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Padre di migranti italiani al padre di Eljas, cristiano e principe in Ghana: l’Italia ne ha paura e ne ha bisogno

Da un padre di migranti italiani, lettera al padre di Eljas, cristiano e principe in Ghana, che ha scelto l'Italia che ha paura di lui

Padre di migranti italiani al padre di Eljas, cristiano e principe in Ghana: l'Italia ne ha paura e ne ha bisogno
Padre di migranti italiani al padre di Eljas, cristiano e principe in Ghana: l'Italia ne ha paura e ne ha bisogno

Padre di migranti italiani al padre di Eljas, cristiano e principe in Ghana: l’Italia ne ha paura e ne ha bisogno

Da un padre di migranti italiani, lettera al padre di Eljas, cristiano e principe in Ghana, che ha scelto l’Italia che ha paura di lui.

Vorrei parlare, se potessi, al padre di Eljas, un migrante che mi ha fatto conoscere Emiliano Abramo della Comunità di Sant’Egidio. Eljas è un cristiano copto originario del Ghana. Lui aveva un ruolo non secondario, era principe della sua tribù, ma aveva aspirazioni, voleva nuove e diverse chance di vita. Ha attraversato mezza Africa ed è arrivato in Libia, e dopo alcuni tentativi andati a vuoto, è sbarcato da un barcone in Sicilia. Eljas è una persona dotata di grazia regale, un ragazzo che ha profonde radici culturali, ed ha scelto di migrare, come un uccello migratore. Ci sono tante storie e tante cose dietro i flussi migratori, ci sono guerre, faide, tragedie climatiche, etniche, religiose, ci sono problemi di sopravvivenza e ragioni di opportunità. 

Io sono, come il padre di Eljas, padre di tanti figli, quattro per la precisione, e tre di loro sono migrati. Hanno scelto di lasciare sia la Sicilia che l’Italia. Che differenza c’è tra i miei figli ed Eljas? Nessuna che io noti, a parte il paese di origine. Hanno ritenuto che questa terra, questo Paese gli desse poche e scarse opportunità.

Sono migrati in un Paese che è migrato pure lui, il Regno Unito, fuori dall’Europa . Hanno portato le loro storie in altri Paesi da allora, perché la loro terra d’origine è ripiegata su se stessa, su riti inutili, in cui il primo problema sono le pensioni, la più grande Istituzione è l’Inps, un paese vecchio e per vecchi. Per inciso mia figlia, Costanza,  per ora è migrata al contrario, da Nord verso Sud. È in Tunisia per un lavoro di ricerca sull’autosufficienza alimentare delle fasce subsahariane.

Qua mi è rimasto, per ora, un figlio, il più piccolo, e comincio ad essere egoisticamente spaventato che se ne vada pure lui. Che l’ignavia e l’indifferenza di questo Paese, oggi Nazione, ma sempre vecchia è, mi lasci solo e senza figli. Chissà che ne pensa il padre di Eljas, vorrei domandargli se è felice perché suo figlio ha avuto nuove opportunità, o se è triste come me.

Vedere la mia famiglia all’estero mi rende conscio del mio fallimento. Non mi sono battuto abbastanza per il cambiamento, e senza cambiamento si involve, e i nostri figli non vogliono involvere con noi. I nostri figli, nel mondo di oggi, non vogliono delle rendite di posizione, che noi affannosamente abbiamo cercato, vogliono delle opportunità.

I miei figli, come quelli di tantissime famiglie italiane, sono a tutti gli effetti dei migranti, e io non riesco a capire come un Paese che ha un saldo positivo sui migranti del suo Istituto di Previdenza, delle entrate fiscali, che ha il problema della desertificazione di fasce di lavoratori, abbia ‘sta fissazione dell’emigrazione che fa paura.

Che non la gestisca in positivo, recuperando milioni di ettari abbandonati, formando forza lavoro giovane e tirando via dai divani, per attività formative innovative, milioni di Neet, di cui abbiamo il record mondiale. 

Ma il problema sono i migranti. Confesso di essere un traghettatore di uomini, avendo aiutato i miei figli ad emigrare, come il padre di Eljas. Dovrei incorrere nella scure della disapprovazione e del ludibrio. Per inciso Eljas ha partecipato 7 anni fa, con me, al mondiale di vela di Barcellona, su una barca di Siracusa, l’Ottovolante, che aveva un bellissimo progetto di integrazione che si chiamava “Traversate”, illuminando quella manifestazione con la forza della sua storia e della sua umanità. Era un principe nel suo Paese, e ha scelto di essere un normale cittadino italiano. Un giorno, forse.