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Ha senso multare i genitori dei bulli?

Il Comune di Cento, in provincia di Ferrara, ha deciso di sanzionare le famiglie dei giovani che vengono ritenuti responsabili di fenomeni di bullismo. All'interno del regolamento di polizia urbana del Comune, infatti, è stato introdotto l'articolo 7 bis, in funzione del quale potranno essere elevate multe da 100 a 300 euro nei confronti di chi ha la patria potestà di ragazzini che dovessero tenere, in ambito scolastico e fuori, atteggiamenti che possono "costituire pregiudizio per la sicurezza urbana e nocumento per la civile convivenza". La votazione è prevista nel Consiglio comunale di giovedì. Il sindaco di Cento, Edoardo Accorsi, ha spiegato che si tratta anche di "un incentivo alla consapevolezza delle famiglie, che in alcuni casi tendono a ridimensionare il fenomeno del bullismo".

Negli Stati Uniti già da alcuni anni tre cittadine del Wisconsin - Shawano, Wisconsin Rapids e Plovin - hanno iniziato ad applicare una misura simile, con multe di oltre 300 dollari ai genitori dei giovani bulli (e in caso di recidiva oltre 600 dollari), ma solo se mamma e papà dopo l'episodio non intervengono "affinché non si ripetano episodi analoghi" entro 90 giorni. Difficile capire come questo intervento possa avvenire in concreto, così come è altrettanto difficile controllare che questo intervento sia avvenuto o meno.

Il Codacons si è detto entusiasta della misura proposta dal sindaco di Cento, augurandosi che possa essere estesa in tutta Italia. “Spesso il bullismo da parte dei minori è legato a una disattenzione e indifferenza da parte dei genitori, che hanno responsabilità dirette nelle violenze commesse dai propri figli - ha spiegato il presidente Carlo Rienzi - Non educare correttamente i ragazzi e non vigilare sui loro comportamenti alimenta il fenomeno del bullismo e rappresenta un vero e proprio concorso negli illeciti commessi dai minori, e pertanto crediamo sia corretto sanzionare coloro che hanno per legge la patria potestà".

Meglio pagare che (ri)educare?

Ma siamo proprio sicuri che il modo migliore per educare i bulli sia quello di farla pagare (letteralmente) ai loro genitori? I dati Istat ci dicono che la quota più elevata di vittime di prepotenze si registra tra coloro che vivono in zone molto disagiate (44,6% dei giovani intervistati). Un recente Report sulla povertà educativa realizzato dalla fondazione Openpolis lo conferma: il 10,5% dei ragazzi che vivono in zone molto disagiate del paese ha subìto atti di bullismo una o più volte alla settimana. Tra chi vive in zone con meno disagio la quota scende, invece, all’8%. Il report mette in rilievo il collegamento tra bullismo e povertà educativa, che riguarda soprattutto i ragazzi che vivono in territori difficili e in famiglie segnate da forte disagio economico. Un'evidenza che emerge nei profili individuati nel Rapporto nazionale sulla devianza minorile, a cura del centro europeo di studi di Nisida, spiega come marginalità e situazioni di disagio siano uno degli elementi più spesso legati a comportamenti antisociali e criminalità giovanile - ma mostra anche come i comportamenti devianti possano emergere in tutte le fasce sociali, anche in ragazzi provenienti da famiglie tutt'altro che disagiate, se non addirittura benestanti.

Se dunque, come sembra emergere da questi dati, sono soprattutto i figli di genitori indigenti a rendersi protagonisti di episodi di bullismo, siamo sicuri che una sanzione pecuniaria sia la soluzione più appropriata per far sì che questi comportamenti non si ripetano? Allo stesso modo: se sono tanti anche i bulli figli di famiglie benestanti, abbiamo la certezza che una multa di qualche centinaia di euro sia il modo più incisivo per convincere quei genitori a "rieducare" il proprio figlio? Tradotto in soldoni: multare i genitori significa in qualche modo "scaricare" (magari non del tutto) la colpa della non-educazione del proprio figlio su di loro. Una famiglia povera, trovandosi con una multa che non saprà come pagare, sarà davvero più incentivata a provvedere all'educazione del proprio figlio? All'opposto: basterà una multa da 100 euro a convincere due genitori ricchi a "educare meglio" il loro bambino?

Lo psicologo: "Così si rischia di mettere in secondo piano l'educazione"

"È sempre difficile dare una ricetta generica - commenta Gabriele Raimondi, psicoterapeuta specializzato, tra le altre cose, in psicologia dell'educazione e scolastica e presidente dell'Ordine degli psicologi dell'Emilia-Romagna - Ricorrendo a una sanzione si rischia di mettere in secondo piano tutta quella parte di educazione, prevenzione e corresponsabilità tra genitori e scuola che è assolutamente imprescindibile. Spesso, quando si parla di tematiche come il bullismo o il disagio scolastico, viene evidenziata l'ansia come emozione principale dei ragazzi quando sono a scuola. Con questa misura, invece che lavorare per la costruzione di un ambiente di vita più positivo, si chiude la stalla quando i buoi sono scappati. Il problema è anche l'assenza di investimenti strutturali, così come la mancanza di attenzione al benessere psicologico: gli psicologi nelle scuole hanno pochissime ore di lavoro, e questo impedisce di fare quell'azione di prevenzione che sarebbe fondamentale per ridurre le condizioni di disagio e difficoltà all'interno delle quali sono presenti situazioni di bullismo. Cosa sta facendo la scuola per far sì che non si creino condizioni di bullismo e discriminazione?".

Rieducare piuttosto che multare

Resto convinta del fatto che sia sempre meglio educare - o rieducare - piuttosto che punire. E se (un se obbligatorio, perché capita pure che i bulli provengano da famiglie che hanno cercato di educare al meglio il loro figlio) quell'educazione manca, piuttosto che far pagare ai genitori una sanzione credo che sarebbe più utile, ad esempio, imporre all'intera famiglia - genitori e figlio - di seguire un corso rieducativo insieme, che mostri chiaramente anche quali sono le conseguenze del bullismo, compreso il numero sempre troppo alto di giovani vittime che si suicidano dopo averlo subìto. Rieducare, piuttosto che multare.

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