Martedì confronto tra Regioni e Governo: il presidente proporrà un documento che contiene il ritorno delle zone gialle
UDINE. Forse è troppo tardi per riuscire a fare cambiare idea a Mario Draghi, dopo la conferenza stampa del premier di metà settimana, ma le Regioni, Friuli Venezia Giulia compreso, vogliono quantomeno provarci e martedì 30 marzo alle 17 spiegheranno al ministro degli Affari regionali Mariastella Gelmini la necessità, a dire dei presidenti, di provare a ipotizzare almeno un calendario di possibili aperture e, soprattutto, il ripristino della zona gialla per quei territori in cui, nelle prossime settimane, l’incidenza del virus dovesse essere più blanda.
Il vertice di martedì pomeriggio è stato fissato da tempo e, almeno originariamente, organizzato per cercare di abbassare la temperatura tra centro e periferia dopo le accuse, nemmeno troppo velate, rivolte dal Governo alle Regioni sulla gestione della campagna vaccinale, la riposta stizzita di quasi tutti i presidenti, compresi i dem Stefano Bonaccini ed Eugenio Giani, e l’aver messo nel mirino del ministro della Salute Roberto Speranza. Se Massimiliano Fedriga, ad esempio, aveva sostenuto di ritenere quantomeno «ingiuste» le critiche nei confronti di chi «segue soltanto le indicazioni ministeriali», Bonaccini aveva spiegato come «per gran parte del Paese non è mancata l’organizzazione, ma sono mancati i vaccini».
E proprio per questo motivo martedì pomeriggio al tavolo virtuale del confronto siederanno i governatori, il commissario Francesco Paolo Figliuolo e il numero uno della Protezione civile Fabrio Curcio, oltre appunto a Gelmini.
Nel corso delle ore, però, all’esigenza, primaria, di tracciare una sintesi sulla situazione presente e futura della campagna vaccinale, si è aggiunta la decisione, al momento ufficiosa, ma già comunicata da Draghi, di puntare tutto, dopo Pasqua, sulla riapertura di asili, elementari e prime medie confermando la sospensione delle zone gialle fino a maggio. Una conferma della stretta che non convince appieno le Regioni – e in questo caso sì, soprattutto quelle governate dal centrodestra – che non hanno nascosto più di un malumore. Ora, nessuno chiede aperture generalizzate dall’8 aprile in poi, però in tanti vogliono quantomeno il ritorno a una situazione simile a quella antecedente l’ultimo Decreto legge di Draghi nel quale, appunto, sono state abolite le zone gialle.
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Se non è possibile – è il ragionamento che filtra in queste ore – pensare a un modello inglese di gestione della pandemia, con un cronoprogramma preciso di riaperture, l’obiettivo deve essere almeno garantire il ritorno alle limitazioni della zona gialla per quelle Regioni che ne avranno diritto in base ai monitoraggi settimanali. Anche perchè, è sempre il discorso di una buona fetta di governatori, non si capisce come il sistema delle Regioni a colori – sempre difeso da Roma – poteva andare bene quando l’Italia era di fatto con le scorte di vaccini ridotte al minimo, ma non oggi con una campagna che sta accelerando. La terza gamba di questo ragionamento, infine, poggia sulla tenuta sociale e, se vogliamo, psicologica del aese e di diverse categorie economiche hanno necessità di vedere, quantomeno, una luce di speranza in fondo al tunnel delle serrate.
Teorie e richieste, queste, che Fedriga proporrà vengano inserite all’interno di uno specifico documento programmatico della Conferenza delle Regioni da consegnare al Governo prima dell’incontro ufficiale con Draghi fissato – come comunicato ieri da Bonaccini – in settimana e comunque in anticipo rispetto alla firma del nuovo decreto che entrerà in vigore a partire da mercoledì 7 aprile e che dovrebbe durare sino a fine mese.