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Giorgetti alla Ue: «Ok a più aiuti di Stato in cambio di flessibilità su Pnrr e regole fiscali»

ServizioServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùIl colloquio

Il ministro dell’Economia illustra la posizione italiana alla vigilia del consiglio europeo che dovrà definire le nuove mosse comunitarie per rispondere all’Inflation Reduction Act degli Usa

di Gianni Trovati

8 febbraio 2023

Asse Parigi e Berlino sugli aiuti di stato, martedi' da Biden

«Possiamo essere d'accordo con l'aumento degli spazi per gli aiuti di Stato, ma in cambio di una flessibilità ampia sulla revisione di tempi e contenuti del Pnrr e di una riforma della governance europea che non penalizzi gli investimenti strategici». Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti riassume così la posizione italiana alla vigilia del consiglio europeo che dovrà definire le nuove mosse comunitarie per rispondere all'Inflation Reduction Act degli Stati Uniti. E in un colloquio a Via XX Settembre con un gruppo di testate italiane e internazionali motiva le ragioni di fondo dell'atteggiamento italiano, collegando le trattative di oggi alle riforme strutturali delle regole fiscali comunitarie in un ragionamento ispirato a due direttrici di fondo: il «pragmatismo», evocato a più riprese dal ministro come criterio guida da seguire nel ridisegno della politica economica Ue, e un «europeismo» meno rivendicato ma piuttosto spinto.

Un fondo sovrano

«Il punto di arrivo ottimale sarebbe quello di un fondo strategico con cui l'Europa disegna davvero una strategia comune non solo su transizione energetica e digitale, ma anche su temi di cui si parla meno come difesa, aerospazio o materie prime critiche - ragiona il titolare dei conti italiani -. Sarebbe l’evoluzione del concetto da cui è nato il Next Generation Eu, ma mi rendo conto che il tema non è politicamente maturo perché richiederebbe una capacità fiscale comune», e quindi forti cessioni di sovranità dagli Stati.

L’asse franco-tedesco

In effetti la missione statunitense avviata in solitaria da Bruno Le Maire e Robert Habeck, ministri dell'Economia francese e tedesco, offre l’immagine plastica di un'Europa che si muove in modo scoordinato sullo scenario mondiale. Dell'iniziativa i partner non erano informati. «Ogni Paese è libero di fare quello che ritiene – risponde Giorgetti -, ma il punto di fondo è chiaro: si tratta di decidere se vogliamo o non vogliamo dare una risposta europea».

Pnrr da rivedere

In questa risposta europea per l’Italia ci deve essere una dose massiccia di flessibilità nella revisione del Pnrr. «Nel giro di due-tre settimane avremo i risultati della ricognizione sui progetti che abbiamo chiesto a tutti i ministeri. Probabilmente dovremo compiere la scelta dolorosa di rinunciare ad alcune iniziative. Nel Pnrr ci sono opere non strategiche, altre che si rischia di non riuscire a terminare entro il 2026 e mancano interventi essenziali. Ad esempio il governo punta a rendere l’Italia l’hub dell’energia dall’Africa, ma per riuscirci serve una rete in grado di trasmettere l’energia da Sud a Nord e oggi non l’abbiamo. Tra i filoni da rilanciare ci sono poi l’acciaio verde e l’idrogeno, indispensabile per una transizione energetica che non ci renda dipendenti dalla Cina».

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Il negoziato sul nuovo Patto

Ma quello del Pnrr non è l’unico calendario da rivedere secondo il governo italiano. Un'altra proroga annuale «benvenuta» per Giorgetti sarebbe quella della clausola generale di fuga che sospende il Patto di stabilità. Perché le Linee guida per le nuove regole fiscali presentate dalla commissione, che ora entrano nel vivo della discussione fra i ministri all'Ecofin, non piacciono all’Italia. «Manca qualsiasi flessibilità in relazione al ciclo economico, in modo anche peggiore rispetto alle vecchie regole. E quindi manca di realismo. Il cortocircuito da evitare è quello «tra un Pnrr che spinge per investimenti strategici e regole fiscali che invece li bloccano nei Paesi più indebitati. L’Italia non si sottrae alla responsabilità di mantenere una finanza pubblica prudente - ribadisce il ministro - perché abbiamo il dovere di non creare problemi ad altri con il nostro debito; ma è inaccettabile l’idea che ci siano Paesi di serie A, di serie B e di serie C».