Italy
This article was added by the user . TheWorldNews is not responsible for the content of the platform.

I danni dei terremoti all'arte italiana: "La sicurezza nei nuovi depositi per le opere e le misure antisismiche dei monumenti"

ROMA - E’ nata due anni e mezzo fa come direzione generale per la Sicurezza del patrimonio culturale. E si batte per prevenire e curare i danni che le catastrofi naturali, come i terremoti del XXI secolo o le frane quale l’ultima di Ischia, producono su quadri, chiese, palazzi, sculture, argenti, manoscritti: il tesoro italiano, insomma, messo a rischio dalla natura morfologica del Belpaese ma anche dall’incuria di chi lo abita. E ora, nell’anno in cui ha perso il compianto Fabio Carapezza Guttuso, l’uomo che ha contribuito con passione a crearla, la direzione Sicurezza del ministero della Cultura (Mic) mette esperti, studiosi e tecnici intorno a un tavolo per parlare di “Complessità della ricostruzione post-sismica: sicurezza, sviluppo e tutela”. La prima di una (si spera lunga) serie di giornate su questa fragilità italiana.

I temi del convegno

Appuntamento quindi per lunedì 5 dicembre nella sala conferenze dell’Auditorium della Biblioteca nazionale centrale, in viale Castro Pretorio a Roma. A partire dalle 9.30, dopo il saluto del neo titolare del Mic, Gennaro Sangiuliano, si parlerà di come sta andando la ricostruzione post-terremoto dalle Marche all’Umbria, dalla Campania all’Emilia Romagna. E quindi innanzitutto della progettazione e realizzazione dei depositi di salvaguardia dell’arte in caso di calamità naturali. Ma anche di restauri e tecniche di costruzione innovative per la prevenzione del rischio. Non ultimo, della tante volte (inutilmente) invocata riduzione del consumo di suolo: la madre di tutte le battaglie per la salvaguardia del paesaggio italiano, il patrimonio che tutto contiene e il più difficile da conservare a causa dell’attacco continuo del cemento, autorizzato o illegale (di rigenerazione dei tessuti urbani e salvaguardia della nostra terra parleranno architetti, ingegneri, restauratori: Paolo Verducci, Matteo di Venosa, Francesco Nigro, Manuela Cecconi, Riccardo Dalla Negra).

Una delle sale del deposito del Santo Chiodo a Spoleto
Una delle sale del deposito del Santo Chiodo a Spoleto
Una delle sale del deposito del Santo Chiodo a Spoleto 

Il modello del Santo Chiodo di Spoleto

Parteciperanno alla giornata oltre 20 studiosi, tra esperti ministeriali e accademici. Quattro i panel in programma tra le 9.30 e le 17.30, articolati come tavole rotonde. E dopo il ministro Sangiuliano ci penserà il commissario straordinario al sisma del centro Italia, e neo commissario per la frana di Ischia, Giovanni Legnini, a fare il punto sui lavori di ricostruzione nell’area del cratere del terremoto del 2016. E nel primo momento di confronto e discussione si parlerà dei depositi per ricoverare (e curare) le opere d’arte mobili nei casi di disastri naturali che hanno lesionato o distrutto i loro contenitori: chiese, musei, palazzi. “Il modello è quello del Santo Chiodo di Spoleto, un deposito di sicurezza e che ha permesso di ricoverare 7.000 pezzi rimasti temporaneamente senza casa”, spiega Marica Mercalli, alla guida della direzione generale Sicurezza del Mic, riferendosi al sisma del 2016.

Il laboratorio di restauro in palazzo ducale a Sassuolo dopo il sisma del 2012
Il laboratorio di restauro in palazzo ducale a Sassuolo dopo il sisma del 2012
Il laboratorio di restauro in palazzo ducale a Sassuolo dopo il sisma del 2012 

"Laboratori di restauro nelle stesse strutture di conservazione temporanea"

Non bisogna pensare a scantinati o soffitte dove le opere d’arte finiscono nel dimenticatoio. Ma a strutture moderne in cui gli studiosi possono facilmente continuare a fare le loro ricerche e ad analizzare le testimonianze della storia e della cultura italiane. “Altra caratteristica del Santo Chiodo e dei depositiche dovranno sorgere in altri punti nevralgici del Paese”, aggiunge la storica dell’arte romana “è il laboratorio di restauro interno che permette di iniziare immediatamente la cura dei lavori lesionati”. Ci dovrà pensare il Pnrr-Recovery Art a creare queste riserve auree di capolavori e di competenze, sul modello del Santo Chiodo dove i restauratori dell’Opificio delle pietre dure di Firenze hanno sanato, ad esempio, la tavola di Jacopo Siculo, allievo di Raffaello, uscita malconcia dalla chiesa di San Francesco a Norcia. Ed è nel panel di apertura che prenderanno la parola, oltre a Mercalli, il direttore del Santo Chiodo di Spoleto, Giovanni Luca De Logu, il dg dei musei italiani, Massimo Osanna, quello dei beni ecclesiastici della Cei, don Luca Franceschini, ed Elisa Rossi che sta lavorando alla realizzazione del deposito in sicurezza nelle ex casermette di Camerino.

Il cantiere di ricostruzione della basilica di San Benedetto a Norcia
Il cantiere di ricostruzione della basilica di San Benedetto a Norcia
Il cantiere di ricostruzione della basilica di San Benedetto a Norcia 

Lavori in corso

Dal piccolo dipinto si va alla grande chiesa scossa dal terremoto nel secondo confronto che, coordinato da Paolo Iannelli, il soprintendente speciale per le aree colpite dal sisma che ha ferito il centro Italia nel 2016 vedrà prendere la parola Carla Di Francesco che, quando era direttrice regionale, si occupò degli stessi problemi ma dovuti al terremoto in Emilia-Romagna del 2012. E poi Alessandro Vittorini, già soprintendente per l’Aquila e per i comuni del cratere del 2009, ma anche i professori Claudio Modena dell’ateneo di Padova e Daniela Esposito, della Sapienza, e la direttrice dell’Istituto centrale per il restauro, Alessandra Marino. E saranno questi esperti, tra gli altri, a dirci quanto manca ancora perché si possa tornare ad ammirare la basilica di San Benedetto a Norcia che, come il duomo di Venzone distrutto dal terremoto in Friuli del 1976, sta rinascendo con le stesse pietre e il medesimo disegno dell’originale, ma rispettando le moderne misure antisismiche.

Se la terra tornerà a tremare, i vecchi monumenti come le nuove case, devono resistere alle scosse: per la salvaguardia di chi li vive, innanzitutto, ma anche per il patrimonio che conservano.