetti, questa iniziativa dei corridoi umanitari è ecumenica”. Quest’anno il corso formativo del Progetto Policoro ha come tema la pace. “È un tema - osserva Francesco - che non può mancare nella formazione sociopolitica, e purtroppo è anche urgente a causa della situazione attuale. La guerra, è il fallimento della politica. Questo va sottolineato: la guerra è il fallimento della politica. Si alimenta del veleno che considera l’altro come nemico. La guerra ci fa toccare con mano l’assurdità della corsa agli armamenti e del loro uso per la risoluzione dei conflitti”.

La pace

Unica alternativa è nell’educarsi alla pace. Una responsabilità di tutti: “Fare la guerra – rileva il papa - ma un’altra guerra, una guerra interiore, una guerra su sé stessi per lavorare per la pace”. Oggi “la politica non gode di ottima fama, soprattutto fra i giovani, perché vedono gli scandali, tante cose che tutti conosciamo. Le cause sono molteplici, ma come non pensare alla corruzione, all’inefficienza, alla distanza dalla vita della gente? Proprio per questo c’è ancora più bisogno di buona politica”.

La guarigione del cieco

Nell’Angelus il papa ha commentato il brano di vangelo che racconta la guarigione del cieco nato e il gran parlare tra coloro che avevano visto o sentito del miracolo. Di fronte al “chiachiericcio” degli attori del fatto l’unico che reagisce bene secondo Gesù è proprio il cieco. “Lui, felice di vedere, testimonia quanto gli è accaduto nel modo più semplice: «Ero cieco e ora ci vedo». Dice la verità. Prima era costretto a chiedere l’elemosina per vivere e subiva i pregiudizi della gente... Ora, guarito, quegli atteggiamenti sprezzanti non li teme più, perché Gesù gli ha dato piena dignità. E questo è chiaro, succede sempre: quando Gesù ci guarisce, ci ridona dignità, la dignità della guarigione di Gesù, piena, una dignità che esce dal fondo del cuore, che prende tutta la vita…Come accogliamo – chiede il papa - le persone che hanno tante limitazioni nella vita? Siano fisiche, come questo cieco; siano sociali, come i mendicanti che troviamo per la strada? E questo lo accogliamo come una maledizione o come occasione per farci vicini a loro con amore?”. Tra i tanti saluti dopo la recita dell’Angelus, due in particolare. Il primo alla popolazione dell’Ecuador che ha subito un terremoto con morti e feriti. Il secondo Diventa un augurio: “E oggi facciamo gli auguri a tutti i papà! Che in San Giuseppe trovino il modello, il sostegno, il conforto per vivere bene la loro paternità. E tutti insieme, per i Papà, preghiamo il Padre”. Augurio accompagnato dalla recita di un Padre nostro anziché di un’Ave Maria.