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"Io anarchico, facevo leggere Kant a Matteo Messina Denaro"

MARINELLA DI SELINUNTE (CASTELVETRANO) —  «Una sera, nel 1990, si presentò nel mio locale lungo la spiaggia di Marinella di Selinunte dopo che avevo cacciato alcuni suoi amici — racconta —. Mi disse: “Sai chi sono?”. Gli risposi che lo sapevo e che i suoi amici non dovevano fare casino lo stesso nel mio locale». Beppe Rocky Fontana, ancora oggi orgogliosamente anarchico, l’ha conosciuto bene Matteo Messina Denaro, tanto da essere stato poi accusato di complicità nei suoi confronti. «Dopo averlo affrontato in quel modo nel locale, iniziammo a parlare. Tornò anche altre volte, lo vedevo incuriosito dai discorsi che facevo sulla libertà. E allora cominciai a passargli dei libri: Kant, Hume, Locke».

All’epoca era già un killer di mafia, suo padre l’aveva messo sotto la tutela di Salvatore Riina. Cosa le diceva?
«Ripeteva di sentirsi prigioniero. E che il suo destino era ormai segnato».

Lei come replicava?
«Gli dicevo che con la sua personalità poteva fare qualcosa di importante per la Sicilia. Capii subito che aveva un’intelligenza superiore rispetto a tutti gli altri giovani che vivevano la sua stessa condizione. Gli ripetevo che avremmo dovuto lottare per l’indipendenza della Sicilia».

Con chi veniva nel suo locale, Agorazein?
«Era spesso in compagnia di una bellissima ragazza austriaca, Andrea. Ma a casa mia arrivava da solo, per leggere i miei libri».

Anche nel suo ultimo covo di Campobello ne aveva tanti. Che effetto le ha fatto vedere quella piccola libreria nel salotto dove il boss teneva anche il poster del Padrino e del Joker?
«Tutti i libri che gli ho dato sono stati una grande occasione persa, non lo hanno liberato».

La magistratura ritiene che invece lei abbia finito per aderire alle idee criminali di Messina Denaro: ha scontato una condanna a 18 anni per traffico di droga.
«In realtà, sono stato scagionato dalla polizia elvetica, dall’Fbi e da un pentito. C’erano tante prove a mio favore, ma mi condannarono comunque. Forse perché mi rifiutai di fare l’infiltrato per catturare Messina Denaro?».

In carcere scrisse anche una poesia per il suo amico latitante. Faceva così: «Attraversa il tuo ponte… e quando si spezzerà ricomincia a volare… e respira a pieni polmoni l’odore allucinante della vita perché le persone come te e come me non conoscono catene».
«Non è un manifesto criminale, ma solo un invito a liberarsi. Lo stesso invito che gli faccio oggi. Spero che Matteo abbia la forza di liberarsi da tutti i segreti che conserva. E così libererà pure tutti noi. Mi chiedo però se lo Stato sia pronto a queste verità».

In questi ultimi anni ha avuto contatti con Messina Denaro?
«Mai».

Eppure, nel 2014, venne arrestato nell’ambito di un’inchiesta sui favoreggiatori del padrino latitante.
«Sono rimasto in carcere 13 mesi e poi un giudice mi ha assolto con formula piena. Sentenza confermata in appello».

L’ha sorpreso vedere che Messina Denaro non si era mai allontanato dalla provincia di Trapani?
«Arrivato al termine della vita avrà deciso di abbassare le difese. E magari prima avrà affidato le sue carte importanti a qualcun altro».

Un passaggio di testimone?
«Forse».

Si definisce ancora anarchico?
«Alla maniera di Giorgio Gaber, e in nessun altro modo. Vivo ormai da anni nella mia solitudine, fra i libri con cui ho cercato di liberare Matteo Messina Denaro».