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Monika Helfer racconta i suoi 'emarginati'

MONICA HELFER, I MOOSBRUGGER (Keller Editore, pp.216, 16.50 euro)

Lontani dal mondo, in un paesino nascosto in una valle remota delle montagne austriache, Josef e Maria vivono insieme ai figli, condividendo la fatica costante di una routine contadina di poche soddisfazioni, e senza mai dirsi di ti amo, non perché sia sbagliato o non lo si desideri, ma perché la loro lingua non prevede le parole per dirlo. Inizia così la storia degli 'emarginati' raccontata dall'austriaca Monika Helfer nel romanzo "I Moosbrugger", edito in Italia da Keller (disponibile dal 30 agosto), con la traduzione di Scilla Forti.
    Caso letterario nel mondo editoriale tedesco, vincitore dello Schubart-Literaturpreis, il libro con una straordinaria leggerezza attraversa tutto il '900, dagli esordi della Prima Guerra mondiale fino ad arrivare ai nostri giorni. Al centro del romanzo l'autrice mette le vicende della sua stessa famiglia, e le narra con una grazia amorevole e misurata che rappresenta uno dei pregi del libro. Colpisce lo stile limpido e vivace, in cui la scelta lessicale è così appropriata da far pensare che nel testo non ci sia mai una parola di troppo o che ne manchi qualcuna. Quando il marito Josef nel 1914 parte per il fronte, la vita di Maria cambia, anche se lei fa di tutto per andare avanti. La donna, talmente bella da essere sempre guardata con sospetto, senza di lui è ancora più isolata, ai margini della piccola comunità del villaggio. Un giorno alla porta della sua casa arriva uno straniero, Georg, di cui subisce il fascino; poi dopo qualche mese la pancia di Maria cresce: è incinta, e le malelingue e le gelosie si scatenano, anche se Josef è tornato più volte in licenza.
    L'autrice spazia tra le epoche, e racconta la sua famiglia dando attenzione alle grandi così come alle piccole cose. La vita contadina, i suoi ritmi e le tante fatiche, le relazioni interpersonali asciutte ma intense, le incognite della guerra, la trasformazione della società si intersecano alle vicende dei personaggi, tutti autentici, la cui umanità è raccontata in profondità, con poche efficaci pennellate. Tra questi brilla ovviamente Maria ("La mia 'splendida' nonna era modello e accusa. Tutte le cose positive erano merito suo, ma se qualcosa di me non andava bene a mia madre, allora diceva che dovevo stare attenta a non diventare come lei", scrive Helfer, che di Maria è appunto nipote), madre e moglie fiera, la cui straripante bellezza appare come un dono ma anche come un danno.
    Attraverso Maria, con i pregiudizi di cui è vittima e con la sua capacità di resistere, Helfer ha l'occasione di esplorare la condizione femminile in un determinato momento storico. Di lei l'autrice offre un ritratto struggente, che non cede al sentimentalismo, sempre contenuto, eppure molto intenso. Del resto la misura di ogni elemento è ciò che caratterizza "I Moosbrugger": nelle pagine Helfer si muove agile tra la saga familiare, i personaggi e gli eventi storici, scegliendo il giusto tono e costruendo, pur nella brevità, un grande romanzo, potente nei sentimenti, leggero e scorrevole nella lingua.