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Maternità surrogata, Roccella: “Apre mercato dei bambini”

La ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia: "Il problema si chiama utero in affitto, perché è un passaggio di denaro con un contratto. Oggi può costare sui 100mila euro"

 “La maternità surrogata in Italia è proibita e chiamiamola col suo nome, utero in affitto, perché è un passaggio di denaro con un contratto”. Così la ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia, Eugenia Roccella, ospite a Mezz’Ora in Più su Rai3. “Con la maternità surrogata – aggiunge – si apre un mercato della maternità, e anche dei bambini. Per la prima volta nella storia dell’umanità ci sono fiere internazionali, hanno provato a farne una anche a Milano, poi c’è stato qualche timore, un ripensamento, e non è stata fatta, ma si fanno in tutta Europa, l’ultima è stata fatta a Parigi e si si va ci si rende conto. Oggi può costare sui 100mila euro una maternità surrogata e quindi evidentemente viene fatta da persone benestanti, alle donne però, nei Paesi dove è legale, arrivano 15-20mila euro”. “Oggi attraverso le tecnologie e il mercato, soprattutto della procreaizone assistita, abbiamo la possibilità di programmare un bambino senza mamma, mentre quando un bambino è adottabile si rimedia a un danno”, prosegue la ministra aggiugendo che “noi stiamo tornando indietro, non andando avanti. Stiamo tornando a delle forme di mercificazione e schiavitù del corpo femminile, che ritengo assolutamente incivili. Questo non è un fronte del progresso”.

“Non esiste una negazione di quelli dei bambini”

La manifestazione di Milano? Le manifestazioni sono sempre una buona occasione di partecipazione di democrazia, quindi fanno bene, non è un problema, l’unica questione è che mi sembrato che ci fosse spostamento del tema. Non si vuole parlare dell’utero in affitto, si sostiene che il problema non è l’utero in affitto, mentre questo è il cuore del problema, e che il problema sono invece i diritti dei bambini. Su questo vorrei fare chiarezza: non esiste una negazione dei diritti dei bambini” sottlinea la ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia. “In Italia tutti i bambini hanno gli stessi diritti – spiega la ministra -, e per quanto riguarda le stesse coppie che hanno anche fatto l’utero in affitto eventualmente all’estero, quando si torna in Italia comunque il genitore biologico è riconosciuto. Non è vero che non si può avere il codice fiscale, non è così. Il problema è che queste coppie a volte non accettano il riconoscimento del padre biologico e chiedono invece di essere iscritte all’anagrafe come genitore entrambi, e quindi non fanno questo passo”. “La Corte di Cassazione ha detto con chiarezza quale è la strada, ed è l’adozione in casi particolari, quindi il secondo genitore può arrivare all’adozione attraverso questo percorso”, aggiunge Roccella.

 “Non c’è una differenza tra i bambini, io insisto su questo che è un grande equivoco – sottolinea Roccella -. Se non si crede a me si può credere ai magistrati, e nella sentenza della Cassazione c’è scritto ‘l’eclusione della automatica trascrivibilità del provvedimento giudiziario straniero non cancella né affievolisce l’interesse superiore del minore. Il nostro ordinamento conosce e tutela rapporti di filiazione non originati dalla genetica ma sorti sulla base dell’accoglienza o dell’impegno in un condiviso disegno di genitorialità sociale attraverso l’adozione‘”. “Se una donna che ha un figlio da sola, orfano oppure non riconosciuto dal padre, si sposa con un altro uomo che non ha un legame biologico con questo figlio, affinché questo bambino sia figlio del marito c’è bisogno dell’adozione – spiega la ministra -. L’omosessualità o l’eterossessualità non sono il problema, il problema è il modello antropologico della filiazione e anche giuridico. Si tratta semplicemente di passare attraverso un procedimento che è l’adozione in casi particolari, che è facilitata, perché ad esempio non c’è la richiesta dell’idoneità. E’ un processo che assicura una maggiore garanzia al figlio”.

Famiglia, noi abbiamo modello di mamma e papà

 “Il problema non è se un genitore omosessuale può essere un buon genitore, perché io ritengo che singolarmente può essere un ottimo genitore. Il problema è il modello che noi vogliamo costruire: se noi vogliamo che i nostri nipoti abbiano ancora un modello di famiglia con una mamma e un papà, se la mamma e il papà sono figure essenziali nello sviluppo identitario anche di un bambino. Non è un problema ideologico, è un problema antropologico. Abbiamo un modello a cui tutti noi siamo affezionati perché siamo nati tutti dal grembo di una mamma”. 

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