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Le 48 famiglie delle forze del'ordine sfrattate dalle case popolari

la vicenda / Roma

I contratti di locazione sono scaduti e la società proprietaria degli immobili ha rimesso sul mercato gli alloggi: la storia

Vivono da quasi vent'anni all'interno di alloggi costruiti appositamente per loro, con affitti pagati regolarmente. Ma entro la fine di settembre saranno costrette ad andarsene, perché lo sfratto da parte della società proprietaria è esecutivo. Succede a Roma, nel complesso residenziale di Collina delle Muse tra i quartieri Boccea e Montespaccato. Sono 48 le famiglie di poliziotti, carabinieri e finanzieri in queste condizioni e al loro fianco si schiera il sindacato nazionale appartenenti Polizia, Snap, che si appella al ministro delle infrastrutture Matteo Salvini e a quello della difesa Guido Crosetto. 

Le famiglie di servitori dello Stato sotto sfratto a Montespaccato

La storia è stata più volte raccontata da RomaToday: nel 2002 un bando della Prefettura ha messo a disposizione una cinquantina di alloggi a Collina delle Muse, enclave tra Boccea e Montespaccato, piano di zona realizzato appositamente per famiglie di appartenenti alle forze dell'ordine. Lo scopo era duplice: evitare che dipendenti servitori dello Stato rischiassero l'emergenza abitativa (non avendo redditi abbastanza alti da permettere affitti o acquisti a prezzo di mercato) e creare un presidio di sicurezza in una fascia periferica nell'area occidentale della Capitale. 

Le case messe in vendita e l'intervento dei sindacati

Dopo 17 anni di regolare locazione, la Boccea Gestioni Immobiliari che ha costruito (con fondi pubblici) il quartiere dedicato alle forze dell'ordine, ha deciso di non rinnovare i contratti e mettere sul mercato gli appartamenti, ovviamente a prezzo di mercato, con valori che toccano anche i 300.000 euro in base all'OMI, l'osservatorio del mercato immobiliare dell'Agenzia delle Entrate che stabilisce i prezzi in base a collocazione, metratura e pertinenze e li aggiorna con cadenza semestrale.

Nessuna delle famiglie ormai ex assegnatarie ha la possibilità di acquisire l'appartamento in cui vive e così lo sfratto è apparentemente l'unico destino possibile, anche in base alle sentenze del Tar degli ultimi mesi. Una situazione che i sindacati non possono tollerare.

L'appello a Salvini e Crosetto

"Ci vuole un intervento immediato - scrive in una nota il sindacato Snap - al fine di interrompere il gravissimo dramma che riguarda lo sfratto di 48 famiglie di servitori dello Stato. Ciò che sconcerta è il totale disinteresse della politica e dello Stato, che fino a oggi ha visto convalidare la quasi totalità degli sfratti da alloggi di edilizia pubblica per far fronte all'emergenza abitativa e alle esigenze delle famiglie con particolari requisiti sociali.

La legge 151 del 91 convertita in legge 203 del 91 ex articolo 18 si è rivelata lacunosa e volta a favorire solo ingentissime somme di finanziamenti pubblici in favore di privati imprenditori spesso senza scrupoli i quali, piuttosto che consentire il riscatto o il rinnovo dei contratti di locazione, procedono allo sfratto, manu militari, degli stessi servitori dello Stato che tutelano la nostra società".

Snap: "La società sta agendo in violazione delle norme"

Snap, inoltre, sottolinea e ribadisce quanto già emerso in precedenza e denunciato da alcuni assegnatari sotto sfratto: la Boccea Gestioni Immobiliari sta proponendo in vendita gli appartamenti di Collina delle Muse a soggetti estranei alle forze dell'ordine. Una decisione confermata da lettere arrivate a luglio 2023. 

"È sconcertante - continua il sindacato nazionale, che si rivolge a Salvini e Crosetto - che continuino imperterriti con questo modus operandi, tramite i loro legali. A nostro avviso c'è un aperta violazione della legge, anche perché la società dichiara di voler affrancare il diritto di superficie a discapito delle norme e della sentenza delle Sezioni Unite, che vietano categoricamente questa modalità. È possibile che nella Repubblica Italiana si sfrattino famiglie col chiaro fine di speculare su alloggi sociali? È possibile che tutto questo avvenga a fronte di un Governo che pare resti alla finestra senza intervenire?". 

Il vincolo del prezzo massimo di cessione e lo scontro con il Comune

Gli alloggi costruiti all'interno dei piani di zona, in regime di edilizia residenziale agevolata e con contributo pubblico, sono vincolati nella vendita e nella locazione da un prezzo massimo di cessione stabilito da determinate tabelle di calcolo approvate dal Comune di residenza e che solitamente si stabilisce insieme alla convenzione urbanistica che dà il via all'intervento edilizio.

Il 16 giugno scorso, durante una commissione capitolina patrimonio e urbanistica convocata ad hoc, i legali della società immobiliare hanno dichiarato di non aver violato il vincolo, in aperta polemica con il Comune e in particolare con il presidente della commissione patrimonio, il Pd Yuri Trombetti, che due mesi fa attaccava così la società: "Non ha libertà di vendere sul mercato - accusava - perché c'è il vincolo dei prezzi massimi di cessione e questo i nostri uffici lo hanno messo nero su bianco. Inoltre, posso dire che le case a oggi non godono del certificato di agibilità: alla richiesta della società costruttrice nel 2004 è stato risposto con un'archiviazione della richiesta nel 2006 per carenza documentale, è un fatto per me incontrovertibile. Aggiungo, poi, che nella convenzione del 2004, firmata dopo la realizzazione degli immobili, si legge che il concessionario avrebbe dovuto inviare entro 6 mesi la tabella con i prezzi massimi di cessione applicabili agli alloggi per vendita e affitti, ma non è stato mai fatto: nel 2015 gli uffici certificano che non è mai stata presentata la tabella e così viene fatta dal Comune in autotutela".

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