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[Il commento] Ucraina, la maggioranza quasi si spacca. E questa volta la colpa è della Lega. Il giallo della doppia risoluzione

I leghisti hanno poi votato la mozione unica con il resto della maggioranza. Ma avevano presentato un testo diverso assai più netto sul cessate il fuoco. Le opposizioni divise in quattro. I 5 Stelle attaccano il Pd: “Ambiguo sull’Ucraina”. Per Meloni non sono le condizioni migliori per andare domani al Consiglio europeo

Massimiliano Romeo capogruppo al Senato della Lega (Ansa)

Massimiliano Romeo capogruppo al Senato della Lega (Ansa)

La maggioranza è nei guai. Non per gli immigrati, come si potrebbe pensare. Ma per la guerra in Ucraina. E se il Berlusconi-pensiero finora è stato arginato come “il legittimo punto di vista di un sincero pacifista” - della serie sopportiamolo, è un suo diritto, in fondo è un anziano leader - ora sarà difficile dire altrettanto della Lega  dal momento che il capogruppo al Senato Massimiliano Romeo ieri dicendo basta all’escalation nell’invio di invio di armi sempre più sofisticate (da parte della Nato) ha vuotato il sacco davanti all’aula e alla premier stupita e spiazzata: “Davvero qualcuno pensa di sconfiggere militarmente la Russia? La storia dovrebbe insegnare qualcosa e chi dimentica la storia è condannato a ripeterla”. Il Carrocio aveva una sua risoluzione che è stata “bocciata” da Fratelli d’Italia. 

Le parole della Lega sono corse dritte dritte a Bruxelles. Se il giorno prima prima la premier aveva avuto un colloquio con il cancelliere Scholz, ieri sera ha parlato con von der Leyen. Non sappiamo il contenuto della telefonata al di là della velina fatta uscire da palazzo Chigi per cui Bruxelles sarà al fianco e insieme l’Italia nella gestione dei flussi migratori . Ma possiamo immaginare  che la nostra premier abbia suggerito alla presidente della Commissione qualcosa del tipo: cara Ursula, o tu mi dai qualcosa di concreto per gestire il flusso degli immigranti oppure io non tengo la linea sull’Ucraina, non mi tiene la maggioranza. E dall’altra parte in questo momento, il Pd (filoatlantista ai tempi di Draghi) non è certo messo meglio di me.

Se la maggioranza alla fine ieri ha tenuto votando per parti separate la risoluzione unitaria, l’opposizione è riuscita a presentare quattro diverse risoluzioni, Pd, Terzo Polo, 5 Stelle, Sinistra. L’Europa non può permettersi, proprio adesso, di avere un ventre molle che si chiama Italia.

Guerra e immigrati, i punti del discorso

Al rimo posto c’è nell’agenda del Consiglio Ue c’è la guerra in Ucraina “Con la mia presenza a Kiev ho testimoniato il pieno sostengo all'Ucraina - ha detto la premier nel suo intervento durata circa mezz’ora - un sostegno che verrà assicurato in ambito militare, civile umanitario senza badare all'impatto che queste scelte possono avere sul consenso, sul gradimento della sottoscritta. Continueremo a sostituire l'Ucraina perché è giusto farlo”. Nel merito ha poi spiegato che l'Italia ha “formalizzato un sesto pacchetto di aiuti militari” con invio di armi che “rafforzano soprattutto le difese aeree” di Kiev.

Meloni ha insistito sul punto, a muso duro ma istituzionale, quasi a voler anticipare malumori - soprattutto economici, legati quindi alle sanzioni economiche - che sono nell’aria da tempo. È “una menzogna” dire agli italiani “che se non fornissimo armi all'Ucraina si potrebbero aumentare le pensioni o ridurre le tasse”. Inviarle serve a “tenere la guerra lontana dal resto d'Europa e da casa nostra”. Il governo non nasconde  l'intenzione di aumentare gli stanziamenti militari, anzi “ci mette la faccia” perché “la libertà ha un prezzo”.

La crisi ucraina sarà il dossier più caldo a Bruxelles, in particolare dopo l'incontro fra Vladimir Putin e Xi Jinping. Quindi Palazzo Chigi non mette in discussione il sostegno militare all'Ucraina. “Continueremo a farlo - ha garantito la premier guardando bene in faccia tutto l’emiciclo, soprattutto a sinistra ma anche a destra - senza badare all'impatto che può avere nel breve periodo sul consenso della sottoscritta, del governo, delle forze di maggioranza”. I sistemi di difesa aerea forniti dall'Italia servono a “proteggere la vita dei civili”, il resto è “propaganda” ha tagliato corto Meloni abrasiva nella replica con i 5 Stelle M5s che la accusano di andare in Ue a prendere ordini: “Preferisco dimettermi piuttosto che presentarmi col piattino in mano a un omologo europeo come fece Conte con Merkel”. Colpiti e affondati.  La voce italiana in Europa, ha assicurato la premier, “sarà sempre più forte” e mentre lo diceva dava l’alert a Bruxelles.

Migranti e dossier economici

Sono gli altri due punti in agenda anche se sui migranti si attende soprattuto un aggiornamento di quanto deciso nel vertice straordinario di febbraio. Sulla tragedia di Cutro, in fase i discussioni generale, ha chiesto conto  soprattutto il Terzo Polo. Per il Pd lo ha fatto Tatiana Rojc mentre Misiani si è concentrato su economia e transizione green. Zero anche i 5 Stelle concentrati sul nodo guerra: sono stati loro a mettere in parallelo la crisi economica, delle bollette e degli utenze (“di cui guarda caso da quando siete al governo non si parla più”) con i costi delle guerra.

“Criticate ferocemente il governo, me, le nostre scelte ed eventuali mancanze ma, vi prego -  ha chiesto Meloni - fermatevi un secondo prima di danneggiare l’Italia. Sono una madre, conteniamo vi prego i toni del dibattito”. Continua quindi la narrazione di sempre: nessuno ha sbagliato quella notte, solo gli scafisti e quei 180 disgraziati che si osno messi in mare. Alla dem Tatjana Rojc che ha citato Pierpaolo Pasolini (“Tutti sappiamo ma non abbiamo ancora le prove”), la premier ha detto: “Ecco, avete confessato, accusate a prescindere. E allora lo ripeto una volta di più qua: lo Stato non poteva fare di più. Tutti noi abbiamo la coscienza a posto” mentre è l'Europa che deve fare di più su “un'emergenza che sta diventando strutturale”. Bene, sottolinea, la responsabilizzazione degli Stati di bandiera delle Ong. Ma chiede per il Mediterraneo gli stessi stanziamenti usati per la rotta turca: “Non possiamo aspettare inermi il prossimo naufragio”. Per fermare i movimenti secondari, ribadisce, vanno arrestate a monte le partenze irregolari dal Nord Africa. “Il ragionamento comincia finalmente a fare breccia tra i nostri partner” ha sottolineato rivendicando l'input italiano al dibattito. In realtà è un input, inascoltato, da oltre dieci anni. La premier è stata durissima anche con chi, dal suo punto di vista, non coglie i rischi di default della Tunisia, che genererebbe un esodo: “Un problema enorme, che non si riesce ad affrontare e si continua a rimandare”. Su ambiente e transizione green - dalle auto elettriche alla case green passando per i biocarburanti - Meloni è andata a muso duro questa volta con Bruxelles: “L'Europa può stabilire gli obiettivi, ma non dirmi come raggiungerli” facendo muro sulla direttiva case green e sul negoziato sul Patto di stabilità. “Il tempo dell'austerità è finito” ha avvertito chiarendo che il negoziato si accompagna con “la flessibilità sull'utilizzo dei fondi, Pnrr compreso”.

L’affondo di Romeo

La febbre nella maggioranza si misura soprattutto sul nodo guerra in Ucraina. Ed è durata poco ieri la “soddisfazione” del governo nel vedere le opposizioni divise in quattro con i 5 Stelle di Conte che messi in un angolo dalla neosegretaria Schlein hanno attaccato soprattutto il Pd per la sua posizione “ambigua” sulla guerra. Il vero problema di Meloni è la maggioranza spaccata come una mela. Le parole del capogruppo Romeo nella dichiarazione di voto finale (a seguito delle quali non c’è la replica) hanno lasciato il governo spiazzato e Meloni come una statura di sale. “Contiamo su di lei Presidente Meloni perché insista sulla strada del dialogo” l’ha provocata Romeo. “Segua un saggio consiglio, eviti escalation”, mettendo in guardia dalla “dolce tirannia del pensiero unico”. Quindi, - ha aggiunto il capogruppo “nel comunicare il voto favorevole alla risoluzione della maggioranza, esprimiamo forte preoccupazione per come stanno andando le cose sul fronte della guerra russo-ucraina. L'obiettivo della cessazione delle ostilità sembra più una dichiarazione di principio. Il problema non è il sostegno militare, ma una corsa ad armamenti sempre più potenti con il rischio di un incidente da cui non si possa tornare indietro”. Una vera e propria escalation di dichiarazioni “pacifiste” che ha spiazzato la premier rimasta “sola” nei banchi del governo del Senato senza neppure un rappresentante della Lega. Il sottosegretario Ostellari arriverà una volta che Romeo ha concluso l’intervento. Neppure l’ombra di un ministro. A cominciare da Salvini alle prese con ponti, infrastrutture e crisi idrica.

La doppia risoluzione della Lega

Giallo Lega, dunque. La verità è che i leghisti avevano scritto una diversa risoluzione. Tanto che su quella poi messa in votazione c’è “solo” la firma di Gian Marco Centinaio, il vicepresidente della Camera, fedelissimo di Salvini, ma non quella del capogruppo Romeo. Che ne aveva presentata un’altra. Un testo assai diverso, sia per quella che riguarda l’impegno militare in Ucraina che sui dossier economici, patto di stabilità e transizione green.

Nella bozza della Lega, ad esempio, per limitarsi ai 12 punti a cui si vuole impegnare l’azione del governo, la bozza leghista parla di “favorire ogni iniziativa finalizzata alla cessazione immediata dei combattimenti” mentre quella di maggioranza votata in aula parla, in modo assai più blando, di “risoluzione del conflitto nel rispetto del diritto internazionale lavorando con la comunità internazionale nel quadro delle Nazioni Unite”. Romeo parla di “pianificare specifiche iniziative per la ripresa e la ricostruzione dell’Ucraina” perché ci mancherebbe solo che la ricostruzione toccasse, un domani, alla Cina e sarebbe il colmo. La risoluzione della maggioranza mette al primo posto il “continuare a far fronte alle immediate esigenze per la resilienza dell’Ucraina insieme agli altri Stati membri”.  Nel testo della maggioranza si fa specifico riferimento a “Georgia e Moldavia per garantire loro l’ingresso nell’Unione”. La Lega non fa alcuna menzione dei due paesi che più di tutti nell’immediato rischiano/temono l’invasione dei carri russi.

Fin qui la parte “guerra”. Le differenze sono altrettanto sostanziali nella parte economica della risoluzione. Il punto 10, ad esempio, è stato totalmente riscritto. Si legge nella bozza leghista: “Nelle more di una riforma del patto di Stabilità che consenta di poter affrontare la transizione nel 2024 in maniera realistica e con obiettivi raggiungibili, il governo dovrà prevedere che le future regole fiscali promuovano gli investimenti in tutti i settori strategici, ambiente, digitalizzazione, difesa e natalità”.

Sono dodici punti per cui si chiede al governo un “impegno specifico”.  E in quasi tutti la Lega ha chiesto modifiche che non sono state accolte o solo in minima parte (come il passaggio “aumentare e garantire rimpatri efficaci” presente anche nel testo finale della risoluzione). Il dissenso quindi era non solo noto. Anzi, era scritto. In nome dell’unità di governo, è stato una volta di più messo da parte. Tanto che, nei banchi della Lega, quando Centinaio e Romeo ieri era al Senato preparavano i rispettivi interventi – Centinaio nella discussione generale, Romeo nelle dichiarazioni di voto finali – si suggeriva loro in amicizia di preparare un testo scritto. Così da “evitare fraintendimenti” che su questi temi sono sempre in agguato. Centinaio l’ha fatto e ha detto quanto previsto. Quando ha preso la parola Romeo, i primi a tirarsi i pizzicotti sono stati gli stessi leghisti. “Constatiamo purtroppo che negli ultimi tre mesi  ben poco è stato fatto specie sul cessate il fuoco e sulla tregua. Quindi, contiamo su di lei Presidente Meloni. La gente dice che lei è una tosta, spero non solo perché è andata al congresso della Cgil”.

Romeo peggio di Patuanelli o Licheri, i pasdaran pacifisti di Conte.  Giorgia Meloni non se lo aspettava. “Conta il voto e la Lega ha votato compatta” ha commentato il ministro per i Rapporti col parlamento Luca Ciriani. Ma è chiaro che non basta più il voto.