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Le due mosse della sinistra (e della stampa amica): nascondere la crisi Pd bombardando Salvini

A leggere la stampa, sembra quasi che la vera notizia non sia la vittoria del centrodestra alle elezioni, ma la sconfitta della Lega. E’ vero, Salvini ha lasciato per strada metà dei consensi, e certamente sarà interessante registrare la sua posizione nel governo su tanti temi sensibili. Ma non staremo esagerando? Troppo spesso mirabili politologi, sedicenti superpartes, hanno il vizio di soffermarsi sui guai di una sola parte politica: quella che combattono. E sminuendo il resto. Anche prima del voto, venivano rimarcate con grandissima foga le divisioni tra i leader del centrodestra: leader che poi, a partire dal giorno della presentazione del cartello elettorale, si sono mossi come un sol uomo, o quasi. Ecco, a differenza del centrosinistra, Berlusconi, Salvini e Meloni hanno saputo interpretare istantaneamente lo spirito di questa (sgangherata) legge elettorale. Per governare occorre unirsi, non certo andare in ordine sparso per motivi di orgoglio, come accaduto alla compagnia di Letta, Calenda e Conte.

Il governo che verrà sarà chiamato ad affrontare una delle fasi più difficili della vita repubblicana, e occorrerà giudicarlo senza sconti, vista anche la mole di promesse e di aspettative sul tavolo. E però, detto questo, non possiamo fare a meno di notare che ci sono sconfitti e sconfitti. Lo stesso “maistream”, per usare una parola in voga, che fino a ieri suonava l’allarme democratico, e intendeva convincerci che dopo le elezioni ci saremmo risvegliati nel trentennio, quello stesso centro comunicativo oggi pare individuare un solo grande sconfitto, Salvini, dimenticandosi lo sfacelo del campo progressista. Ma la Lega, pur avendo subito la batosta, resta un partito con una base di ferro che si è già attivata, una piattaforma ideologica sostanzialmente immutata negli anni, e poi l’organizzazione farà il suo corso. Nel medio periodo, difficilmente la Lega potrà sparire dai radar, perché contiene al suo interno gli anticorpi derivanti dai territori che sono alla base del rinnovamento. Dalle parti del partito democratico, invece, il livello di caos sembra aver superato il livello di guardia. In vista del congresso, spuntano candidati più o meno improbabili, mentre la frattura tra filo-grillini e filo-calendiani sta diventando una voragine. Siamo al ground zero della sinistra, ormai arretrata non solo al confine delle Ztl delle grandi città, ma direttamente arroccata nelle isole pedonali. Il fatto che una buona metà del panorama politico rischi la disintegrazione per mancanza di idee, e per mancanza di coraggio, sarebbe un fatto degno di notizia. Lo sport preferito di questi giorni sembra invece questo: ingigantire i problemi dei vincitori, e minimizzare le tragedie degli sconfitti, che tirano avanti scaricandosi la colpa l’uno sull’altro. Ma la campagna elettorale sarebbe finita: anche se qualcuno, evidentemente, non se n’è accorto.