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Incattiviti tra loro: botte e insulti, cresce la violenza tra i minori 

Ciocche di capelli neri a terra, poi la foto postata come “trofeo” sui social, vittima una quattordicenne della provincia di Napoli, massacrata di botte da un branco di trenta ragazzine, tra i dodici ed i quattordici anni. Il motivo, sembrerebbero essere dei messaggi di troppo su watsapp al fidanzatino dell’aguzzina. A salvare la quattordicenne dallo “strascino”, antica pratica in cui, spesso per motivi passionali, una donna arpiona i capelli di un’altra, tirando talmente forte da trascinarla per terra, è stato un carabiniere di passaggio. Una violenza inaudita, l’hanno picchiata selvaggiamente con calci e pugni, infierendo anche mentre era a terra, senza alcuna possibilità di difendersi. Minacce, pestaggi, sono solo gli ultimi casi di cronaca che mostrano le violenze nei confronti di minorenni, compiuti da loro coetanei. Abusi e aggressioni in crescita, anche nei fascicoli che arrivano sulle scrivanie dei servizi sociali, segnali di una tendenza in atto che gli anni della pandemia hanno amplificato. La violenza sembra diffondersi tra i ragazzi fuori dal controllo adulto, che non resistono al superare il proprio limite, spesso anche sotto l’effetto di alcool e droga. I dati mostrano che nel solo 2022 c’è stato un incremento di oltre il 14% di minori denunciati o arrestati rispetto agli anni precedenti, con una crescita del 15.7% rispetto ai primi mesi del 2021 per il reato di violenza sessuale. L’età si colloca tra la pre adolescenza e l’adolescenza, dai 13 ai 18 anni, la rabbia dei ragazzi si è tradotta in un incremento dei reati tra minorenni. La sfida in questi ragazzini è andare oltre i propri limiti, l’autorità e l’adulto spesso non vengono da loro considerati. L’atteggiamento che assumono dinanzi alle istituzioni è spesso spavaldo, prevaricatorio, rendendo difficile anche un colloquio sociale conoscitivo, si sentono già adulti, quando sono poco più che bambini, in una società che li ha cresciuti a social e ad ogni possibilità, non conoscono più il valore di un “no”, dell’attesa,  o addirittura del fallimento. Tutto gli è concesso. Tutto gli è possibile. E’ sotto gli occhi di tutti l’incremento di queste condotte. I ragazzi credono che tutto sia possibile, che sia tutto facile e lecito. Alla base vi è una incapacità di gestione delle relazioni umane, con un approccio sbagliato e disfunzionale: giovani con una fortissima fragilità, incapaci di provare emozioni, ancor di più empatia verso l’altro. La prevenzione al fenomeno è difficilissima, ci sono genitori troppo permissivi, come se la vita si debba necessariamente imparare tra gli altri e con gli altri; ma c’è anche l’incremento dell’uso di alcol e di droga da parte di giovanissimi che spesso sono orientati al policonsumo: erba, cocaina, viagra, eroina e alcol. Una recrudescenza della tipologia di reati commessi da minori, sono reati violenti che rappresentano lo sfogo di una insoddisfazione, di una rabbia interiore che si manifesta attraverso risse e aggressioni. Autolesionismo ma anche sfide mortali sui social, ma anche atti contro gli altri, commettendo atti predatori o aggressioni. Hanno disagi che cominciano da lontano, alcuni ragazzi hanno alle spalle vissuti familiari di violenza o traumatici, altri presentano forte disagio psichico spesso aggravato dall’uso di sostanze. La violenza giovanile è un’onda. Scuote le città e le periferie, violenza minorile e bullismo trovano terreno fertile in tutto il mezzogiorno e sono diffusi al Sud come al Nord. Il malessere è così profondo da profilarsi come emergenza nazionale. Comportamenti criminali e devianza hanno tante cause. Assenza di valori, povertà, abbandono, disagio sociale, mancanza di prospettive. Il sistema giuridico presenta una falla: l’impunibilità per reati commessi al di sotto dei quattordici anni, ma ricostruire una rete intorno ai ragazzi violenti, intrecciando rapporti personali con figure autorevoli di educatori, si può. C’è bisogno di visione, di energia, personale e fondi. Creare centri di quartiere o come le hanno ribattezzate a Napoli “comunità educanti di quartiere”, una sinergia tra Comune, scuole, Terzo Settore, centri sportivi e parrocchie. Ai progetti devono essere attribuiti fondi certi e costanti, con una regia e  una visione. La prevenzione in questi casi deve essere orizzontale, incidendo anche sulle situazioni di potenziale rischio, con un lavoro sinergico creando tavoli, creando rete tra le forze dell’ordine, magistrati, servizi sociali, gestori degli esercizi pubblici, scuole, medici. Altro punto cruciale è l’educazione affettiva e sessuale, educare le nuove generazioni al rispetto e all’empatia già in tenera età, dopo rischia di essere troppo tardi.