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L'appello di Papa Francesco: "No alla violenza in ogni sua forma

In primo piano le tensioni tra Palestinesi e israeliani, la violenza contro le donne, il nubifragio di Ischia e sempre il popolo ucraino al quale il papa ha inviato una lunga lettera.

Papa Francesco (Ansa)

Papa Francesco (Ansa)

Ennesimo appello di papa Francesco: “Non stanchiamoci di dire no alla guerra, no alla violenza, sì al dialogo, sì alla pace; in particolare per il martoriato popolo ucraino. Ieri abbiamo ricordato la tragedia dell’Holodomor”, penosa e mortale carestia ai tempi di Stalin. Non solo “no” alla violenza della guerra in Ucraina, ma alla violenza in ogni sua forma: contro le donne; in Israele e Palestina; nei confronti della natura che poi si ritorce in nubifragi distruttivi come nell’isola Ischia, o in freddo aggressivo verso i poveri com’è accaduto ieri con la morte vicino al Vaticano di una persona senza fissa dimora. Francesco all’angelus ha collegato il superamento della condizione di violenza che si vive nei piccoli e grandi rapporti della vita umana e nella mancata cura della Terra e del clima, al cammino dell’Avvento che secondo la tradizione cristiana porta a prepararsi al Natale che resta la festa che ricorda che “sempre il Signore viene, il Signore ci fa visita, il Signore si fa vicino, e ritornerà alla fine dei tempi per accoglierci nel suo abbraccio”.

"Come riconoscere Dio"

Il papa ha suggerito due interrogativi su come riconoscere e accogliere Dio che viene nel Natale. “Dio – ha ricordato Francesco - è nascosto nella nostra vita, sempre c’è, è nascosto nelle situazioni più comuni e ordinarie della nostra vita. Non viene in eventi straordinari, ma nelle cose di ogni giorno, si manifesta nelle cose di ogni giorno. Lui è lì, nel nostro lavoro quotidiano, in un incontro casuale, nel volto di una persona che ha bisogno, anche quando affrontiamo giornate che appaiono grigie e monotone, proprio lì c’è il Signore, che ci chiama, ci parla e ispira le nostre azioni”. Ma forse, “distratti come siamo da tante cose, questa verità rimane per noi solo teorica”. Occorre perciò essere svegli, attenti, vigilanti per non correre il pericolo di non accorgerci della venuta di Dio nella nostra vita.

Non "tiriamo a campare"

Se “tiriamo a campare” non ci accorgiamo di nulla, neppure di Dio che viene nella nostra vita. “In questo tempo di Avvento – richiama il papa - lasciamoci scuotere dal torpore e svegliamoci dal sonno! Proviamo a chiederci: sono consapevole di ciò che vivo, sono attento, sono sveglio? Cerco di riconoscere la presenza di Dio nelle situazioni quotidiane, oppure sono distratto e un po’ travolto dalle cose? Se non ci accorgiamo oggi della sua venuta, saremo impreparati anche quando verrà alla fine dei tempi”.  Il dopo Angelus è stato un modo di guardare gli avvenimenti della storia presente alla luce di questa aspettativa di Dio entro un contesto pieno di tensioni. “Seguo con preoccupazione – ha puntualizzato papa Bergoglio - l’aumento della violenza e degli scontri che da mesi avvengono nello Stato di Palestina e in quello di Israele. Mercoledì scorso due vili attentati a Gerusalemme hanno ferito tante persone e ucciso un ragazzo israeliano; e lo stesso giorno, durante gli scontri armati a Nablus, è morto un ragazzo palestinese. La violenza uccide il futuro, spezzando la vita dei più giovani e indebolendo le speranze di pace. Preghiamo per questi giovani morti e per le loro famiglie, in particolare per le loro mamme. Auspico che le autorità israeliane e palestinesi abbiano maggiormente a cuore la ricerca del dialogo, costruendo la fiducia reciproca, senza la quale non ci sarà mai una soluzione di pace in Terra Santa”.

La tragedia dell'Isola d'Ischia

Non poteva mancare un cenno per il nubifragio di ieri in Campania: “Sono vicino alla popolazione dell’Isola d’Ischia, colpita da un’alluvione. Prego per le vittime, per quanti soffrono e per tutti coloro che sono intervenuti in soccorso”. E poi a braccio Francesco volgendo lo sguardo verso un angolo a lato di Piazza san Pietro, ha inserito un altro pensiero a un senza tetto chiamandolo per nome: “E ricordo anche Burkhard Scheffler, morto tre giorni fa qui sotto il colonnato di Piazza San Pietro: morto di freddo”. Infine un saluto “ai partecipanti alla Marcia che si è svolta questa mattina per denunciare la violenza sessuale sulle donne, purtroppo una realtà generale e diffusa dappertutto e utilizzata anche come arma di guerra”. La condizione dell’Ucraina è stata messa in coda all’elenco, ma ne aveva parlato diffusamente in una Lettera al Popolo ucraino a nove mesi dallo scoppio della Guerra. Lettera densa di patos umano, dove prevale la partecipazione personale del papa alle tante sofferenze della gente di ogni età e condizione.

La follia della guerra

“Sulla vostra terra, da nove mesi- scrive tra l’altro il papa chiamando fratelli e sorelle la gente ucraina - si è scatenata l’assurda follia della guerra. Nel vostro cielo rimbombano senza sosta il fragore sinistro delle esplosioni e il suono inquietante delle sirene. Le vostre città sono martellate dalle bombe mentre piogge di missili provocano morte, distruzione e dolore, fame, sete e freddo. Nelle vostre strade tanti sono dovuti fuggire, lasciando case e affetti. Accanto ai vostri grandi fiumi scorrono ogni giorno fiumi di sangue e di lacrime. Io vorrei unire le mie lacrime alle vostre e dirvi che non c’è giorno in cui non vi sia vicino e non vi porti nel mio cuore e nella mia preghiera. Il vostro dolore è il mio dolore. Nella croce di Gesù oggi vedo voi, voi che soffrite il terrore scatenato da questa aggressione. Sì, la croce che ha torturato il Signore rivive nelle torture rinvenute sui cadaveri, nelle fosse comuni scoperte in varie città, in quelle e in tante altre immagini cruente che ci sono entrate nell’anima, che fanno levare un grido: perché? Come possono degli uomini trattare così altri uomini?”.