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Nel governo Meloni i tecnici sono una conseguenza del taglio dei parlamentari

A tenere banco ancora, tra i confini di casa nostra, è la questione relativa ai ministri di quello che sarà il primo governo guidato da una donna. Ed è proprio Giorgia Meloni, in qualità di presidente del partito che ha vinto le elezioni del 25 settembre, che si trova a dover sciogliere diversi nodi.

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Matteo Salvini, Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni e Maurizio Lupi – Nanopress.it

Consiglio prudenza“, ha detto a chi le chiedeva di presunti attriti con gli alleati di Forza Italia e Lega sulla scelta di politici o figure tecniche entrando alla Camera dei deputati, anche perché, ancora una volta, le indiscrezioni della stampa sono “surreali“. Qualcosa di vero, però, c’è, soprattutto per quanto riguarda i famosissimi tecnici, che a detta di Giovanni Donzelli, serviranno per non saccheggiare troppo il Parlamento, già svuotato dal taglio dei parlamentari.

I ministri tecnici serviranno (anche) per non svuotare la maggioranza dopo il taglio dei parlamentari

Ancora non è stata sistemata la questione Matteo Salvini – dove andrà a finire il leader della Lega nel nuovo esecutivo? È davvero tramontata l’ipotesi di un ritorno al Viminale?, a queste domande risponderemo dopo -, che in ballo ne è arrivata un’altra.

Agli alleati di Giorgia Meloni, presidentessa del Consiglio in pectore e di Fratelli d’Italia, non piace assolutamente l’idea che nella formazione del governo ci siano lo stesso numero di politici e di tecnici, posizione più volte ribadita anche dal coordinatore di Forza Italia, Antonio Tajani, e dal suo numero uno, Silvio Berlusconi.

Lei, intanto, entrando alla Camera dei deputati per l’ennesimo giorno di intenso lavoro con i suoi fedelissimi e collaboratori, ha smentito ancora e solo le ricostruzioni “surreali” della stampa su presunti attriti e ha consigliato prudenza a chi glielo ha chiesto in maniera diretta. In modo altrettanto deciso, però, ha risposto anche Giovanni Donzelli, che nel partito di Meloni ricopre il ruolo di responsabile nazionale organizzazione.

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Francesco Lollobrigida, Giovanni Donzelli, Giorgia Meloni, Giovanbattista Fazzolari e Luca Ciriani – Nanopress.it

Sarà un governo politico, con chiara indicazione politico“, ha detto ospite di Agorà, su Rai3. Il problema è quei tecnici – per cui la sua leader è finita sulla graticola – saranno molto utili se l’esecutivo dovesse contenere troppi parlamentari. “Per la riduzione di Camera e Senato – ha spiegato, infatti – mettere troppe persone al governo che devono stare in aula rischiano di non garantire la serietà della maggioranza“.

Non sono esattamente pressioni dall’alto o la scelta di voler ricostruire un compagine simile a quella di Mario Draghi, fatto cadere a luglio da tutti e tre i numeri uno della coalizione assieme al MoVimento 5 stelle di Giuseppe Conte, ma una necessità che deriva proprio dal taglio dei parlamentari. Di scontato e di deciso, comunque, ancora non c’è nulla, e il tema verrà riproposto a via della Scrofa mercoledì 5 ottobre con tutto l’esecutivo nazionale di Fratelli d’Italia.

Che però ha già le idee chiare su chi debba ricoprire incarichi prestigiosi. Daniela Santanchè, per esempio, quasi sicuramente troverà collocazione al ministero del Turismo, mentre non si sa nulla su chi siederà nel neonato dicastero del Mare, voluto fortemente dalla futura premier stessa. Come ministro della Difesa è una corsa a due tra Adolfo Urso, già presidente del Copasir, e Edmondo Cirielli, questore della Camera. Se a vincere sarà il secondo, per il veneto non è da escludere l’incarico di sottosegretario con delega ai Servizi. Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, invece, sarà con molta probabilità Giovanbattista Fazzolari.

Nel calderone dei nomi per gli altri ministeri rientrano in gioco Fabio Rampelli, Maurizio Leo e Ignazio La Russa, con Guido Crosetto che invece si allontana. A Donzelli, Meloni starebbe pensando come al nuovo Tajani, quindi nessun ruolo nell’esecutivo ma uno di rilievo nel partito come coordinatore.

Il totoministri passa anche dai nomi che propongono gli alleati

Ma le caselle del puzzle che ha in mente Meloni dovranno combaciare anche con quelle dei due alleati per forza di cose. Da Forza Italia pare richiedano a gran voce un ministero di prima fascia. I nomi sono quelli dell’ex presidente del Parlamento europeo, di Lucia Ronzulli, di Anna Maria Bernini, Alessandro Cattaneo e Andrea Mandelli.

Per Tajani, le ipotesi sono Difesa, Farnesina o anche il ministero dello Sviluppo economico o quello dell’Agricoltura (ma qua c’è da giocarsela con Salvini, a seconda di come vadano le cose per gli Interni). La “donna” del Cavaliere, invece, non piace molto alla leader di FdI come ministra della Salute, quindi per lei è più probabile una collocazione o all’Istruzione o come ministra per la Famiglia con possibile ruolo come capo delegazione del partito di Berlusconi. Se Bernini, poi, dovesse entrare nell’esecutivo, Gianfranco Micciché potrebbe diventare il capogruppo al Senato della formazione azzurra.

Nel Carroccio, che solo domani notificherà i nomi alla futura presidentessa del Consiglio dopo il Consiglio federale – a cui potrebbe seguire anche un incontro tra Salvini e Meloni – i politici in ballo sono Gianmarco Centinaio all’Agricoltura, Giulia Bongiorno per il ministero della Giustizia, su cui è comunque in pole Carlo Nordio, Erika Stefani (nuovamente) per quello della Disabilità o quello delle Riforme.

La questione spinosa, dicevamo, rimane la collocazione del segretario. Se i posti all’esecutivo per la Lega dovessero rimanere quattro, potrebbe essere destinato o al Lavoro o al Mise. Se invece i dicasteri dovessero scendere a tre, i negoziati potrebbero portarlo a sedersi di nuovo al Viminale, ipotesi non troppo credibile per via delle resistenze della maggioranza, con una presidenza di uno dei due rami del Parlamento affidata a uno dei suoi.

La fumata bianca, in ogni caso, è ancora lontana da arrivare. Ma servirà arrivare a una sintesi quanto prima, perché la prima riunione del Parlamento è solo fra dieci giorni, dopo di che sarà tutta una salita, al Quirinale in primis, e alla guida di un’Italia in cui la crisi energetica e l’inflazione pesano non poco.