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Multe ai genitori dei bulli: la proposta di un sindaco. L’esperto: «Può essere una buona idea»

Multe da 100 a 300 euro per i genitori (o per chi ha la patria potestà) dei ragazzini responsabili di gesti di bullismo, a scuola e non solo. È l’idea di Edoardo Accorsi, sindaco di Cento, in provincia di Ferrara: in un anno e mezzo di amministrazione ha dovuto affrontare spesso «situazioni di bullismo, insieme alla polizia locale, alle forze dell’ordine e alla scuola». La sua proposta è contenuta nel nuovo regolamento di polizia urbana del Comune, che sarà votato il 22 marzo.

 «Questo è uno strumento in più, che dovremo testare e valutare, anche se non siamo la prima amministrazione che lo ha adottato», spiega il sindaco. La multa vuole essere un «incentivo alla consapevolezza delle famiglie, che in alcuni casi tendono a ridimensionare il fenomeno del bullismo». Ma, dal momento che il primo approccio del Comune punta sempre a «educazione e sensibilizzazione», i genitori avranno anche la possibilità di tramutare la multa «in un progetto educativo e di recupero per il figlio».

Potrebbe essere una buona idea, secondo Giuseppe Maiolo, psicoanalista, professore di Psicologia delle età della vita e Psicologia dello sviluppo all’Università di Trento e autore del libro Mio figlio tra bullismo e cyberbullismo (Giunti Edu). «Io non sono per le reazioni punitive», ci spiega l’esperto, «però questa strategia potrebbe servire a convincere i genitori che c’è bisogno di fare educazione sul bullismo. Il sindaco di Cento è animato da buone intenzioni ed è molto giovane: deve avere avvertito il bullismo molto da vicino. Il suo sforzo è apprezzabile, perché finalizzato a progetto educativo, che è l’unico strumento utile per fronteggiare questo fenomeno: il bullo e la sua famiglia vanno aiutati a capire».

È vero che le famiglie dei bulli tendono a ridimensionare la gravità delle azioni dei figli?
«Sì, c’è sempre la tendenza a iper proteggere i propri figli e non percepire il peso dei gesti che compiono. In questo modo, senza una lettura adeguata della realtà, i comportamenti bulli trovano giustificazione. Alcuni bambini esercitano prepotenza già alla primaria, se non alla scuola dell’infanzia, e l’atteggiamento degli adulti può essere quello di sorridere, quasi con compiacimento, pensando che il piccolo “è simpatico”, “se la sa cavare”. La sua prepotenza viene minimizzata, banalizzata come “una stupidaggine”, “una bravata”. In questo modo, il bullo acquisisce più sicurezza dei suoi mezzi e strumenti offensivi e finisce per essere sempre più prepotente e aggressivo».

Invece, come dovrebbero comportarsi questi genitori?
«Anziché banalizzare questi gesti, i genitori dovrebbero essere fermi e decisi, e anche di fronte alle piccole prepotenze, dovrebbero fermare il figlio: “Non si fa”. I bulli, d’altra parte, crescono anche in famiglia: bisogna anche fare attenzione ai comportamenti tra fratelli, e mantenere un atteggiamento educativo serio e coerente».

Perché si diventa bulli? 
«Viviamo in società violenta, in cui le prevaricazioni e le offese sono state normalizzate. Si vedono azioni bulle dappertutto e nemmeno gli adulti se le risparmiano. Non voglio dire che il ragazzino prepotente è necessariamente figlio di una famiglia di bulli, ma l’esempio negativo conta. Il bullo, inoltre, manifesta con i suoi gesti un bisogno di attenzione, riconoscimento, cura e ascolto da parte della famiglia e degli insegnanti. Fare il bullo, d’altra parte, è appagante: offre una visibilità che spinge i bambini a costruirsi l’idea che più si fanno cose dirompenti, più si verrà tenuti in considerazione dagli altri. Il primo passo per il genitore, quindi, è quello di prestare ascolto e attenzione a bisogni del figlio».

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