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L’energia divide l’Europa: Germania, Olanda e Austria dicono no allo Sure

Altra giornata campale per risolvere la questione del caro bollette e quindi la crisi energetica. Dopo che la scorsa settimana, al Consiglio europeo, i ministri dell’Energia o similia dei 27 Paesi dell’Unione non hanno trovato un accordo sul tetto al prezzo del gas, un nuovo arretramento c’è stato oggi per quanto riguarda il piano Sure proposto ieri da Paolo Gentiloni e Thierry Brenton.

Le Maire e Lindner
Bruno Le Maire e Christian Lindner – Nanopress.it

Nella riunione del Consiglio Ecofin, a Lussemburgo, infatti, si è bocciata la proposta del nostro commissario per gli Affari economici e del commissario al Libero mercato francese, che anche la Commissione europea ha bollato come un’iniziativa personale dei due membri dell’esecutivo di Bruxelles. Ma a pesare sono stati anche i veti della solita Germania, dei Paesi Bassi e dell’Austria. Contro i tedeschi, si è scagliato anche Viktor Orban, il primo ministro ungherese.

Il Consiglio Ue boccia la proposta dello Sure di Gentiloni e Brenton: Germania, Olanda e Austria decisivi

Erano iniziate bene le cose in mattinata nel consiglio di Economia e Finanza (Ecofin) del Consiglio europeo. Per arginare la crisi energetica e il conseguente caro bollette, a Lussemburgo, i delegati dei 27 Paesi membri dell’Unione, infatti, avevano trovato un accordo sul RePowerEu, un piano messo a punto dalla Commissione europea per rendersi più indipendente dal gas russo e che verrà inserito nei Piani nazionali di ripresa e resilienza di ogni Stato membro.

Una buona notizia, è vero, a cui ne è seguita un’altra che di bello ha ben poco. Valdis Dombrovskis, vicepresidente dell’esecutivo di Bruxelles, infatti, a margine dell’Ecofin, ha detto esplicitamente che un modello Sure, come quello proposto durante il Covid, ha bisogno di “ulteriori discussioni, perché ci sono differenti visioni attorno al tavolo su questa questione“.

Gentiloni Breton
Paolo Gentiloni e Thierry Breton – Nanopress.it

Prima di entrare nel merito di queste “differenti visioni”, è necessario fare un passo indietro. In un’editoriale affidato alle redazioni di alcuni giornali esteri, Paolo Gentiloni, commissario europeo per gli Affari economici, e il francese Thierry Breton, commissario europeo per il Mercato interno e i servizi, avevano proposto di riadattare il piano Sure, appunto, all’emergenza che si sta vivendo ora, soluzione che già in passato aveva proposto anche il nostro presidente del Consiglio uscente, Mario Draghi.

In pratica, come durante la fase più accesa della pandemia, si sarebbe trattato di un programma di prestiti a tassi di favore, erogati dalla Commissione che, dopo aver raccolto le garanzie dagli Stati, avrebbe emesso obbligazioni e girato i fondi a chi gli avrebbe richiesti. Un modello, a detto del nostro ex premier, che avrebbe consentito di “evitare la frammentazione e aumentare la solidarietà tra Paesi“.

Solidarietà che non si è vista soprattutto dalla Germania. “Dobbiamo fare dei progressi sugli acquisti comuni di gas e cambiare la struttura del mercato elettrico – ha detto Christian Lindner, ministro delle Finanze del governo di Olaf Scholz -, ma gli strumenti utilizzati in pandemia non possono essere trasferiti in un contesto di shock dell’offerta e di inflazione“. Contrari, però, alla proposta di Gentiloni e Breton anche l’Austria e l’Olanda.

Il ministro delle Finanze austriaco, Magnus Brunner, ha risposto nella stessa maniera della stessa Commissione europea, definendo il piano come un'”iniziativa personale dei commissari competenti“, ha detto il portavoce del governo europeo, Eric Mamer. La stessa presidente Ursula von der Leyen ha invece parlato “della necessità di soluzioni europee“.

La Germania difende il suo piano nazionale e Orban va all’attacco

Tornando alla Germania, Lindner ha anche voluto difendere il piano messo a punto dal governo di Berlino per contrastare il caro energia con lo stanziamento di 200 miliardi per le imprese tedesche in difficoltà dicendo che “è proporzionato alla nostra economia“.

Le misure licenziate, però, preoccupano non poco l’Europa: il timore è che la Germania si possa mettere in una posizione di eccessivo vantaggio competitivo rispetto agli altri Paese. Dopo la tirata di orecchie della Commissione, il ministro delle Finanze ha spiegato che lo scudo protettivo “è mirato ed è pensato per il 2022, 2023 e 2024“. Dichiarazioni che fanno eco a quelle del suo cancelliere. “Le misure che stiamo adottando sono giustificate“, ha detto in una conferenza con il primo ministro olandese, Mark Rutte. E ancora: “Non sono isolate, e sono state adottate altrove“.

Non in Ungheria, però. Il presidente Viktor Orban, infatti, è stato il primo a scagliarsi contro Berlino. In un video su Twitter pubblicato dal suo consigliere, Balazs Orban, il leader del partito Fidesz – Unione Civica Ungherese ha detto l’annuncio del piano tedesco è stata “una notizia esplosiva“. Per il primo ministro dello Stato caucasico, “non c’è una soluzione comune europea per aiutare le società europee, le sanzioni sono imposte a tutti, ma non c’è un fondo finanziario comune per compensare gli effetti“.

Gli Stati ricchi salveranno le proprie società con ingenti somme di denaro, mentre i poveri non possono. È l’inizio del cannibalismo in Ue“, ha concluso prima di esortare Bruxelles a “fare qualcosa” altrimenti “questo distruggerà l’unità europea“.

PM Orbán: The sanctions policy is being imposed on all m/s, but there’s no common fund to compensate for the financial consequences. As Germany does now, the rich will be able to bail out their own companies, while the poor cannot. This is the beginning of cannibalism in the EU. pic.twitter.com/kCKJkeiMuK

— Balázs Orbán (@BalazsOrban_HU) October 4, 2022