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Genova, il padre di Edoardo, quindicenne morto dopo aver giocato alla boxe: «Non è colpa di nessuno»

«Non è colpa di nessuno» se il quindicenne Edoardo Addezio è morto. Lo afferma il suo papà, Enrico, che crede che sabato sera, a Genova, in quell’appartamento nel quartiere residenziale Castelletto, non sia accaduto altro che un incidente

Il ragazzo stava trascorrendo la serata con i suoi amici di sempre, una quindicina, e a un certo punto alcuni di loro hanno cominciato a simulare un torneo di boxe con i guantoni che avevano trovato in casa. Sono circa le 22,30, quando Edoardo si para di fronte a un amico per fare finta di cominciare un incontro sul ring. I due non si colpiscono davvero, giocano a schivarsi. Ma il quindicenne avverte un dolore al petto, si accascia e cade a terra sbattendo la testa. 

Arrivano i carabinieri del nucleo radiomobile e i colleghi del reparto investigativo della Compagnia di Genova, che controllano l’appartamento, per poi escludere che i ragazzi abbiano fatto uso di stupefacenti. C’è solo qualche bottiglia di birra vuota. Il sostituto procuratore della procura presso il Tribunale dei minorenni ha disposto l’autopsia, che si terrà nelle prossime ore.

«Non lo so, è possibile. Mi hanno detto che sono stati trovati i guantoni. Magari stavano giocando», dice Enrico Addezio a La Stampa. «Io, ripeto, penso sia capitato un incidente, del quale nessuno ha colpa. Non credo proprio che qualcuno avesse bevuto». 

In queste ore è anche stato scritto che Edoardo fosse cardiopatico, ma il papà lo smentisce. Da piccolo, era stato operato al Gaslini per una malformazione, e non poteva fare attività agonistica, «ma per una questione burocratica, come mi hanno detto i medici. Ma ha sempre fatto tutto quello che desiderava. Giocava a tennis e a calcetto. Nuotava e andava a sciare. Faceva le sue visite ed era sottoposto a controlli costanti». E ancora: «Leggere dei problemi cardiaci di Edoardo è stato doloroso, quasi come se fosse stata in qualche modo colpa sua o se la fosse cercata». 

Verso gli amici di Edoardo che erano con lui sabato sera, Enrico Addezio dice di provare «una compassione enorme». È convinto che indagare oltre non serva: «Proprio perché non c’è un responsabile di quanto avvenuto, non mi va di addentrarmi nei dettagli della dinamica. Di sicuro non è stata una situazione di conflitto. Non auguro a nessuno di affrontare una cosa simile».