Italy
This article was added by the user . TheWorldNews is not responsible for the content of the platform.

La sinistra smetta di fare il muso

Questo articolo è pubblicato sul numero 41 di Vanity Fair in edicola fino al 11 ottobre 2022

Beh, sì, ci vorrebbe il sommo Leopardi a narrarci la perfetta tempesta nei cuori fragili della Sinistra italiana or che gli augelli della Destra fan festa. Invece ci tocca ascoltare l’Enrico Letta che come un depresso adolescente chiede di rifare il mondo, anzi, direttamente il Partito democratico. Attribuendo alla forma della sconfitta quel che accadde per equivoco della sostanza. E la sostanza era che in qualità di segretario «con gli occhi di tigre» non vide affatto le regole del gioco, entrando nel campo di calcio delle scorse elezioni vestito da tennista, per di più con la racchetta in mano a silenziarne l’eloquio, come nell’ormai inguardabile Blow-Up, un tempo capolavoro di Antonioni, mentre la Destra tirava pallonate dentro la rete grande. Solo Giorgia Meloni ha fatto gol, incassando 7,3 milioni di voti, anche se a esultare, oggi, fanno finta i Salvini e i Berlusconi che ne hanno persi più di 5,5 milioni in due. Loro governeranno. Mentre gli addetti al permanente cantiere democratico vanno a stendersi sul lettino dello strizzacervelli, per lacrimare sugli 800 mila voti persi, un danno finanche clemente, visti i presupposti, ma che non vedono l’ora di trasformare in abisso, per compiangersi con tutta calma. Il congresso di rifondazione (sic!) lo hanno fissato non domattina, come sarebbe stato opportuno, ma a marzo 2023, tra sei mesi, il tempo «di un’ampia, profonda e articolata discussione», da infliggersi prima, durante e dopo gli apericena. Innocuo rigore intellettuale? Masochismo in purezza? Un mix di entrambi. Con sale quanto basta sulle ferite. Per continuare a fare quel che gli riesce meglio: parlare del Pd mentre il mondo parla del mondo. E poi spedire il prossimo segretario – ne hanno masticati 10 in 15 anni di vita – a cambiare le lampadine sul soffitto del salone, mentre tutti gli altri, nel guazzabuglio sottostante, ne condividono il calvario, litigando. «La verità è che siamo antipatici», ha detto con disarmante semplicità Gianni Cuperlo, illuminato dal dettaglio di essere stato per 5 anni sugli spalti a guardare l’onda lenta del partito che, al netto della crescente astensione, prospera a propria immagine nelle aree più garantite del Paese. Considerazione non nuova. Ma vera al punto da contenere i successivi dettagli che hanno condotto alla sconfitta prima per supponenza e poi per abbandono. Abbandono dei ceti di riferimento, prima di tutto: i più deboli, i poveri senza lavoro e i poveri da lavoro, i giovani senza futuro, i vecchi senza presente. Abbandono della difesa dei diritti sociali – il diritto allo studio, alla sanità pubblica, al lavoro non precario, alla legalità, all’equità fiscale – che vanno di pari passo con quelli civili, e non sempre in coda. Per poi provare a sentirsi un po’ più in sintonia con la vita grama dei molti, non solo con il benessere dei pochi. Smetterla di fare il muso. E forse un giorno recitare col poeta: «Ecco il sol che ritorna, ecco sorride». Oppure piangersi in perpetuo.

Per abbonarvi a Vanity Fair, cliccate qui.