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Ocean Viking, il presidente di Sos Méditerranée: "Il decreto Piantedosi? Come mettere le ganasce a un'ambulanza"

“Questo decreto di fatto prevede di mettere ganasce alle ambulanze e chiuderle in garage per un tempo indefinito”. Mentre la “sua” Ocean Viking entra in porto a Carrara, parla il presidente di Sos Méditerranée Italia, Alessandro Porro. “Non è stata una traversata semplice, nell’ultimo tratto il mare era parecchio agitato. A bordo ci sono tantissime donne vittime di stupro”. Sbarcato da qualche settimana, Porro ha seguito da terra il braccio di ferro fra il governo Meloni e le navi umanitarie. “Geo Barents – mette subito in chiaro – non ha sfidato nessuno, ha semplicemente seguito le norme internazionali, esattamente come avremmo fatto noi se ci fossimo trovati nella medesima situazione”. Con che conseguenze? Toccherà al prefetto e plausibilmente ai tribunali amministrativi decidere.

Cosa vi preoccupa questo nuovo provvedimento?

“Di fatto mette un’ipoteca sul soccorso sistematico, o meglio cerca di farlo. Ma il governo Meloni non ha certo il potere di cambiare le norme internazionali solo perché vuol fare sapere al proprio elettorato che sono diminuite le persone arrivate in Italia a bordo di navi umanitarie”.

Perché la flotta civile viene considerata un problema?

“Non credo che ci venga contestato di salvare vite, o almeno lo spero. Temo dia molto fastidio che ci sia qualcuno come noi in grado di testimoniare davvero cosa stia succedendo davvero nel Mediterraneo e quali siano davvero gli attori in campo”.

Nello specifico, a cosa si riferisce?

“Presumo che l’imbarazzo maggiore sia in riferimento ai libici, che adesso vengono raccontati come salvatori. Personalmente, inviterei la premier Meloni a salire su un gommone e provare a farsi intercettare dalla Guardia costiera se ci crede davvero”.

I nuovi accordi prevedono l’invio di cinque nuove motovedette

“Spero implichino anche un tutoraggio sui diritti umani, perché su quel fronte la Guardia costiera libica mi sembra decisamente carente. Di certo, appare strano che un governo che si dichiara sovranista armi, addestri e affidi la difesa dei suoi confini a un Paese terzo, che non ha sottoscritto neanche le stesse convenzioni internazionali, a partire da quella di Ginevra”

Sulla Libia, voi cosa potete dire?

“Le persone che negli anni abbiamo salvato raccontano di violenze, abusi, torture, detenzioni arbitrarie. Per nostra esperienza personale, possiamo dire che mettono a rischio chi è in mare e quest’ultima missione lo dimostra”

Cos’è successo?

“Durante il soccorso, una motovedetta è arrivata a grande velocità, sollevando grandi onde e mettendo in pericolo sia i naufraghi, sia il nostro equipaggio, che è stato intimidito dagli uomini che erano a bordo.  Quando abbiamo scoperto che c’erano quattro dispersi, abbiamo contattato la Guardia costiera libica per chiedere supporto nelle ricerche, ma non hanno mai risposto”.

Siete riusciti a individuare i dispersi?

“Purtroppo no. Abbiamo continuato fin quando non è scesa la notte, poi siamo stati costretti a rinunciare. E questo significa che quelle persone sono morte, è un dato che spesso si tende a dimenticare quando si affrontano pubblicamente questi argomenti. Fra loro c’è un ragazzo che era cresciuto con uno dei naufraghi che siamo riusciti a salvare. Fino ad allora, ci ha raccontato, avevano vissuto in simbiosi. Questo per ricordare che non parliamo di numeri, ma di persone".

Il nuovo decreto inquadra gli arrivi su navi umanitarie come problema di sicurezza

"Noi speriamo sempre che ci si ricordi dei diritti umani delle persone, ma che li si inquadri come problema di ordine pubblico mi fa pensare che non sia così. Li si definisce irregolari, ma sono dei regolarissimi esseri umani, con una storia e una vita che hanno rischiato di perdere, e dovrebbero essere trattati come tali".