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La nuova Chiesa nasce a Genova, 29 diaconi permanenti per funerali e battesimi, con i paramenti ma non sono preti

Chissà cosa direbbe il cardinale-principe Giuseppe Siri, osservando dall’alto quello che sta succedendo nella sua chiesa genovese, governata per 45 anni con la voce stentorea, la mani ferme, un conservatorismo che non era certo occhiuto, la tradizione osservata tra incenso e stile impeccabile?

Oggi sugli altari delle sue chiese, sempre più spesso chiuse, sempre più deserte, sempre meno affollate di fedeli, salgono per molte celebrazioni i laici, con gli abiti liturgici e celebrano le funzioni, come per esempio i funerali. E gestiscono il funzionamento delle chiese non come i sacrestani, ma proprio da vice sacerdoti. Sono almeno 29 e vengono definiti “diaconi permanenti” per distinguerli da diaconi transeunti, quelli che stanno per diventare sacerdoti e si avviano alla consacrazione.

Tasca ha varato questa rivoluzione totale come un generale francescano. Il vescovo di Genova, appunto, appartiene all’Ordine di san Francesco, di cui è stato il “capo”. Marco Tasca è un frate molto silenzioso e appartato in questa città che ha sempre avuto cardinali scintillanti e appariscenti per il loro prestigio, la loro imponenza non solo formale, ma di ruolo, come appunto Siri e poi Tettamanzi e poi Bertone, che fu pure segretario di Stato Vaticano, .

Disarmato dal crollo delle vocazioni, obbligato dalle troppe chiese chiuse, dall’incredibile situazioni di parroci, che si vedono affidate addirittura dieci parrocchie, come don Lorenzo Nanni, che gestisce in Val Vobbia, dove con l’aiuto laico riesce a celebrare almeno due funzioni al mese.

I “magnifici 29”, che hanno risposto all’appello del vescovo-frate, hanno una vita e un lavoro, sono quasi tutti sposati e hanno quasi sempre famiglia. Spesso sono anche nonni con molto tempo libero. Se diventano diaconi permanenti o perpetui il loro stato congela il celibato, se sono celibi, e la vedovanza, se sono vedovi. Se invece sono più o meno felicemente sposati, tali restano.

Questa Chiesa di Genova rivoluzionata non nello spirito dell’emergenza, come ha spiegato Tasca, ma dalla spinta verso il cristianesimo di molti fedeli, sta facendo anche una campagna per trovare altri candidati al questo ruolo laico-religioso. Si devono trovare uomini di buona volontà che siano disposti ad andare a distribuire l’Eucarestia agli ammalati negli ospedali,nelle Rsa.

“E’ questa la strada da percorrere, spiegano nella Curia genovese, una volta roccaforte di una tradizione tanto forte che sconsigliava ai preti di indossare il clergyman.

Così si prende esempio da quanto da tempo succede in Africa e in Asia, in Amazzonia, dove, come Blitzquotidiano ha spesso raccontato, i cosidetti “viri probati”, laici vicinissimi alla chiesa, svolgono funzioni liturgiche ben più avanzate di quelle genovesi e ci si mette in quel solco.

A Genova sono scesi in campo in una situazione già da tempo emergenziale. Tasca ha da tempo eliminato la figura del viceparroco, molte parrocchie sono da tempo rette da sacerdoti stranieri o chiamati da fuori diocesi.

E se il parroco si ammala cosa si fa? Racconta uno di questi 29 super sostituti, Gian Antonio Giacopello, 80 anni , già funzionario della Provincia che dal 1999 era entrato in azione, che oggi gli capita di celebrare funerali, di impartire battesimi. L’unica cosa che non si può fare è, ovviamente, dire messa e confessare.

” L’importante, sottolinea, è tenere aperta la chiesa, animare la comunità che altrimenti si disperderebbe.”

Così tra questi diaconi permanenti, che sicuramente cresceranno di numero, ci sono ex poliziotti, ex dirigenti d’azienda. Unica condizione: se sono sposati ci vuole l’assenso della moglie. “Qualcuno mi chiamava don, confessa uno dei 29 diaconi permanenti. ma il mio parroco non gradiva.”

E così nella vecchia roccaforte di Siri sembra essere incominciata una nuova epoca della Chiesa nella società europea, che va scristianizzandosi con una velocità impressionante e dove il problema della “ritirata” della fede, della resa della Chiesa sembra qualcosa di oramai irreversibile, un cambiamento con profondi connotati geopolitici, come ha osservato recentemente sul “Corriere della Sera”, Ernesto Galli della Loggia.

Cosa succede se la Chiesa, senza più preti ( il seminario di Genova non ha un solo giovane che vuol diventare prete), con i riti oramai celebrati per pochi intimi, con il problema di “riconvertire” gli edifici sacri, oramai inutili, accetta questa ritirata della fede dallo scenario europeo?

In realtà è dalla fine della Seconda guerra mondiale che la Chiesa cattolica romana è in ritirata, da quando il modello americano consumistico ha affermato anche in Europa, e prima di tutto in Europa, i suoi principi: allora il problema si è presentato. Malgrado l’affermazione politica di partiti cattolici, come in Italia la Democrazia Cristiana, quel modello ha incominciato a rosicchiare le comunità cattoliche, ben lontane da realizzare il sogno del grande filosofo Maritaine di una” società cattolica.”

I grandi cambiamenti postbellici hanno spinto, in un clima da guerra fredda puntata sulla coesistenza tra Usa e Urss e da ascesa ideologica del terzomondismo, hanno spinto la Chiesa verso quello che sarebbe stato il Concilio Vaticano II, con tutti i cambiamenti che si portava non solo nel cuore della Chiesa e delle sue liturgie, ma nel contorno. La fede assoluta nella scienza e nelle sue conquiste, la fiducia nel progresso economico inarrestabile, la convinzione che il consenso dei governanti sui diritti umani, ovunque e comunque, sarebbe diventato universale. Pia illusione.

Tutto questo in realtà portava l’Europa a marginalizzarsi.

E’ lì che è incominciata la scristianizzazione del Continente, che è stato la culla del cattolicesimo con Roma epicentro, grazie al papato.

E sono stati inutili le battaglie ultra europee, come quella di papa Woytjla contro l’assolutismo sovietico. Poi sono arrivati Benedetto, il grande teologo, più studioso che pastore. E ora è arrivato Francesco, che ha aperto le porte socchiuse con il Vaticano II a un universalismo della battaglia contro le diseguaglianze, che necessariamente è soprattutto fuori dall’Europa.

Così il cristianesimo, che era cumsostanziale all’Europa, ha incominciato a svuotarsi sempre di più velocemente in questi confini, con una rassegnazione, un po’ conseguenza della anche violenta ferocia islamista e della convinzione che oramai fuori dall’Occidente ogni spinta internazionalista era niente di più che un “flatus voci”, come ha ancora scritto Della Loggia.

Le radici della Chiesa sono, però, in Europa. Ecco allora il rischio che si consumino inesorabilmente, a partire proprio dal cuore, dal Vaticano, tra processi a cardinali, disordini finanziari, intrighi come quello di Emanuela Orlandi, davanti ai quali il papa “corre” nella sua battaglia alle diseguaglianze universali e nomina cardinali solo nel cosidetto Terzo Mondo, che sta diventando il primo. E trattando con la Cina tra mille polemiche.

Pochi sanno che fra pochi anni, nel 2030, i cattolici saranno in Cina 230 milioni.

Vuol dire incredibilmente che questo sarà il paese al mondo con più cattolici. E le mosse del Papa così si spiegano bene.

Allora il piccolo, anzi piccolissimo, esempio della mini rivoluzione di Genova, dove il vescovo-frate lancia i diaconi perpetui per ovviare allo svuotamento dei seminari, alle chiese svuotate, invocando la spinta ancora esistente delle comunità cristiane, diventa un segnale. Un lumicino di grandi, immani cambiamenti, che incominciano lì e proseguiranno altrove in modo molto più eclatante, per esempio come si capisce nello scontro epocale tra la Chiesa tedesca, sull’orlo dello Scisma, e Roma che non risponde o risponde no.