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I fuorisede non potranno votare alle prossime elezioni, di nuovo

Diritti negati

Non si è trovata una soluzione per il voto dei fuorisede, una platea di quasi 5 milioni di elettori che rischiano di vedersi negati dei diritti costituzionali. In Europa solo Italia, Malta e Cipro non consentono il voto al di fuori del comune di residenza

I fuorisede non potranno votare alle elezioni di domenica 25 settembre. La questione della possibilità di voto per chi non abita nel comune di residenza è uno squilibrio che in Italia va avanti dal 2 giugno 1946, da quando esiste la Repubblica, e che ancora non trova soluzione. La platea degli elettori coinvolti è considerevole e i diritti costituzionali negati sono diversi. Perché è così difficile permettere ai fuorisede di votare? Il paradosso è evidente: un italiano che vive in Australia può votare con facilità, mentre uno studente o un lavoratore in Italia deve necessariamente tornare al comune di residenza per poter esprimere il suo voto. Negli anni sono stati fatti dei tentativi per porre rimedio alla questione, ma anche alle prossime elezioni i fuori sede non potranno votare, gonfiando i numeri dell'astensionismo. Anche in questa tornata elettorale una notevole porzione di elettorato non potrà partecipare alla vita democratica del paese.

Quanti sono i fuorisede che non possono votare

Chi si trova lontano dal proprio comune di residenza per motivi di studio o lavoro non può votare. In questi casi si parla di "astensionismo involontario" che può anche riguardare anziani, disabili e ammalati. Tuttavia, queste categorie possono votare grazie a una serie di misure previste dalle leggi italiane, come ad esempio il voto assistito. Per i fuorisede non è invece possibile votare, se non tornando al proprio comune di residenza. La platea degli estromessi dal voto è rilevante e impatta sulla quota delle astensioni totali. 

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Dove abitano i fuorisede che non possono votare in Italia alle elezioni di domenica 25 settembre 2022

Secondo la relazione di una commissione di esperti istituita dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà, dal titolo Per la partecipazione dei cittadini. Come ridurre l’astensionismo e agevolare il voto, in Italia ci sono circa 4,9 milioni di elettori che svolgono la propria attività lavorativa o studiano in luoghi diversi dal proprio comune di residenza. Stiamo parlando del 10,5 per cento del corpo elettorale. Di questi, in quasi 2 milioni impiegherebbero oltre 4 ore, tra andata e ritorno, per tornare nella propria residenza. Quasi il 4 per cento degli aventi diritto.

Lo squilibrio riguarda soprattutto le regioni del Mezzogiorno, dove più di 1,6 milioni di persone non sono più nel loro comune di residenza per motivi di studio o lavoro. È proprio in queste zone d'Italia che il tasso di partecipazione è più basso. In generale, se immaginiamo che tutte queste persone avessero avuto la possibilità di votare, nel 2018 avremmo recuperato oltre 4 punti percentuali di astenuti sul 27 per cento totale, quota che sale al 6 per cento nelle regioni del Mezzogiorno rispetto al 33 per cento di astenuti.

Diritti negati, fuori sede

Se non si dà la possibilità di votare a dei cittadini si negano dei diritti espressamente previsti dalla Costituzione. La rimozione di qualsiasi elemento che ostacola la vita democratica dovrebbe essere di competenza dello Stato, che però non è ancora riuscito a trovare delle soluzioni per dare la possibilità di votare ai fuorisede.  

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

In primo luogo viene violato l'articolo 1 della Costituzione: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della  Costituzione”. Si tratta, poi, del mancato riconoscimento dei diritti fondamentali dell’uomo, tra cui rientrano i diritti politici: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, che impone corrispondenti doveri (sempre art. 2: “La Repubblica… richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica”). Infine, l'articolo 3 ricorda chi dovrebbe trovare una soluzione: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese". I fuorisede non stanno godendo di diritti costituzionali e non sono stati messi nelle condizioni di poter eleggere dei rappresentanti politici alle elezioni. 

Perché è così difficile far votare i fuorisede

Negli anni ci sono stati diversi tentativi per risolvere il problema del voto fuorisede, tutti andati a vuoto. Tra gli ultimi, diverse proposte di legge da parte di alcune formazioni politiche. Il Movimento 5 Stelle aveva proposto di far votare i fuorisede nelle prefetture o anche tramite strumenti digitali, mentre Italia Viva ha preferito inserire nella propria proposta i seggi dei luoghi interessati, permettendo a un fuori sede di fare richiesta di “trasferimento” del voto dal Comune di residenza a quello in cui lavora o studia. 

Un’altra proposta è quella del Partito Democratico con prima firmataria l’ex ministra per la Semplificazione e la pubblica amministrazione Marianna Madia, che prevedeva tre requisiti fondamentali per far accedere al voto i fuorisede per motivi di:

  • Lavoro;
  • Studio;
  • Motivi di salute legati alla cura di una persona specifica.

Se presente in queste categorie, l’elettore presenta domanda almeno 45 giorni prima delle elezioni per poter votare nel luogo in cui si trova. Successivamente, al seggio elettorale sarebbero serviti documento di identità, domanda di richiesta di voto fuorisede e relativa accettazione. Un po' come cambiare il medico di base. La proposta di Forza Italia era simile a quella del Movimento 5 Stelle per il voto nelle prefetture, con la differenza che il voto fuorisede non sarebbe valso per chi ha il domicilio in un comune di una regione confinante alla regione in cui è residente. 

In sintesi, i modi possibili per dare la possibilità di voto ai fuorisede sono almeno quattro: 

  • Nel seggio del comune in cui si abita per motivi di lavoro o studio (o altri che andrebbero specificati);
  • In una sede più "neutra" (come la Prefettura);
  • Via posta, per corrispondenza;
  • Per delega;
  • Tramite strumenti digitali.

Ogni modalità è stata osteggiata con motivazioni differenti. Si parte dal presupposto che il voto è disciplinato dall’articolo 48 della Costituzione, che stabilisce che deve essere "personale ed eguale, libero e segreto". Il voto per corrispondenza, ad esempio, potrebbe essere "inquinato" da qualcuno vicino all'elettore (famigliare o altri). Il voto digitale presenta invece diversi problemi sotto il profilo della sicurezza: proprio a maggio, il governo ha bloccato la sperimentazione del voto digitale dopo aver sentito il parere dell'Agenzia nazionale per la Cybersicurezza. Le infrastrutture digitali italiane non sono pronte a questo passo, soprattutto per i rischi di ingerenze estere.

I parlamentari di +Europa Emma Bonino e Riccardo Magi avevano presentato una interrogazione per chiedere alla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese di intervenire, lanciando una raccolta firme per sostenere l’iniziativa e raccogliendo oltre 14mila adesioni. Al di là della politica, anche il mondo dei comitati civici ha cercato di attirare l'attenzione sul voto per fuorisede. Un think tank nato in Calabria, il collettivo Valarioti, è stato tra i primi ad interessarsene: erano stati loro a scrivere una lettera al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sul tema, portando l’esempio dei residenti fuori dalla loro regione che non potevano votare per le elezioni regionali.

Nei mesi scorsi, l'associazione non profit The good lobby ha lanciato una raccolta firme sponsorizzando la campagna di "Io voto fuorisede", che ha superato le 20mila sottoscrizioni. In più, il comitato ha notificato un ricorso civile contro la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero dell’Interno, puntando alla Corte costituzionale e ad una dichiarazione di incostituzionalità dell’attuale legge elettorale nella parte in cui ostacola il diritto di voto dei fuorisede. La prima udienza davanti al tribunale di Genova si svolgerà solo l’11 novembre, dopo le elezioni del 25 settembre. Ben prima, la crisi di governo ha terminato qualsiasi discussione sul voto per i fuori sede, affossando le speranze di una platea potenziale di quasi 5 milioni di elettori.

Come si fa fuori dall'Italia

In Europa, soltanto Italia, Malta e Cipro non permettono ai fuorisede di votare in un luogo diverso dal comune di residenza. Le soluzioni all'estero sono diverse. Ci sono paesi che non prevedono il voto per corrispondenza preferendo il voto anticipato presidiato, il voto in un seggio diverso da quello di residenza o il voto per delega. Alcuni Paesi prevedono, oltre al voto per corrispondenza, diverse altre modalità di voto (Canada, Australia, USA, Germania).

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Il voto fuorisede all'estero, il confronto con l'Italia e le elezioni del 25 settembre

Ad esempio, in Belgio, Francia, Paesi Bassi, Regno Unito e Svizzera si può votare per delega, dando la possibilità all’elettore che non può recarsi al proprio seggio nel giorno delle elezioni di delegare un altro elettore per esprimere il voto per suo conto e in suo nome. In Australia, Austria, Belgio, Canada, Francia, Germania, Irlanda, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Spagna, Stati Uniti, Svezia e Svizzera, invece, è previsto il voto per corrispondenza. In dieci di questi Paesi questa modalità di voto riguarda sia gli elettori residenti nel territorio nazionale sia quelli residenti all’estero, mentre in cinque Paesi è riconosciuta esclusivamente ai residenti all’estero (Belgio, Francia, Norvegia, Paesi Bassi e Portogallo), proprio come avviene in Italia.

Come votano gli italiani all'estero: un esempio di partecipazione democratica

Gli italiani all'estero possono iscriversi all'Aire, all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero. Gli iscritti aumentano da anni e hanno permesso a una quota sempre maggiore di cittadini italiani di partecipare alle elezioni a distanza. All’ultima rilevazione utile, gli iscritti all’Aire erano oltre 4,8 milioni, più del dieci per cento dell'elettorato. In vent'anni gli italiani iscritti all'Aire sono più che raddoppiati.  

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Per cosa possono votare gli italiani all'estero (Aire) e come: la tabella

Gli italiani all'estero hanno la possibilità di votare nella circoscrizione "Estero" per corrispondenza. Questa modalità di voto non è invece prevista per le altre tipologie di consultazioni elettorali (europee, regionali, amministrative). Per l'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia gli elettori italiani residenti in un altro Paese membro dell’Unione europea o che vi si trovino per motivi di studio o di lavoro, o i loro familiari conviventi, possono votare nelle sezioni elettorali istituite presso i Consolati, gli istituti di cultura, le scuole italiane o altri locali messi a disposizione da quel paese. Mentre per i cittadini residenti in Stati che non fanno parte dell’Unione europea è prevista solo la spedizione di una cartolina avviso a cura dei Comuni di iscrizione elettorale: per poter partecipare alle elezioni bisogna necessariamente rientrare in Italia e ritirare la tessera elettorale.

L'Aire è un buon esempio di partecipazione democratica: ha ampliato la platea degli elettori permettendo a dei cittadini italiani di esprimere le proprie preferenze politiche anche in presenza di una oggettiva difficoltà (la residenza all'estero), come previsto dalla Costituzione. Gli stessi meccanismi si potrebbero applicare al voto per i fuorisede, per abbassare la quota dell'astensionismo e restituire alla vita democratica del Paese una quota potenziale di quasi 5 milioni di elettori.

Come votare fuorisede: gli sconti per aerei e treni

In assenza delle condizioni per votare al di fuori del proprio comune di residenza almeno è possibile tornarci a prezzi decisamente ridotti. Per le elezioni di domenica 25 settembre Ita Airways agevola il voto dei cittadini italiani fuorisede: chi volerà con Ita potrà infatti usufruire di uno sconto sul biglietto aereo, tra andata e ritorno, del 50 per cento sulla tariffa base per i voli nazionali, al 40 per cento sulla tariffa base per gli internazionali, e al 25 per cento sulla tariffa base sulle tratte intercontinentali. L'offerta si applica sui biglietti acquistati dal 30 agosto al 25 settembre per viaggiare nel periodo compreso dal 22 al 28 settembre.

Per quanto riguarda i treni, sono previsti scontri sui biglietti di viaggio di andata e ritorno dei treni regionali e a lunga percorrenza.Una convenzione fra il Ministero dell'Interno e le imprese ferroviarie (fra cui Trenitalia, Trenitalia Tper, Trenord, FSE) prevede infatti, uno sconto del 70 per cento sui servizi Alta Velocità, Intercity, Eurocity Italia-Svizzera, e una riduzione del 60 per cento per spostarsi con i treni Regionali a tariffa di corsa semplice regionale e interregionale. Si potrà così viaggiare in treno a prezzo scontato a partire dal 16 settembre, per gli spostamenti di andata, e non oltre il 5 ottobre per quelli di ritorno. I biglietti comprensivi di agevolazione sono acquistabili anche sul sito internet e la App di Trenitalia e sono validi per i viaggi realizzati nell'arco di venti giorni a ridosso del 25 settembre. Per usufruire delle riduzioni è necessario essere provvisti di documento di identità e tessera elettorale da esibire al personale dedicato. Possono usufruire dei biglietti a prezzo ridotto sia gli elettori residenti nel territorio nazionale, sia quelli residenti all'estero.