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L’occupazione è ai massimi, ma i giovani perdono posti di lavoro

I giovani italiani perdono ancora terreno nel mercato del lavoro. A ottobre 2022, mentre sono cresciuti gli occupati totali e il tasso di occupazione sale al 60,5 per cento, valore record dal 1977 (primo anno delle serie storiche), si contano trentaquattromila occupati in meno tra gli under 35 italiani rispetto a settembre. Quasi ventimila sono i posti di lavoro persi tra i trentacinque e i quarantanove anni. Il segno più, invece, si trova solo tra gli over 50, con 135mila occupati in più in un mese.

È la fotografia di un mercato del lavoro alle porte della recessione economica, nonostante l’Italia cresca più degli altri Paesi europei. Ma con l’inflazione che da noi continua ad aumentare, i sintomi della crisi cominciano già a vedersi nel mercato del lavoro da qualche mese.

L’occupazione a ottobre 2022 ha continuato a crescere lievemente, con +0,4 per cento (pari a 82mila posti in più) in un mese. Di più tra le donne (+56mila) rispetto agli uomini (+26mila). Tra la componente femminile, in particolare, si nota un trasferimento dalla condizione di inattività all’occupazione, con le inattive che diminuiscono di 64mila unità in un solo mese. Gli inattivi invece aumentano tra i giovanissimi fino a 24 anni (+13mila) e nella fascia tra i 35 e i 49 anni (+28mila).

Al netto della componente demografica, cioè tenendo conto che la popolazione italiana continua a invecchiare e la presenza delle nuove generazioni nella forza lavoro si riduce, i giovani restano comunque alla testa della rimbalzo dopo la pandemia. Ma con un +4,1 per cento, perdendo circa tre punti rispetto a giugno, quando avevano raggiunto il +7,2 per cento.

Crescono soprattutto i dipendenti con contratti a tempo indeterminato, come già certificato dai dati Inps, con 117mila lavoratori stabili in più in un mese. Anche se in questo caso – come facciamo sempre notare – non sappiamo quanti di questi siano nuovi occupati o lavoratori usciti dalla cassa integrazione (le nuove modalità di calcolo di Istat considerano infatti non occupati i lavoratori in cassa da più di tre mesi). In un anno, i contratti stabili sono 502mila in più.

Gli inattivi a ottobre 2022 diminuiscono di 62mila unità, mentre i disoccupati di ottomila. Dato che fa immaginare che molti non siano nuovi assunti, ma lavoratori a cui è cessata la cassa integrazione.

La notizia in chiaroscuro però è il segno meno tra i contratti a termine, con un calo di 18mila unità, trentacinquemila in meno in un anno. Un dato, questo, che si allinea al calo degli occupati nelle fasce più giovani, dove i contratti a termine – soprattutto nel momento di ingresso nel mercato del lavoro – sono più diffusi. Calano anche gli autonomi (-17mila in un mese), anche se su base annua il saldo è positivo (+29mila).

Confrontando il trimestre agosto-ottobre 2022 con quello precedente (maggio-luglio), si registra una sostanziale stabilità del numero di occupati. Ma la stabilità dell’occupazione registrata nel confronto trimestrale si associa alla diminuzione delle persone in cerca di lavoro (-1,7 per cento, pari a -34mila unità) e alla crescita degli inattivi (+0,1 per cento, pari a +13mila unità). Il che non è una buona notizia.

Il numero di occupati a ottobre 2022, in ogni caso, supera quello di ottobre 2021 del 2,2 per cento (+496mila unità). L’aumento coinvolge entrambi i sessi e tutte le classi d’età, a eccezione dei 35-49enni per effetto della dinamica demografica negativa.

L’inverno demografico, insomma, si fa sentire sul mercato del lavoro anche nei numeri. Spiegando in parte anche il crescente disallineamento di competenze e la scarsità di manodopera lamentata da molti imprenditori.