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Gli stadi di Firenze e Venezia fuori dal Pnrr, il governo si prepara a rinunciare ai due cantieri

Proveranno fino alla fine a convincere l'Europa che il finanziamento europeo con la risorse del Pnrr degli stadi di Firenze e Venezia è legittimo, non viola regole urbanistiche e rispetta la filosofia del Recovery. Ma è altamente probabile - si apprende - che alla fine il governo sarà costretto a rinunciare a questi due cantieri. E a escludere i due progetti - che sono entrambi parte di uno stesso obiettivo di questa tranche di finanziamenti - dal Piano di Ripresa e resilienza, in modo da ottenere il resto del denaro continentale.

Un passo indietro. Nelle ultime settimane, il governo ha toccato con mano il fatto che la squadra di Ursula von der Leyen ha reso più intensa la verifica sugli obiettivi raggiunti dai singoli Paesi. O almeno, così sostengono a Palazzo Chigi. La ragione - questa è la tesi prevalente nell'esecutivo - sarebbe la pressione della Corte dei Conti europea sulla Commissione, costretta a sua volta a stringere le maglie dei controlli sulle milestone. Tre sono quelle che Roma non ha raggiunto, delle 55 complessive sotto esame in questa fase. Di una, in particolare, si discute in queste ore: quella che dirottava risorse continentali per gli stadi di Firenze e Venezia. La novità, come detto, è che sembra assai probabile che alla fine di questo percorso di approfondimento mensile imposto da Bruxelles, l'Italia rinunci ai due progetti contestati.

La ragione è urbanistica, le conseguenze ovviamente politiche. Escludere le due opere dal Piano, infatti, aprirebbe innanzitutto una tensione con le due amministrazioni comunali interessate, che nelle ultime ore allarmate non hanno mancato di farsi sentire. Il governo, in questo senso, sceglierà con ogni probabilità la strada di continuare comunque i lavori, utilizzando fondi nazionali. Una soluzione che garantisce le aspettative di questi territori e di due amministrazioni di diverso colore politico: di centrosinistra Firenze, di centrodestra Venezia. La seconda implicazione riguarda invece le responsabilità di questo eventuale passo falso. Palazzo Chigi indicherà nelle scelte del governo precedente, quello di Mario Draghi, la genesi dell'errore. E lo farà aprendo un nuovo fronte, anche a rischio di generare tensioni con il predecessore.

Meloni proverà comunque fino all'ultimo a evitare questo scenario, premendo sulla Commissione per sbloccare i fondi per i due progetti. Se alla fine dovesse capitolare, come sembra quasi certo soprattutto per lo stadio di Firenze, ricorderà anche di non essere la prima a trovarsi in questa situazione: già la Lituania - con un peso specifico però assai diverso dall'Italia - ha rinunciato a una parte limitata delle risorse della terza tranche, cancellando alcuni progetti su cui Bruxelles aveva sollevato dubbi per incassare il resto delle risorse senza ulteriori ritardi. Non basterà, ovviamente, a circoscrivere le polemiche.