Nel corso di una conferenza stampa sul suo primo anno di mandato il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha commentato: "Siamo in difficoltà senza dubbio, abbiamo un ostacolo che va trattato, ma siamo ancora nel mezzo del negoziato e resto ottimista, spero che si risolva nei prossimi giorni". Tuttavia l’ex premier belga, parlando a nome degli altri 25 partner, ha fatto muro sulla richiesta di eliminare le regole che vincolano l’esborso dei fondi europei al rispetto della legalità: “Lo Stato di diritto è una questione fondamentale al centro del progetto Ue, non può essere usato in modo arbitrario, perché la legge è il contrario dell'arbitrarietà".
Intanto il commissario europeo al Bilancio, Johannes Hahn, parlando al Financial Times afferma che Ungheria e Polonia “non possono impedirci di aiutare i nostri cittadini” con i fondi della ripresa e dunque conferma che Bruxelles prepara una soluzione per circumnavigare il doppio veto: “Stiamo lavorando alle alternative”. A Ungheria e Polonia "dev'essere chiaro che non ci arrenderemo a questo veto" e, se non dovesse esserci un accordo su Recovery Fund e bilancio Ue "andremo avanti senza di loro": ha ribadito il commissario Ue per l'Economia Paolo Gentiloni, alla Conferenza Rome Med-Mediterranean Dialogues, promossa dal ministero degli Esteri e dall'Ispi. "Non abbiamo molto tempo" per raggiungere l'intesa e "il momento giusto è la prossima settimana al Consiglio europeo", ha sottolineato dicendosi "personalmente preoccupato, ma fiducioso che alla fine supereremo questo veto". "Lo Stato di diritto non è un'opzione in Ue", ha aggiunto.Insomma, conferma che se al summit del 10 e 11 dicembre Orbàn e Morawiecki non rientreranno nei ranghi, il Recovery Fund partirà a 25. A Bruxelles si ragione su uno strumento comunitario simile a Sure, il fondo da 100 miliardi lanciato da Paolo Gentiloni per sostenere gli ammortizzatori sociali in piena crisi da pandemia che è gestito dalla Commissione ed emette eurobond grazie alle garanzie dei governi nazionali (che sostituirebbero quelle del Bilancio Ue – anch’esso bloccato dai ribelli dell’Est - per il Recovery). Visto che Polonia e Ungheria non parteciperanno, con ogni probabilità i fondi loro destinati verranno redistribuiti tra gli altri beneficiari.
Inoltre visto che anche il budget settennale dell’Unione è bloccato, Bruxelles si prepara ad andare a esercizio provvisorio, i cosiddetti dodicesimi, con i finanziamenti che andranno riallocati da zero (mentre il Bilancio ha già l’indicazione dei programmi e delle quote per stati): in tal caso, i partner sono convinti a tagliar fuori Polonia e Ungheria, che così oltre ai soldi del Recovery perderebbero i generosissimi fondi di coesione stanziati in loro favore.
I due subirebbero anche conseguenze politiche, come la probabile espulsione di Fidesz – il partito di Orbán – dal Ppe, collocazione che fino ad oggi ha giocato il ruolo di assicurazione sulla vita politica del premier ungherese. Inoltre Budapest e Varsavia finirebbero ai margini del progetto europeo e nessuno potrebbe più scommettere su una loro permanenza nella Ue nel medio termine.