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L'aumento dei costi di produzione rischia di mandare in crisi il settore delle mele. Assomela: ''Dal Governo ingiustificabile discriminazione''

Il Consorzio delle Organizzazioni di Produttori di mele italiani che rappresenta l’80% della produzione melicola nazionale,  punta il dito anche contro le "regole di impiego dei fitosanitari" e la "riduzione delle plastiche" proposte dall'Unione Europea e chiede maggiore confronto 

TRENTO. “Nonostante gli sforzi fatti per arrivare ad una parificazione delle strutture di conservazione e lavorazione dei prodotti ortofrutticoli alle cosiddette 'imprese energivore', le decisioni del Governo paiono non essere state favorevoli. Viene a reiterarsi quindi una ingiustificabile discriminazione, che legata ad una banale codifica Ateco, esclude le imprese del settore agricolo che conservano, selezionano e commercializzano frutta dalla definizione – e quindi dai vantaggi – di molte altre imprese che possono beneficiare del livello massimo di detrazione di imposta”. Usa queste parole in una nota Assomela, Consorzio delle organizzazioni di produttori di mele italiani che rappresenta l'80% della produzione melicola nazionale puntando il dito contro una “banale definizione” che penalizza strutture che di fatto con il loro lavoro rendono un servizio fondamentale per i cittadini.

L'intervento in occasione di Interpoma 2022, appuntamento internazionale fisso nelle agende degli operatori del settore.

Se le prime indicazioni sulle dinamiche di mercato e sulla sua possibile evoluzione suggeriscono un primo semestre del 2023 di più facile gestione, in particolare per una disponibilità di prodotto in Italia non particolarmente alta ma di ottima qualità, il peso dei costi di produzione inizia drammaticamente a farsi sentire.

I COSTI

Il peso dei costi di produzione per la conservazione e lavorazione delle mele è stimato all’attualità in circa 0,12 euro al chilo, ai quali vanno aggiunti circa 0,04 euro al chilo di costi assorbiti al livello delle aziende di produzione primaria. Questi maggiori costi possono arrivare ad erodere un terzo circa della liquidazione finale ai frutticoltori, che mediamente può aggirarsi attorno a 0,40 – 0,45 euro al chilo. Una mole di costi che rischia di minare l’equilibrio economico di migliaia di aziende frutticole.

LE RICHIESTE ALL'UNIONE EUROPEA

Per Assomela ci sono poi due elementi che potrebbero ulteriormente indebolire la competitività del sistema, aggiungendo nuovi costi ed incertezze, rendendo di fatto insostenibile il lavoro nella componente produttiva della filiera. Sono le regole di impiego dei fitosanitari e la riduzione delle plastiche, su cui sono insorte praticamente tutte le rappresentanze agricole d’Europa.

L'invito è quello di “restare compatti nella richiesta – viene spiegato nella nota - all’Unione Europea di ritirare la proposta di regolamento sull’impiego di fitosanitari e di rivedere sostanzialmente la proposta di uso del packaging e della riduzione degli imballi di plastica”.

In parallelo si prospetta la utilità di un confronto con tutti gli attori della filiera, dalla produzione alla distribuzione, per ricercare soluzioni in grado di migliorare le performances di lavoro, ad es. con razionalizzazione della logistica e del packaging, delle modalità di utilizzo dei mezzi di produzione, oppure in collaborazioni orientate alla migliore valorizzazione del prodotto allo scaffale.