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L'Orazione di Mons. Gallagher: 'San Marino tesoro di democrazia e libertà'

Eccellentissimi Capitani Reggenti,
Signori Segretari di Stato,
Onorevoli Membri del Consiglio Grande e Generale,
Distinti Membri del Corpo Diplomatico e Consolare,
Signore e Signori,

sono molto onorato di poter prendere parte all’odierna cerimonia così ricca e bella; antica nel simbolismo, eppure moderna nel precorrere i tempi quanto al significato politico e istituzionale. È davvero una festa, che mostra la gioia dei sammarinesi di appartenere a una comunità florida di valori e di tradizioni, religiose e civili. Desidero, pertanto, ringraziare per l’invito rivoltomi ad intervenire quest’oggi e, in modo particolare, il Segretario di Stato per gli Affari Esteri, S.E. il Sig. Luca Beccari, per le cortesi parole con cui mi ha introdotto. La mia presenza intende testimoniare i vincoli profondi che legano la Santa Sede e la Repubblica di San Marino. I cordiali incontri che i Capitani Reggenti pro tempore hanno intrattenuto con il Santo Padre Francesco, unitamente alle visite compiute da san Giovanni Paolo II nel 1982 e da Benedetto XVI nel 2011, testimoniano le radici molto antiche dei vincoli che ci legano e che hanno avuto modo di consolidarsi negli ultimi decenni attraverso la firma di alcuni Accordi bilaterali.

Questa occasione solenne si svolge sotto lo sguardo vigile e premuroso del vostro Fondatore e celeste Patrono, San Marino, la cui immagine domina questa sala, cuore pulsante delle istituzioni secolari della vostra Repubblica. Proprio a lui, vorrei dedicare un primo pensiero. La vita del Santo Diacono Marino è stata costellata di numerose prove, che ne hanno temprato la fede e il carattere. Marino non si lascia vincere dalle difficoltà, né sedurre dalla mentalità del suo tempo. Non rinunciò a vivere la sua fede e la sua identità cristiana in un’epoca di violente persecuzioni. Egli si è ritirato su questo monte non tanto per fuggire dalle problematiche quotidiane, quanto piuttosto perché era alla continua ricerca della pace e della verità e da qui poteva avere un punto di osservazione più elevato e uno sguardo più lungimirante sulla realtà. Nella prospettiva cristiana “salire la cima del monte” è da sempre simbolo della santità. E la santità, ci ricorda Papa Francesco, non consiste nel compiere eroismi particolari, ma nel «servire e dare la vita» , cioè nel «non anteporre i propri interessi; disintossicarsi dai veleni dell’avidità e della competizione (...) vivere le cose di ogni giorno in spirito di servizio». È proprio quello che fa san Marino, la cui vita può apparire alla mentalità moderna piuttosto modesta. Ma come ricorda il profeta Zaccaria: «Chi oserà disprezzare il giorno di così modesti inizi?» (Zc 4,10). Se siamo qui oggi è proprio per celebrare questi modesti inizi, che hanno plasmato il popolo sammarinese, e soprattutto per ricordare che lo spirito che animò il Santo è quello che dovrebbe animare ogni uomo e donna, ma specialmente quanti hanno responsabilità pubbliche, nonché lo stesso dialogo tra i popoli e le nazioni.

La politica è chiamata a nutrirsi dell’esempio di San Marino, adoperandosi sempre in favore del bene comune e specialmente di quanti sono più deboli e bisognosi. È lo spirito con cui tra poco i Capitani Reggenti eletti presteranno giuramento secondo l’antica formula delle Leges Statutæ Sancti Marini: «Eritis favorabiles, ac benigni defensores Viduarum, Orfanorum, Pupillorum, miserabiliumque personarum»; «Sarete favorevoli e benigni difensori delle vedove, degli orfani, dei pupilli e delle miserevoli persone», come recita la traduzione del Fattori.

D’altronde l’idea stessa che la politica sia anzitutto un servizio e che ciascuno, secondo le propria possibilità, è chiamato a prendervi parte sta alla base stessa della struttura delle vostre istituzioni repubblicane. Il succedersi dei Capitani Reggenti ogni sei mesi, sul modello consolare della Roma repubblicana, sottolinea che l’esercizio dell’autorità è anzitutto un mettersi a disposizione della comunità civile, senza essere esposti all’amore per il potere che inquina le azioni umane. L’esercizio, poi, della Reggenza secondo un principio di collegialità vi porta naturalmente al dialogo e al confronto, che è l’essenza della democrazia, specialmente in un tempo in cui crescono le polarizzazioni e il dibattito politico è improntato piuttosto allo scontro di opposte visioni ideologiche. La struttura stessa della vostra Repubblica, che giustamente avete custodito lungo i secoli, favorisce invece quella che Papa Francesco chiama la “cultura dell’incontro”, che è fatta di ascolto reciproco e di rispetto per le sensibilità di ciascuno.

A ciò si associa anche una lunga tradizione di accoglienza e di ospitalità. Lo stesso Marino accolse intorno a sé quanti cercavano rifugio dalla persecuzione anticristiana dell’Imperatore Diocleziano e altri nei secoli cercarono e trovarono all’ombra del Titano libertà e rifugio da persecuzioni e ingiustizie subite. D’altronde, san Marino è patrono pure di quanti vengono accusati ingiustamente, avendo egli stesso subito false accuse. Questo spirito di accoglienza è assai vivo ancor oggi, basti pensare all’ospitalità che nei mesi scorsi avete offerto ad alcune centinaia di ucraini che fuggivano dalla guerra.

Eccellentissimi Capitani Reggenti e illustri Autorità qui convenute,

La tradizione vuole che San Marino, poco prima di morire, abbia detto ai suoi «Relinquo vos liberos ab utroque homine», che potremmo tradurre in termini moderni con: «vi lascio liberi da ogni potere umano». In tale affermazione possiamo vedere un duplice risvolto.

Il primo lo traggo dai colori della vostra bandiera che richiamano il cielo. Diverse sono le letture simboliche che se ne possono dare, legate in modo particolare a due valori chiave della tradizione sammarinese, la pace e la libertà. Quest’ultimo, in particolare, è un termine che può essere facilmente frainteso. Molti uomini si sono battuti per liberarsi dal giogo dell’oppressore per poi trovarsi più miseri di prima. Sotto la bandiera della libertà sono state compiute non poche violenze nella storia. Molta confusione regna persino oggi su questo termine, al punto tale che esso non di rado è frainteso con l’idea di poter fare ciò che si vuole. Una siffatta libertà diviene facilmente l’anticamera dell’anarchia, specialmente se ridotta ad affermazione di diritti individuali, senza considerazione per i doveri cui gli uomini e le donne autenticamente liberi accettano di adempiere.

Il richiamo al cielo contenuto nella vostra bandiera indica un’idea diversa di libertà, che attinge proprio alla vita del vostro Fondatore, il quale era un uomo libero perché la sua vita era legata a Dio. Nella sua esistenza riecheggiava potentemente la parola evangelica: «la verità vi farà liberi» (Gv 8,32). Libertà e cielo vanno di pari passo e se si dimentica questo orizzonte, si finisce per diventare schiavi della mentalità dominante o di presunte “libertà” che facilmente sfociano in violenza. Un’autentica libertà rifiuta, invece, ogni legame con l’ingiustizia, con la logica del potere e con la forza.

La Repubblica di San Marino ha potuto giustamente fare della parola “libertà” il suo motto, perché ha mantenuto vivo il nesso fra cielo e terra, fra ciò che è di Dio e ciò che è di Cesare, mostrandosi «una terra aperta alla trascendenza, in cui chi è credente [è] libero di professare pubblicamente la fede e di proporre il proprio punto di vista nella società». D’altra parte, come ebbe a dire san Giovanni Paolo II nella sua visita a San Marino: «La religione è una realtà di estremo rilievo anche storico e culturale, che non può essere sradicata dal cuore umano. Come è stato autorevolmente affermato in occasione della solenne inaugurazione di questo ricostruito Palazzo del Governo, niente “sequestrerà Dio dalla storia”!»

Tale apertura è chiamata a riflettersi nel dibattito politico, specialmente nell’esercizio del potere legislativo per il bene di tutta la società. Il principio di sana laicità, che contraddistingue la Repubblica, non può disgiungere la doverosa autonomia di cui gode l’ordinamento civile dalla bussola morale che è iscritta nella natura umana e che, nella tradizione cristiana, attinge alla rivelazione evangelica.

Inoltre, proprio l’apertura al trascendente, che ha caratterizzato la storia sammarinese, consente a buon diritto alla Repubblica di farsi promotrice della libertà religiosa nei consessi internazionali, non mancando di richiamare che essa è un diritto fondamentale di ogni persona umana che non può essere relegato ad un ambito meramente privato.

Il secondo risvolto che da sempre segna la libertà sammarinese è certamente di carattere più “terreno”. Nelle alterne vicende della penisola italiana, la Repubblica ha sempre saputo custodire la propria indipendenza e sovranità. L’avete difesa davanti a Cesare Borgia e all’Occupazione alberoniana, e sapendo abilmente resistere alle lusinghe napoleoniche di allargamenti territoriali che, nel tempo, avrebbero potuto minare la pace e l’avvenire stesso di San Marino.

Richiamare le parole del Santo non è però solo un guardare al passato, ma esige che ne comprendiamo lo spirito e l’attualità, per affrontare il presente ed il futuro, soprattutto nei tempi incerti che stiamo attraversando. Come l’epoca di san Marino fu un tempo di passaggio e di profondi mutamenti, così è la nostra. Anzi, come spesso ricorda Papa Francesco: «Si può dire che oggi non viviamo un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’epoca».

La pandemia e ora la guerra in Ucraina, con le conseguenze economiche e sociali che ne derivano, hanno profondamente segnato il mondo e l’Europa in un tempo che già vedeva maturare subbugli interni e una ridefinizione generale di equilibri e principi che avevano contraddistinto il contesto internazionale uscito dal secondo conflitto mondiale. Purtroppo, proprio la crisi del sistema multilaterale ha condotto all’acuirsi di tensioni e divisioni. D’altronde, essa sorge anche come effetto di una globalizzazione che ha tentato di appiattire le differenze, imponendo talvolta “colonizzazioni ideologiche”, contrarie alla sensibilità di molti popoli, con l’effetto di contribuire alla riduzione dell’efficacia di alcuni importanti fori internazionali.

Papa Francesco ci ricorda che l’umanità potrebbe evitare la minaccia del ricorso a conflitti armati ogni volta che sorge una vertenza tra Stati nazionali, ed eluderebbe il pericolo della colonizzazione economica e ideologica delle superpotenze, evitando la sopraffazione del più forte sul più debole, se prestasse attenzione «alla dimensione globale senza perdere di vista la dimensione locale, nazionale e regionale. Di fronte al disegno di una globalizzazione immaginata come “sferica”, che livella le differenze e soffoca la localizzazione, è facile che riemergano sia i nazionalismi, sia gli imperialismi egemonici. Affinché la globalizzazione possa essere di beneficio per tutti, si deve pensare ad attuarne una forma “poliedrica”, sostenendo una sana lotta per il mutuo riconoscimento fra l’identità collettiva di ciascun popolo e nazione e la globalizzazione stessa».

Il tesoro di democrazia e di libertà che la Repubblica custodisce è la vostra bussola di riferimento in un mondo che tende ad essere sempre più segnato dall’assenza di fiducia reciproca. Certamente vi può essere la tentazione da parte di una realtà piccola di pensare “ma io cosa posso fare? Non ho la forza per cambiare le logiche del mondo”. Se Marino avesse pensato ciò, non saremmo qui oggi a celebrare la più antica repubblica d’Europa. Al contrario, essa ha sempre mostrato che salvaguardare la propria indipendenza, ovvero la forza delle sue tradizioni religiose, culturali, politiche e giuridiche, non significa isolarsi dal contesto internazionale, ma è l’occasione propizia per arricchire il confronto in seno alla comunità internazionale, anche perché le sfide del nostro tempo non possono essere certamente affrontate senza sinergie fra gli Stati.

Voi avete scommesso sull’importanza del dialogo tra le nazioni e lo fate oggi in qualità di membro di diverse Organizzazioni internazionali, adoperandovi in favore della pace, un valore che è iscritto nel DNA di San Marino. D’altronde la vostra storica posizione di neutralità vi ha sempre consentito di sviluppare relazioni pacifiche ed è oggi quanto mai preziosa per non guardare ai conflitti con l’approccio di chi cerca rapporti di forza, ma di chi si adopera sinceramente per la riconciliazione e la concordia tra i popoli, ed è consapevole che – come ricordava, con parole attualissime, Pio XII alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale – «nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra. Ritornino gli uomini a comprendersi. Riprendano a trattare. Trattando con buona volontà e con rispetto dei reciproci diritti si accorgeranno che ai sinceri e fattivi negoziati non è mai precluso un onorevole successo».

Eccellentissimi Capitani Reggenti e illustri Autorità qui convenute,

Tra pochi giorni ricorrerà il 60° anniversario della storica enciclica di san Giovanni XXIII, Pacem in terris, pubblicata pochi mesi dopo la crisi dei missili di Cuba, quando il mondo era al culmine della guerra fredda e il rischio di un conflitto nucleare appariva ben più che una minaccia. Giovanni XXIII evidenzia che la pace esige il rispetto reciproco di ogni comunità politica nei confronti dell’altra. Perché ciò avvenga i loro rapporti devono essere regolati «nella verità, nella giustizia, nella solidarietà operante, nella libertà. La stessa legge morale, che regola i rapporti fra i singoli esseri umani, regola pure i rapporti tra le rispettive comunità politiche».

È questa la prospettiva della presenza della Santa Sede nel contesto internazionale, attraverso il suo impegno a favore della pace, della riconciliazione tra i popoli e dello sviluppo umano integrale, come, a più riprese, ha evidenziato Papa Francesco, specialmente nei suoi annuali incontri con il Corpo Diplomatico. Ciò implica la salvaguardia dei diritti umani fondamentali, a partire dal diritto alla vita e alla libertà religiosa; una gestione organica e solidale della questione migratoria, avendo presente che i migranti sono anzitutto persone che fuggono da gravi situazioni di pericolo o di estrema povertà; la creazione di condizioni di lavoro degne; la cura della nostra casa comune; il disarmo e un ripensamento profondo del sistema multilaterale, perché esso possa ritornare luogo privilegiato di risoluzione delle contese e di incontro, per edificare una pace stabile e duratura.

Verità, giustizia, carità e libertà: sono i punti di riferimento che hanno caratterizzato anche la vita del Diacono Marino e che egli ha trasmesso, di generazione in generazione, agli abitanti del Titano. Sono la premessa indispensabile della pace che avete con successo perseguito nei diciassette secoli della vostra storia, e sono ancor oggi la bussola che dirige il popolo sammarinese, proteso verso il cielo, grazie anche alla sua bellissima posizione geografica, e nello stesso tempo attento alla concretezza dei bisogni dei suoi cittadini, ma anche di quanti vanno cercando rifugio, giustizia, libertà e pace.

Quale augurio a voi tutti e, in modo particolare, ai Capitani Reggenti eletti, faccio mie le parole che Benedetto XVI pronunciò in questa sala il 19 giugno 2011: «A voi perciò, illustri Signori e Signore, il compito di costituire la città terrena nella dovuta autonomia e nel rispetto di quei principi umani e spirituali a cui ogni singolo cittadino è chiamato ad aderire con tutta la responsabilità della propria coscienza personale; e, allo stesso tempo, il dovere di continuare a operare attivamente per costruire una comunità fondata su valori condivisi». In quest’opera non mancherà di assistervi, accompagnarvi e guidarvi il vostro celeste Patrono affinché possiate «scrivere una nuova e nobile pagina di storia e [divenire] sempre più una terra in cui prosperino la solidarietà e la pace».

Grazie.

Orazione ufficiale di S.E. Mons. Paul Richard Gallagher Segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali San Marino