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No: la Meloni non è isolata sul piano internazionale

A leggere i titoli di certe testate internazionali, sembra che il governo di centrodestra che si appresta a nascere sia internazionalmente isolato. “L'Italia è sulla buona strada per eleggere il governo più di destra dopo Mussolini”, ha titolato Politico.eu. “L’Italia si accinge ad avere un governo di estrema destra dopo il voto”, ha scritto il Washington Post. Tuttavia sbaglierebbe chi volesse trarre delle conclusioni a partire da questi titoli. Eh sì, perché la situazione è un tantino più complessa. Per mesi ci hanno ripetuto che Fratelli d’Italia sarebbe isolata dal punto di vista internazionale o, al massimo, legata a schieramenti politici esteri estremisti. Ebbene, le cose non stanno esattamente così. Negli ultimi anni, Giorgia Meloni ha seminato bene sul piano delle relazioni internazionali, creando dei rapporti che potenzialmente le consentono di avere una solida rete politica di riferimento, nel caso – come sembra – dovesse arrivare a Palazzo Chigi.

Innanzitutto la leader di Fratelli d’Italia ha rafforzato i propri legami con il Partito repubblicano americano. In particolare, è andata più volte ospite alla convention dei conservatori, la Cpac. Ora, alle nostre latitudini questo consesso viene sovente dipinto come un ricettacolo di estremisti. Niente di più sbagliato. Va infatti tenuto presente che la Cpac non solo è frequentata da esponenti repubblicani di primo piano (tra cui potenziali candidati presidenziali come il governatore della Florida, RonDeSantis ,e l'ex segretario di Stato americano, Mike Pompeo), ma che è anche sostenuta da vari think tank istituzionali del mondo conservatore d’Oltreatlantico, a partire dalla Heritage Foundation.

E comunque Fratelli d’Italia si è mossa anche su ulteriori piani. Negli scorsi mesi, Fatefuturo – fondazione presieduta dal senatore Adolfo Urso – ha organizzato svariati convegni in partnership con alcuni importanti pensatoi statunitensi: dalla stessa Heritage Foundation all’International Republican Institute. Non solo: lo stesso Urso si è recentemente recato a Washington, dove ha avuto incontri di alto livello con parlamentari americani bipartisan. Inoltre, al di là delle relazioni intessute, va anche tenuto presente che a Washington è stata apprezzata la posizione di Fratelli d’Italia sull’invasione russa dell’Ucraina, senza trascurare le parole pronunciate dalla Meloni a sostegno di Taiwan, in un contesto politico – quello italiano – in cui sia il Pd sia il Movimento 5 Stelle si sono spesso manifestati piuttosto ambigui sui dossier che riguardano la Cina (un elemento, questo, che ha irritato nel recente passato vari settori delle alte sfere di Washington).

Infine, la Meloni è presidente del Partito dei conservatori e dei riformisti europei: una carica che, al di là del prestigio internazionale, le ha consentito di consolidare i legami con i polacchi del partito Diritto e Giustizia. Se tale rapporto è sempre stato semplicisticamente stigmatizzato dal centrosinistra italiano, in realtà per la leader di Fratelli d’Italia rappresenta un vantaggio, che indirettamente la accredita in modo ulteriore agli occhi di Washington. Tutto questo, senza trascurare un ultimo fattore: a novembre si terranno le elezioni di metà mandato negli Stati Uniti e, secondo i sondaggi, i repubblicani dovrebbero essere in grado di riconquistare almeno la Camera dei rappresentanti. Uno scenario che, se si concretizzasse, costituirebbe un incubo per l’amministrazione democratica di Joe Biden: non solo quest’ultimo si ritroverebbe paralizzata la propria agenda parlamentare ma rischierebbe addirittura di finire in stato d’accusa (un’ipotesi che è già stata ventilata da numerosi esponenti dell’elefantino). Va quindi da sé che, in forza del consolidamento delle relazioni di cui abbiamo parlato, un rafforzamento del Partito repubblicano americano costituirebbe un’ottima notizia per un governo di centrodestra a guida Meloni. Un governo che, checché ne dica superficialmente qualcuno, non sarebbe isolato internazionalmente. Tutt’altro.